La libertà di parola e di espressione, un bene per adulti

13 Giugno 2021

Nadia Urbinati Consiglio di Presidenza Libertà e Giustizia

In una libreria Feltrinelli, un lettore ha espresso la sua opinione politica mettendo a testa in giù il libro di Giorgia Meloni, “Io sono Giorgia”, esposto in vetrina. L’immagine è stata poi postata su Facebook e un docente di storia contemporanea che insegna all’università Ca’ Foscari di Venezia l’ha condivisa sulla sua pagina Facebook con il commento, «nelle librerie Feltrinelli può capitare». Giornali e siti di destra hanno accusato il professore di offendere la leader di Fratelli d’Italia, associando il suo libro a testa in giù al corpo di Mussolini esposto a testa in giù insieme a quello di Claretta Petacci a Piazzale Loreto.

L’associazione tra fascismo e postfascismo non ha aperto alcuna discussione. L’immagine postata dal docente è stata invece usata per giustificare la richiesta di provvedimenti disciplinari a suo carico. Una richiesta fuori luogo, ma che merita di essere esaminata per parlare del valore e dei limiti della libertà di espressione, e perché consente di alzare il velo sulla fedeltà della destra postfascista ai diritti di libertà, conquistati da chi ha subito gli effetti della censura di regime. Conquistati per il bene di tutti, di chi milita a destra come di chi milita a sinistra o non milita da nessuna parte.

Valore della persona

Perché la nostra società è così pignola sulla libertà di espressione? Lo è per ragioni che solo in parte dipendono dal funzionamento del sistema politico. Questa libertà è incardinata sul valore della persona, della sua autonomia di pensiero e di espressione. La stessa Meloni, liberista di fronte al virus e alla mascherina, dovrebbe fare un passo oltre e dire a chi la critica: «rispetto il tuo pensiero e lotterò fino a quando anche solo una persona è costretta a tacere le sue opinioni per non far torto a qualcuno, magari potente». Ma la leader di Fratelli d’Italia non è ancora arrivata a fare questo passo liberale.

Non sarà quindi inutile andare alle ragioni che giustificano la libertà di parola e di espressione. Una prima ragione ce l’ha offerta John Stuart Mill: perché solo in questo modo possiamo partecipare alla ricerca della verità; senza falsificazione o discussione pro e contro non solo la ricerca non potrebbe procedere, ma perfino una verità conclamata ne risentirebbe. L’obiezione serve a tener allenato il cervello perché anche una verità condivisa può diventare un dogma o un cieco atto di fede, se non discussa. Si può non essere d’accordo con Mill, ma è certo che in una società liberale lo stesso liberalismo dovrebbe poter essere contestato.

Contesti dunque la Meloni coloro che la criticano, coloro che nel nome del diritto di parola tuonano contro il fascismo di ieri e di oggi, ma accetti la contesa. Oppure vuol godere di una speciale protezione in quanto esponente politico e per di più in crescita di consensi? Quindi, un argomento a favore della libertà di parola è che essa tiene viva la dialettica e può essere usata da tutti. Se solo alcuni la rivendicassero sarebbe un privilegio. Se anche la stragrande maggioranza degli italiani fosse di destra, chi non condividesse questa idea o la condividesse a modo suo (crediamo che i postfascisti non siano tutti identici) ha il diritto di dirlo pubblicamente, e inoltre di associarsi con altri per rafforzare la propria opinione. Perché?

Perché in democrazia ciascuna persona ha un valore irriducibile e perché la politica vive di dissenso e competizione (non solo fino a quando si sta all’opposizione), che servono a selezionare programmi e candidati e poi a chiedere conto agli eletti e, se necessario, a mandarli a casa. Infine: la libertà di espressione non è parte del diritto di proprietà, ovvero mi appartiene non perché le corde vocali sono mie. Mi appartiene perché usando tutti gli strumenti comunicativi che ho a disposizione (anche le corde vocali) entro in contatto con gli altri. Rivendicarla contro me stessa mentre sto a casa mia non ha senso.

La libertà di parola c’è (ed è sacrosanta) perché viviamo con gli altri. Il rapporto con gli altri Date queste ragioni, qual è la differenza tra parole che vogliono indurre un’azione (per esempio l’incitamento ad assaltare le persone di colore o gli omosessuali), le azioni espressive (mettere a testa in giù il libro di Meloni) e le azioni che possono essere espressive (incatenarsi a un albero in segno di protesta)? Benché non sia un agire e non faccia male come un’azione – per esempio come un sasso o un calcio – la parola detta in pubblico può avere un impatto sulle menti di chi ascolta e anche tradursi in azione.

