“Mi piace come si comportano le sardine in mare”. Anche quando ragiona di politica, Erri De Luca parla per immagini letterarie. “Cominciano ‘a fare pallone’, a saltare e mettere la testa fuori dalla superficie dell’ acqua quando sentono la pressione del tonno che le sta cacciando. Percepiscono un pericolo incombente e all’improvviso riemergono in superficie, a brulicare. Forse è involontario, ma hanno scelto un bel nome. Sono un movimento di massa che agisce in maniera collettiva sotto la spinta, la pressione di un pericolo”.
Una sua poesia – “I balconi del 1900” – aveva ispirato la protesta degli striscioni contro Salvini, “genitori” delle sardine. Quei balconi venivano persino interdetti alla protesta dalle truppe al seguito del ministro degli Interni: chi metteva uno striscione veniva costretto a rimuoverlo. Ho apprezzato quella protesta perché era un atto di esposizione, al contrario dell’ anonimato che è così diffuso nella comunicazione virtuale. Quelle persone ci mettevano faccia e indirizzo, un atto di coraggio.
È lo stesso spirito delle sardine?
Era la sana reazione allergica di una comunità che non voleva più essere disturbata dal sobillatore, dall’ organizzatore del pubblico rancore. Questa protesta invece nasce direttamente in strada, come contrappeso alla presenza ingombrante dell’ intruso.
La colpisce la natura totalmente spontanea della mobilitazione?
Succede ormai regolarmente dal 2011 e dalla primavera araba in Tunisia. I movimenti nascono così, senza convocazione ufficiale.
Crede che questa spontaneità sia un limite?
Al contrario. La spontaneità è ossigeno allo stato nascente. Un momento necessario
E poi queste energie come proseguono, come vengono utilizzate?
Questo non lo so. Certamente mi pare che questo movimento sia abbastanza maturo da non farsi arruolare al carro di qualche formazione politica.
Nessun partito è legittimato a parlare a quella piazza, c’è un vuoto politico.
No, non lo chiamo vuoto politico. Direi invece che non c’ è una rappresentanza istituzionale di questi movimenti. Manca del tutto. Ma questo è un bene.
Perché?
Perché le sardine non si fanno inghiottire dalla logica degli schieramenti, fanno schieramento a sé.
Non serve qualcuno che interpreti i valori di questo movimento e li traduca nelle istituzioni?
Possono interpretare quello che vogliono, ma non ci possono mettere il loro cappellino sopra. È fisiologico che non abbia referenti politici: quella piazza si convoca, si compone e si affolla proprio per questo. Se avesse avuto dei referenti politici, non ci sarebbe stata. I movimenti sono così. La loro oggi è una legittima difesa dal diventare il cavallo di battaglia di qualcuno. D’ altra parte su una sardina di certo non si può mettere la sella.
In passato altri movimenti nati dal basso – come i girotondi o il “popolo viola” – si sono dispersi in modo altrettanto spontaneo. Succederà anche alle sardine?
Rispetto al passato, oggi in giro per il mondo esiste una gioventù che si è messa di traverso e scende per le strade. Succede – con drammaticità diversa – da Teheran a Hong Kong al Cile. Si è diffusa una febbre civile. Quelli che ha nominato lei erano movimenti locali, di passaggio, senza contagio e senza rapporti con il resto del mondo. Ora invece c’è una gioventù ambientalista che si muove su scala mondiale e una tensione generale che i giovani stanno dimostrando sul tema dei diritti. Questo movimento è diverso e può radicarsi.
Il Fatto Quotidiano, 24 novembre 2019