Che cosa è la società civile?
Rispondo subito, di getto, prima ancora di dare inizio alla riflessione. La società civile è quella che abbiamo visto a Firenze il 5 giugno. Relatrici e relatori, musicisti, pubblico assorto e molto attento. A volte sono le situazioni che parlano, e definiscono. Eravamo società civile. Non tutta, però.
E’ stata una giornata talmente intensa quella che abbiamo vissuto a Firenze con Libertà e Giustizia il 5 giugno scorso, organizzata dalla presidente emerita di LeG, Sandra Bonsanti, che merita una riflessione, a posteriori. Per quanto mi riguarda, il ripensare al 5 giugno mi ha dato una mano nell’affrontare le notizie che ogni giorno ci raggiungono, dagli altalenanti risultati delle elezioni amministrative, alla crisi annunciata e poi smentita di un governo sempre più lontano dall’Europa.
Alla fine di quella giornata, mi sono detta: se fossero stati presenti, qui con noi, i partiti che si oppongono in Parlamento all’attuale governo avrebbero ricevuto un grandissimo contributo, un programma di governo robusto e credibile, e nel segno della Costituzione, la rivoluzione promessa e non attuata, se non in piccola parte, come la splendida lezione di Lorenza Carlassare ci ha ricordato, riportandoci la lapidaria definizione che Piero Calamandrei diede della Costituzione, di fronte a una promessa non mantenuta.
Perché mettere al centro della Costituzione la persona e non lo Stato, come Statuti paleo liberali e regimi antichi e modernissimi hanno fatto e fanno, è una rivoluzione che, ostinatamente, continuiamo ad attendere. La persona è stata al centro di ogni altro intervento, in questa bella festa della Repubblica. Dalla fondata preoccupazione per il diffondersi di una rinnovata cultura fascista – nelle parole di Carlo Smuraglia e del giornalista Paolo Berizzi, che raccomandano di temere non le idee, anche le più lontane da noi, ma i pestaggi quotidiani che si ripetono in ogni parte d’Italia – alla sicurezza sociale da coniugare con la sicurezza ambientale – con le incisive parole di Elly Schlein – all’allarme di Gianna Fracassi, vicesegretaria generale CGIL che ci ha parlato dei Nuovi schiavi, e delle drammatiche condizioni di lavoro a cui hanno portato le scelte politiche degli ultimi governi, sia di centro destra che di centro sinistra.
Che fine fa la persona quando è in condizioni di schiavitù? Non secoli fa, ma oggi, in Italia. Fa una brutta fine, scompare come persona e diventa solo corpo sofferente. Di nuovo la persona è al centro nel quotidiano lavoro di Avvocato di strada, illustrato da Antonio Mumolo, che ci aiutò a fondare a Ravenna, otto anni fa, uno Sportello di Avvocato di strada, che sostengo da allora con piena convinzione. Questa è la Costituzione tradotta nel concreto da una società molto civile, come è quella di Avvocato di strada. Dove non ci sono né primi né ultimi. Ci sono persone che hanno diritti, fondati non sul buon cuore, ma su scelte di civiltà politica scritte nella Costituzione.
La persona è stata al centro anche degli interventi di due direttori di quotidiani, che spinte governative desiderano silenziare, tagliando fondi pubblici. Non per ragioni di austerity, ma per togliere di mezzo voci libere come Avvenire, ci ha ricordato Marco Tarquinio, e il Manifesto, ha denunciato Norma Rangeri. Privare di voci libere e plurali la pubblica opinione è azione che rispetta le persone? Sono rispettate le persone a cui ci si rivolge con tweet liquidatori, arroganti, pubblicitari? Direi di no.
Anche Francesca Chiavacci, presidente nazionale di ARCI, si è rivolta a noi con rispetto ma con richieste “severe”. ARCI, per storica vocazione e scelta, si è occupata, fin dalla sua origine, di cultura popolare. Di fronte ad una offensiva culturale che ha avuto inizio ben prima di Salvini, come pensiamo di reagire? Ho sentito da Chiavacci una proposta che attendevo da molto tempo. Solo una società civile organizzata e che si fonda sui principi costituzionali può affrontare i tempi oscuri che stiamo vivendo. Con la costruzione di una vera e propri strategia di alleanze fra associazioni. Finalmente! Non solo resistere, dobbiamo. Molte e molti di noi, dentro LeG e non solo, non hanno mai dismesso questa ostinata abitudine alla resistenza. Ma c’è qualcosa di nuovo da costruire.