È però rischioso associarla al danno, perché l’idea del danno ha una latitudine troppo ampia e discrezionale (chi decide che cosa è un danno?). Dobbiamo quindi fare una distinzione tra le cose dette: stanno fuori dal principio della piena libertà di espressione quelle parole che significano promessa, minaccia, menzogna, millantato credito, eccetera. In questi casi la legge può intervenire e se necessario reprimere. Dei tre casi sopra menzionati, le parole che vogliono indurre un’azione sono le sole a essere giudicabili per il danno che possono arrecare.

Ma solo se c’è un interesse evidente. Se possiedo un’azienda e commercio un prodotto attribuendogli effetti straordinari che so che non ha, sono passibile di punizione. Non lo sono se non ho alcun interesse in quel prodotto e in effetti non so nulla di quel che contiene anche se sostengo in pubblico che ha proprietà straordinarie. I No-vax godono di piena libertà di parola. Come anche chi mette il libro della Meloni a testa in giù o chi commenta sui social.

Lo spazio pubblico non è posseduto da qualcuno. È un bene comune perché un luogo dove esprimiamo le nostre idee politiche, religiose, estetiche o morali sulle questioni che ci riguardano, ci interessano o ci incuriosiscono. Lo spazio pubblico è un luogo nel quale si può chiedere di giustificare quel che viene detto: perché il libro della Meloni è stato messo a testa in giù?

È anche un luogo nel quale si può commentare un gesto espressivo e dire apertamente, «io non lo farei» oppure «io lo farei». Lo spazio pubblico è un luogo che accoglie le opinioni le più diverse e scomode, che celebra anzi la libertà quando, e proprio perché, le cose dette non ci piacciono.

Pubblico e privato 

Però, però… Quello pubblico è uno spazio abitato da molti e diversi e, mentre in casa possiamo gridare gli improperi che vogliamo contro i politici, in pubblico ci sono regole di civiltà non imposte dalla legge e che dovremmo accettare. Perché? Perché ciascuno possa godere della libertà di dire in pubblico quel che opina occorre che l’espressione non ecceda certi limiti di stile e di forma. Questi limiti sono rubricabili nella categoria “virtù di civilità” per usare un’espressione di John Rawls, oppure in quella del dovere morale di non offendere, come scriveva Mill.

Si tratta di regole di buon comportamento che non necessitano interventi d’autorità; e una società è tanto più libera quanto più i suoi cittadini sanno parlare in pubblico con civiltà. Anche il forum immateriale del web è uno spazio pubblico dove ognuno gode della libertà di parola e non deve essere escluso senza una ragione comprovabile. Irritare qualcuno per un’opinione non è offendere o giustifica l’esclusione. Sostenere un’idea politica che può infastidire chi la rappresenta o chi vi crede non può essere oggetto di punizione da parte della legge o del pubblico.

Al massimo può essere oggetto di critica. Come nel caso dell’immagine del libro rovesciato della Meloni: chi l’ha postata ha esercitato il suo diritto di espressione, e non può essere oggetto di repressione; al massimo può essere criticato, com’è avvenuto nei giornali e da parte di esponenti politici di FdI. Fino a quando non si offende…come nel caso del professore di Siena che, qualche mese fa, in una trasmissione radiofonica aveva usato aggettivi offensivi indirizzati alla Meloni. Ma parlare di fatti storici, interpretarli, associarli, e rendere pubbliche queste opinioni non può assolutamente essere fatto oggetto di coercizione o repressione. Neppure lo può il commento di comportamenti e idee relativi a una persona pubblica.

La libertà di parola e di espressione è a tutti gli effetti un bene per adulti. Essa tocca l’altrui e la propria sensibilità e muove le emozioni. E l’apprezziamo proprio per questo.

Domani, 9 giugno 2021

Politologa. Titolare della cattedra di scienze politiche alla Columbia University di New York. Come ricercatrice si occupa del pensiero democratico e liberale contemporaneo e delle teorie della sovranità e della rappresentanza politica. Collabora con i quotidiani L’Unità, La Repubblica, Il Fatto Quotidiano e con Il Sole 24 Ore; dal 2019 collabora con il Corriere della Sera e con il settimanale Left.

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