Pd, è Salvini il vero nemico

25 Marzo 2019

Nadia Urbinati Consiglio di Presidenza Libertà e Giustizia

“Una politica che ha isolato il Pd e l’ha portato al 18% è contro il partito; per farlo tornare competitivo occorre rimetterlo al centro di vere alleanze di centrosinistra e civiche per sbarrare la strada a Salvini”. Con questo mutamento di passo e di obiettivo rispetto al Pd renziano, parte la segreteria di Nicola Zingaretti. E parte da una campagna impervia, quella per le elezioni regionali in Basilicata.

La mossa di Zingaretti può fare la differenza riproponendo il trend abruzzese e sardo con un Pd che, come nel secondo caso, è disposto anche a sostenere una lista arcipelago guidata da un candidato alla sua sinistra. Lo stesso Zingaretti non ha escluso di voler cambiare lo statuto del suo partito per rendere possibile anche a livello nazionale la dissociazione tra segretario del partito e candidato al governo del Paese

Scegliere le alleanze con l’arcipelago delle sinistre è una promessa di discontinuità, perché il Pd viene da una pratica di contrapposizione one way con i 5 Stelle e che ha lasciato ai margini Matteo Salvini. Questa pratica non può che cambiare se il Pd vuole posizionarsi nettamente contro un polo che è all’opposto dai suoi principi e valori: il polo che fa della diseguaglianza la sua bandiera, una guida di orientamento nelle politiche verso i diritti dei cittadini, non solo nei confronti degli ” altri”, migranti e immigrati regolari.

In questa cornice si iscrive il progetto dei porti ermetici, dei “muri” nel Mediterraneo; un progetto che si prefigge di lasciare in mare chi rischia la morte e di mettere agli arresti chi li salva. Non si può essere teneri con chi fa di questo mondo rovesciato un mondo normale.

La strada che porta contro Salvini è giusta ma impegnativa, lastricata di problemi per il Pd che la segreteria Zingaretti dovrà affrontare. Perché la Lega non ha il copyright della politica governativa dei respingimenti. Il cambiamento della politica dell’immigrazione con la «criminalizzazione delle Ong e l’esternalizzazione del controllo delle partenze dal Nordafrica, assegnato alla guardia costiera libica» era già avvenuto prima che Salvini diventasse ministro dell’Interno.

Le recenti contestazioni ricevute da Marco Minniti alla London School of Economics rispecchiano questa realtà dei fatti. Porre il Pd in opposizione alla Lega, dunque, significa fare una virata a gomito su questi temi e condannare sempre e comunque la violazione dei diritti umani. Significa impegnarsi a cercare altre vie – europee, non solo italiane – per un governo democratico dei confini, che rispetti lo statuto di rifugiato, che si occupi di accoglienza. Soprattutto, significa prendendosi cura (come non fa Salvini) di partecipare attivamente alla revisione del Trattato di Dublino con lo scopo di fare dell’ immigrazione una questione europea.

Quando Zingaretti dice che l’antagonista del Pd è la Lega dice che la politica della Lega è in tutto agli antipodi, retta su una logica della diseguaglianza. La politica di violazione sistematica dei diritti umani è parte di una pratica dell’intolleranza che non riguarda solo i “non italiani”. Sappiamo bene che non c’è limite alla logica della discriminazione del diverso; che non è difficile, una volta dichiarato che non tutti sono egualmente degni, alzare steccati anche dentro il Paese.

Ed è proprio quel che succede con i ministri leghisti Fontana e Pillon, con la dichiarazione di guerra all’eguaglianza di genere, alla libertà di scelta sessuale, alla filosofia paritaria che sorregge la nostra legge sul diritto di famiglia. Dire che Salvini è il vero avversario significa fare chiarezza su un altro progetto all’insegna della diseguaglianza: l’autonomia differenziata, un eufemismo per legittimare privilegi di trattamento delle regioni del Nord a scapito delle altre. Un progetto anche questo di discriminazione – in perfetta sintonia con l’ideologia e la pratica della diseguaglianza che anima la politica della Lega.

La Repubblica, 23 marzo 2019

 

Politologa. Titolare della cattedra di scienze politiche alla Columbia University di New York. Come ricercatrice si occupa del pensiero democratico e liberale contemporaneo e delle teorie della sovranità e della rappresentanza politica. Collabora con i quotidiani L’Unità, La Repubblica, Il Fatto Quotidiano e con Il Sole 24 Ore; dal 2019 collabora con il Corriere della Sera e con il settimanale Left.

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