Ed è questo nuovo che la relazione di Paul Ginsborg ha messo al centro. La società civile italiana in prospettiva storica. Se vogliamo veramente metterci al lavoro, è questo il metodo da seguire. Come Gianfranco Pasquino ricordava ai giovani di Ravenna, concludendo poche settimane fa un importante incontro dedicato all’Europa. La storia va studiata e compresa. Senza storia siamo zero. Ora, non vorrei sembrare parte di un’élite supponente, che toglie valore umano a chi la storia non la conosce. Ogni essere umano ha il valore che l’essere stato partorito gli ha concesso di avere. E non è obbligatorio che ogni essere umano voglia fare parte di una società civile attiva. Ma chi, come noi, e come i meravigliosi giovani che stanno seguendo Greta, o il grande movimento nato in Inghilterra nel 2018, Exstinction Rebellion, vogliono cambiare un mondo sempre più pericoloso, deve conoscere la storia e deve darsi un metodo di azione fino ad oggi non trovato o trovato in modo insufficiente.
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Cosa ci ha detto Paul Ginsborg?
La società civile è fatta da cittadine e cittadini volenterosi e volontari. Alcuni esempi forti. Le ONG che salvano vite nei mari, correndo pericoli sia fisici che legali. Greta che dice chiaro in faccia a politici italiani che stavano facendo le fusa di fronte a lei. Ma cosa mi dite, che non state facendo niente? Forse il linguaggio di Greta dovremmo tenerlo presente. Mai offensivo, ma netto, nel dire ‘il re è nudo’, senza tanti giri di parole. Sempre calma, Greta, mai aggressiva. Bastano parole chiare. Molti movimenti che hanno fermato, nei decenni trascorsi, aggressioni alla magistratura e agli assetti istituzionali, sono stati, e sono, società civile volenterosa e volontaria. I Girotondi a suo tempo, per un periodo non breve – parlo di una mia personale esperienza – sono stati società civile generosa e intensa. Una grande onda, conclusa, non scomparsa, trasformata in alcune vene carsiche e, nel caso di LeG, in una associazione invece assai visibile, che da oltre quindici anni esiste ed è viva. Buona cosa, per chi, come nel mio caso, dà molta importanza a edifici che permangono.
Ma perché, ci ha chiesto Ginsborg, spesso sentiamo dire la cosiddetta società civile? Perché cosiddetta? Chi ne dà questa definizione, che intenzioni ha? Sicuramente non intenzioni elogiative. D’altra parte, ricordo bene che, in tempi passati, un autorevole esponente di un partito di sinistra, disse. Quando sento “società civile”, metto mano alla pistola. Siamo stati, siamo un pericolo, da cui difendersi? Oppure – sempre quell’esponente – quando sento “società civile”, mi viene l’orticaria. Quanti ricordi mi ha smosso l’intervento di Paul, che sa gentilmente spargere sale su ferite mai rimarginate. Ma l’impegno che ha messo nello storicizzarci, mi ha fatto bene.
Il metro della storia ci rende sopportabile ciò che, quando ci brucia, risulta insopportabile. Quindi, chi siamo? E’ opportuno restringere il campo ed essere analitici. Metodo anglosassone, che evita definizioni evanescenti, che in Italia vanno, da sempre, per la maggiore. Non è un caso che esista nel mondo una enorme letteratura scientifica sulla società civile, quasi inesistente in Italia. Come mai in Italia no? Siamo, noi, una medaglia a tre facce? Una faccia è un non. Siamo una area intermedia che non è famiglia, mercato, Stato. La seconda faccia: un’area che vive di pratiche associative e di un modo di agire. E una terza faccia che è – dovrebbe essere – una linea guida. Ginsborg vede l’origine di questa area politica intermedia, nella storia dell’Illuminismo europeo. Musica per le mie orecchie. Pur avendo scoperto i limiti della cultura illuministica nell’eccesso di un universalismo a volte astratto (Marx e femminismo docent), continuo ad essere illuminista. I philosophes hanno inventato giornali, pamphlet, dizionari, enciclopedie, salotti politici, club. Loro discepoli più radicali hanno fatto della parola egalitéuna grande bandiera politica, fortunosamente arrivata in Italia con la Costituzione del 1948. Come non essere illuministi, se ci pensiamo come persone responsabili dell’uso che facciamo della nostra testa e della nostra vita?
