Tutti a Modena! Tutti a Modena il 2 giugno, e non al mare. Il tempo è incerto, e l’acqua, di mare, è ancora fresca! Tutti a Modena, città fiera, civile, rossa (anzi, giallo-arancione), e arrivano i professori, c’è Gifuni e parlerà Travaglio.
Sul Regionale Veloce Milano Centrale-Bologna Centrale, salgo a Lodi per andare a Modena, per ascoltare i professori; i professoroni, come vengono chiamati con un filo di sarcasmo e per manifestare per un’Italia che vorrebbe essere un po’ meno libera di essere corrotta, ma più libera e onesta. Un grande progetto; una bella speranza, nonostante gli italiani (come si dovrebbe ammettere, con onestà) la sentono poco, questa esigenza. Preferiscono, per lo più, subirla.
A Parma sale un gruppo di persone sulla sessantina, con il “Fatto Quotidiano” e “Repubblica” sotto braccio, o che spuntano dallo zainetto. Vanno anche loro a Modena alla manifestazione di “Libertà e Giustizia” guidata dall’instancabile (così la chiama Rodotà) Sandra Bonsanti, una cronista in pensione che, anziché portare i nipotini ai giardinetti, o tentare la via del romanzo rosa, o giallo, o storico, rompe ancora le scatole della borghesia benpensante (così si diceva una volta), e dopo essersi fatta le ossa con Arrigo Benedetti (la coincidenza è che mi ero portato sul treno un “Diario di campagna” di Benedetti), la Bonsanti ha lavorato a “Repubblica” e ha indagato sulla morte di Roberto Calvi, e si dedica da anni a risvegliar l’anima civica degli italiani, anzi degli itagliani, a raddrizzar la loro anima perlopiù corrotta (lavoro immane, lodevole, ma inutile, come forse direbbe Montanelli). Anima e etica, del Belpaese, da secoli e secoli compromessa, da sempre malmessa, con un movimento come “Libertà e Giustizia” che è figlio, o nipote dei movimenti d’ispirazione azionista, da Piero Calamandrei a Salvemini, da Ernesto Rossi a Bobbio, a Carlo Levi.
La manifestazione e’ patrocinata dal Comune di Modena che ha offerto lo spazio logistico, la piazza XX Settembre, dietro Piazza Grande, e l’impalcatura (ma non le sedie, tutte finite sotto i portici per una smangiassata a base di tortellini e bevute di lambrusco dove ho provato a infilarmici anch’io, ma, da buoni emiliani si erano già appropriati di tutti i tavoli, e le sedie, in attesa del pasto), e mentre dietro il palco,
poi, Rodotà, Lorenza Carlassarre, Zagrebelsky, Caselli disporranno, giustamente, di una poltrona ciascuno, i molti vecchietti e anziane signore, presenti nella piazza, se ne staranno per ore in piedi, a rosolare sotto il sole. E lo faranno con stoica fierezza, faccenda che stroncherebbe, se, al loro posto, ci fossero dei giovinetti e ragazze “sdraiate” come il figlio raccontato da Michele Serra.
Il Regionale Veloce accumula venti minuti di ritardo, e si sbarca a Modena intorno a mezzogiorno. C’e’ il tempo per camminare, per guardarsi intorno.
La manifestazione è alle 14. Ho ripassato i palazzi, splendidi, giallo-arancione della rossa Modena. Transennato e in restauro il Palazzo Ducale e parte del meraviglioso Duomo, e nuova di zecca la Manifattura Tabacchi che diventerà che cosa? Un polo multifunzionale? Il sole filtra nelle strade acciotolate, sulle postazioni di “c’entro in bici”, sulle tavolate imbandite, a cui, purtroppo, non si puo’ accedere. Al Foro Boario, c’è il mercato all’aperto delle cianfrusaglie a un euro, e all’entrata, il banchetto dei 5Stelle che cercano consensi per il ballottaggio, e a far lo sgambetto alla città giallo-arancione e rossa.
