A guardarla da lontano, può anche apparire seducente. Dopotutto la nuova legge elettorale unisce in matrimonio prima e seconda Repubblica, proporzionale e maggioritario, senza tradire nessuno. Ma a vederla all’ opera, a osservarla da vicino mentre i partiti confezionano le liste, è tutta un’ altra scena. E un’ altra creatura, ahimè: perfida, astuta, ingannevole verso gli elettori. Il Porcellum, quantomeno, era un mascalzone dichiarato, fin dal suo nome di battesimo. Il Rosatellum, viceversa, si veste d’ abiti floreali, però le fattezze sono tali e quali. Perché gli eletti vengono decisi dai partiti, mica dagli elettori. Perché questi ultimi sono sempre più insicuri, mentre i primi trattano sui collegi sicuri. E perché ogni trattativa reca un che d’ opaco, d’ insincero.
Diciamolo: alla prova dei fatti, questa legge elettorale è una truffa delle etichette. Una bottiglia d’ acqua minerale, con il cartellino del Barolo. Ci avevano raccontato che i collegi uninominali ( un terzo del totale) rendono sovrano il popolo votante. Che alla fine della giostra, fra i candidati in lizza vince chi ha più voti. Ma invece no, non è affatto vero. In molti casi vincerà pure il perdente. Basta che il suo nome figuri nei listini bloccati, dove s’ assegnano due terzi dei seggi. E più figura, più si configura il suo successo. Pluricandidati, ecco la parola magica. Nel Regno Unito Tony Blair fu sempre eletto nel collegio di Sedgefield, senza paracadute: o dentro o fuori. In Italia, viceversa, la Consulta ha benedetto le pluricandidature ( sentenza n. 35 del 2017). Sicché i partiti si sono ubriacati d’ acqua santa: prima timbrando una legge che ne permette addirittura cinque, oltre a quella di collegio; e adesso bevendo come spugne.
Morale della favola: quando Salvini e Renzi si sfidano a vicenda, quando annunziano un faccia a faccia nel medesimo collegio, è tutta una finta, un’ ammuina. È un match di pugilato dove verranno consacrati due campioni, mica uno soltanto
Perché il più votato verrà eletto nel collegio, l’ altro nel listino. D’ altronde ai big non troppo popolari verrà risparmiata pure questa prova, la prova della folla. I loro nomi riposeranno in pace nelle liste bloccate, fuori dalla scheda elettorale. E infatti è sulla formazione delle liste che si concentrano tutti gli appetiti. Per qualcuno sarà l’ unica chance di trovare un posto al sole, per qualcun altro un’ assicurazione sulla vita, pardon, sulla poltrona. E gli assicuratori sono un po’ tutti i partiti, compresi i 5 Stelle. Tutti con i nomi bloccati, tutti con i pluricandidati. Succedeva, del resto, anche ai tempi del Porcellum. Però lo sapevamo, ci avevano lasciato quantomeno il diritto d’ indignarci. Adesso no: questa legge è un Porcellum in maschera.
Ma la maschera copre anche l’ offerta dei partiti, non solo i candidati. Possiamo mai prendere sul serio queste alleanze taroccate, senza un programma comune, senza un leader condiviso? Il vecchio Mattarellum l’ esigeva, e infatti a quel tempo la legge elettorale allevò la leadership di Berlusconi e Prodi, a capo di due vere coalizioni. Il Rosatellum no, è soltanto un caravanserraglio. Tuttavia di nuovo ci fa credere a uno scontro fra nemici, quando la contesa è anzitutto fra gli amici, fra Salvini e Berlusconi, fra Renzi e Grasso.
E i piccoli partiti? Hanno l’ angoscia dell’1%, soglia al di sotto della quale il loro voto va sprecato. Sicché stringono matrimoni d’ interesse, anche a costo di sposare capre con cavalli: la laicissima Bonino con il cattolicissimo Tabacci, i garantisti alla Cicchitto con i giustizialisti di Italia dei valori. Troveremo questi simboli ibridati sulla scheda da deporre nell’ urna elettorale, anche se per loro sarà dura superare la boa del 3%, che fa scattare seggi in Parlamento. E allora i seggi andranno in pasto al partito maggiore, che intanto avrà ricambiato il regalo cedendo qualche posto nei collegi agli alleati minori. Insomma, tu voti verde però eleggi un giallo: un’ altra presa in giro.
C’è modo di reagire a quest’imbroglio? Forse votando in Svizzera, per chi ha il doppio passaporto. Anche noi italiani, però, una reazione potremmo abbozzarla. Come? Votando unicamente i candidati nei collegi che non siano candidati pure nei listini. Sempre che se ne trovino.
(*) Michele Ainis, costituzionalista, è ordinario all’Università di Roma Tre. Il suo ultimo libro è “La Costituzione e la bellezza” (La nave di Teseo, 2016).
la Repubblica, 21 gennaio 2018