Ecco, fare uso della nostra testa per fare uscire dalla genericità di chi vede in noi solo nebbia, polvere, confusione inutile. E per fare fra di noi chiarezza, partendo dalla storia. In questi anni, in Italia, una parte di società civile non generica si è organizzata in varie forme su temi per noi cruciali. Difendere e applicare la Costituzione. Ambiente, clima e emergenza globale. Solidarietà orizzontale e non solo di gruppo/clan. A proposito. Un netto e simpatico passaggio nel discorso di Ginsborg. A un ipotetico interlocutore che ci chiede. Allora, la Mafia, che esiste nella società, è organizzata, ha suoi principi, è società civile? Esiste, certo, ma è una società incivile. Libera da tutte le Mafie, invece, è parte molto importante della società civile organizzata. Un esempio che ci fa risparmiare molte parole.
Negli anni Cinquanta e Sessanta del secolo scorso ci fu in Italia un notevole sviluppo di società civile organizzata. Associazionismo articolato soprattutto attorno a parrocchie e case del Popolo di vario colore, che svolse sicuramente compiti di socialità e di cultura. Ma la politica dei partiti, in molti casi, controllava e indirizzava. Non vi era reale autonomia. Nel 2002, l’anno in cui Berlusconi aggredisce la magistratura, un nuova società civile – imprevista nella sua passione e autonoma dai partiti – irrompe. Chi, di noi, può dimenticare i tanti Girotondi, il Laboratorio di Firenze, i convegni da noi autonomamente indetti e organizzati, Piazza San Giovanni nell’ottobre del 2002 e il Circo Massimo nel 2003, il punto alto dell’impegno civile della CGIL? Fu, il nostro, un movimento non antipolitico, non antipartitico. La severa critica che stavamo facendo ai partiti si associava a una nostra richiesta di interlocuzione con i partiti stessi.
Ma risultammo pericolosi e urticanti. Non videro, i politici di professione, dove i veri pericoli erano, nonostante fossero visibilissimi, anzi, grandi come case. L’illiberale Berlusconi, a cui ha fatto seguito il populista “di sinistra” Renzi. Oggi, il Capitano Salvini vitalissimo e pieno di slanci emozionanti, armato di rosario. Vedo la sofferenza di miei carissimi amici cattolici, per l’ennesimo – non certamente il primo – uso spregiudicato che si fa della loro mite religione.
Siamo quindi noi società civile la strada giusta per invertire il disastro? Prima di dare una risposta positiva, va analizzata con metodo storico e grande serietà la situazione in cui ci troviamo, diversa da 20 anni fa. Dobbiamo, insieme, “ragionarci sopra”. Questa la proposta di Ginsborg. Ritrovarci, incontrarci, creare spazi di riflessione e studio comune, in modo decentrato e diffuso. Il neo liberismo individualista – sono parole, o, meglio, sofferenze mie – ha colonizzato spesso le nostre stesse teste, e i nostri umori.
Nella nostra società civile troviamo, non di rado, microconflittualità permanente, esasperate passioni spesso utilizzate in modo negativo. L’appello finale nel discorso di Ginsborg. Non possiamo continuare così. Va trovata la via per stare insieme. E’ questione buonista o questione politica? Per quanto mi riguarda, l’esperienza di questi ultimi venti anni – intenzionalmente non parlo del prima, che è un’altra storia – è questione politica prioritaria.
Ho trovato, nell’ultimo L’Espresso, alcune parole di Roger Hallam, figura autorevole di Exstinction Rebellion. Fra le loro storiche figure di riferimento hanno Giacomo Matteotti e Allende. Hanno anche Gandhi e Martin Luther King. Figure mondiali, dall’Ovest all’Est. Dice Roger: Il mondo cambia quando si rivolta il 2, il 3 per cento della popolazione. Basta quello. Oggi è urgente un’alleanza tra ultra cinquantenni e under 25. Leonardo Clausi, il giornalista che lo intervista, scrive. Duri, brutali, diretti nelle accuse, ma gentili nelle azioni. Come Greta che, calma, dice. Non vedete che il re è nudo? Quando vi decidete a fare qualcosa? E noi, quasi tutti ultra cinquantenni – lo si vede a occhio nudo – cosa intendiamo dire, e fare?
Vogliamo partire da Greta, da Roger e dalla proposta di Francesca, presidente donna di ARCI? Direi di sì, una volta tanto.
Ravenna, giugno 2019