E’ piacevole Modena, città dai colori sgargianti; sarà certo più provinciale di Bologna, ma per chi non viene da una grande città, ma da piccole realtà urbane, Modena appare ricca di storia, arte, cultura, università, locali, africani, rumeni e certi personaggi bizzarri e straordinari, come si son visti nei film di Fellini. Anche qui, nella città che fu di Pavarotti, a cui hanno intestato il teatro comunale, ruberanno nelle case; anche qui i negozi soffrono e chiudono; anche qui c’è malcontento e risentimento, ma vien voglia lo stesso di buttarci la vita, a Modena, e non esserci solamente di passaggio.
Alle 14 in molti già assiepano metà della piazza XX Settembre, e i pochi posti laterali dove sedersi alla spicciolata. Corrono avanti e indietro i giovani dello “staff”. Ci sono i giovani, è rincuorante. Quanti siamo? Oddio, qualche migliaio.
Ma avendo fatto il contabile, e avendone la nausea, potrei sbagliare.
Non ci sono le bandiere dell’Italia dei Valori; scomparsi quelli di “Robin Hood” e non ci sono quelli con in mano l’ultimo numero di Micromega, ma girano con il microfono, Radio Radicale e Radio Popolare. Arriva un intellettuale conosciuto che andrà sul palco, e da un’ala della piazza partono gli applausi e le foto-ricordo. Un signore si alza sulle transenne, con coraggiosa imprudenza giovanile. Sono in vendita, per contribuire alle spese della manifestazione, magliette bianche con il logo “per un’Italia libera e onesta”. Una maglietta dieci euro, due, quindici euro.
L’opuscolo con uno scritto di Calvino, cinque euro. Mi chiedo: perche’ non una maglietta con su scritto: “per un’ Italia meno libera di essere corrotta, oppurre, più libera e meno corrotta?”. Ci si può provare; qualche passettino avanti, forse, si riuscirebbe a fare, ma non esageriamo, se si conoscono gli italiani.
Rodotà arriva alle 14.30. Civati, invece, è arrivato, in anticipo. Si vede che suscita curiosità e interesse.
Il posto al fresco, appoggiato a un camion con bella vista laterale sul palco è subito offuscato da una signora sui settanta, arrivata in bici, con chioma bionda e che si accende una sigaretta, mentre il marito, più anziano, e assai curvo sta in piedi (e vien voglia di correre a cercargli una sedia, ma la rifiuterebbe probabilmente; comunque non c’è). La signora imbastisce una conversazione brillante e piacevole che ascolto volentieri, con un vecchietto che tiene in mano una bandiera di Sinistra e Libertà con Vendola. Entrambi si contano su le gesta degli anni Settanta, gli scioperi, e altro dei bei tempi andati.
E’ arrivato qualcun’altro d’importante. Altri applausi. Sul palco chiedono i cinque minuti di pazienza.
E’ Sandra Bonsanti, la prima a parlare, e dopo il suo intervento, a dire il vero, tanto intenso è stato, si potrebbe applaudire e andare a casa. Cita un incontro-intervista a con un vecchio partigiano che le parla della nostra sinistra smarrita, anche se ora sembra vincente, alla prese con la fretta di voler cambiare la Costituzione, senza pensare, invece, ad applicarla. Poi, dopo aver letto alcune parole di Calamandrei, legge l’ultima parte di ‘Cristo si è fermato a Eboli’: “Una brezza fresca veniva dalla Dalmazia, e increspava do onde minute il calmo dorso del mare. Pensavo a cose vaghe: la vita di quel mare era come le sorti infinite degli uomini, eternamente ferme in onde uguali, mosse in un tempo senza mutamento. E pensai con affettuosa angoscia a quel tempo immobile, e a quella nera civilta’ che avevo abbandonato. Ma gia’ il treno mi portava lontano…” e un brivido, caldo di commozione mi scorre nella schiena.
Anch’io, dubbioso, uggioso, recalcitrante, applaudo. Poi, parleranno via, via, gli altri, ma ho solo il tempo di ascoltare Rodotà che ricorda che rendere ininfluente il Senato è un azzardo pericoloso per la democrazia, che squilla il mio telefonino.
Mia figlia, da casa, ha un problema. Devo correr via a prendere un treno anticipato. Mi giro a guardare la piazza, piena, sotto il sole, tutti o quasi, in piedi, sperando per un Italia più libera, e tanto meno corrotta.
* scritto sul Regionale Veloce di ritorno (stavolta puntuale) che mi ha scaricato a Lodi.