Bonsanti: quando nel 1994 interrogai Berlusconi in commissione antimafia

13 Giugno 2023

Sandra Bonsanti Presidente emerita Libertà e Giustizia

Questo contenuto fa parte di uno speciale Riforme

Il venerdì 28 ottobre del 1994 Silvio Berlusconi fu chiamato a riferire alla commissione antimafia sulle linee di contrasto alla criminalità organizzata che intendeva seguire nella sua azione di Capo del Governo. Questo l’intervento di Sandra Bonsanti, già Presidente di Libertà e Giustizia, allora deputata progressista.. 

 

ALESSANDRA BONSANTI. Ho la tentazione di rinunciare al mio intervento, perché mi rendo conto che un’altra audizione non è ciò per cui abbiamo rinunciato oggi a recarci presso i nostri collegi fuori Roma. Cercherò, quindi, di essere breve.
Signor Presidente del Consiglio, ho l’impressione che dalla sua relazione e da quanto ci ha detto manchi qualcosa di vissuto e personale (vorrei riuscire a rivolgerle questa domanda senza farla arrabbiare). Lei ha passato gran parte della sua vita in un osservatorio molto privilegiato; lei è uno dei più grandi – forse il più grande – imprenditori italiani, e la gente si chiede come mai non abbia mai saputo nulla nel passato di ciò che accadeva, dei rapporti illeciti tra politica, imprenditoria, criminalità. Lei ha avuto l’occasione, frequentando personaggi della P2, di sapere, o per lo meno di sospettare, quali fossero o quali potessero essere i rapporti tra mafia e massoneria. Abbiamo avuto un interlocutore comune, Bettino Craxi: lei è molto amico di Craxi ed io facevo la giornalista e non ero molto amata, però Craxi mi ha parlato di Gelli e di ciò che ha significato, ad esempio, durante il caso Moro. Vorrei sapere perché lei non abbia mai fatto denunce. Lei ha avuto la mafia in casa sua, ad Arcore; ricordo la Standa a Catania.

SILVIO BERLUSCONI, Presidente del Consiglio dei ministri. Precisiamo: sono stato vittima di una minaccia che ha riguardato mio figlio.

ALESSANDRA BONSANTI. A proposito della Standa, ha fatto delle denunce? Non abbiamo capito cosa sia successo a Catania, però non abbiamo mai sentito nel passato la sua voce. Chiedo di poter finire perché sto formulando una domanda in maniera civile.
Signor Presidente del Consiglio, lei ha avuto una posizione privilegiata in questi anni per poter fare le denunce che noi oggi facciamo. Perché la sua voce non si è sentita nel passato? Prima di scendere in campo, non ha mai detto che voleva ripulire l’Italia dalle porcherie – che a lei dovevano essere ben note, o per lo meno doveva sospettarle – quali mafia, massoneria e corruzione. E’ inutile ripetere che lei era molto vicino ad uno dei gangli centrali del sistema corrotto dei partiti.
Ci risulta che dal Ministero di grazia e giustizia sia stato allontanato il dottor Vaudano, che si occupava delle rogatorie internazionali, uno dei punti più delicati perché è molto importante poter svolgere interrogatori all’estero: mi riferisco non solo ad Hammamet ma anche ai possibili personaggi che si trovano in questo momento fuori dai nostri confini.
Per quanto riguarda il discorso dell’immagine che filmati o puntate televisive possono aver dato dell’Italia, ritengo inaccettabile la sua preoccupazione, anche perché credo che proprio quelle trasmissioni, mandate in onda nelle ore di massimo ascolto, abbiano dimostrato l’orgoglio di un paese che è riuscito a combattere e denunciare la mafia. Mi chiedo che cosa lei intendesse quando ci ha detto che d’ora in poi bisogna intervenire per limitare i danni. Questa è una domanda concreta: vorrei sapere in che modo lei intenda intervenire per attenuare quello che lei ritiene un danno procurato all’immagine del paese.

Nata a Pisa nel 1937, sposata, ha tre figlie. Si è laureata in etruscologia a Firenze e ha vissuto per molti anni a New York. Ha cominciato la sua attività professionale nel 1969 al “Mondo” con Arrigo Benedetti.

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