Fra le molte inquietanti domande che affollano la nostra mente in questi tristissimi giorni ce n’è una relativa all’art. 54 (2° par.): “ I cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle con disciplina e onore”, un fondamentale articolo della Costituzione dimenticato e sempre più vilipeso. Non è però un dato scontato e irreversibile che l’onore sia un valore definitivamente perduto; cittadini e politici onesti e degni di onore sicuramente non mancano ma sono poco visibili, sommersi dal malcostume appariscente e diffuso.
Queste presenze positive costituiscono una base forte per ridare effettività all’art.54, che è principio cardine della nostra Costituzione, e rimane come barriera invalicabile contro il degrado definitivo, sempre attivabile purché lo si voglia davvero: non mancano istituzioni di garanzia nel nostro sistema costituzionale. Penso in particolare al Presidente della Repubblica e ai margini di intervento che gli sono costituzionalmente consentiti nell’esercizio del suo difficile ruolo. E’ certo che, non essendo organo politico ma istituzione di garanzia cui ogni scelta politica è rigorosamente preclusa non può ingerirsi nella composizione del governo per imporre personali vedute nella nomina di ministri o sottosegretari. Ma il discorso è diverso quando sia in gioco la sua funzione di garanzia. Non si possono attribuire alla firma del Capo dello Stato funzioni di mera ‘registrazione’. Il suo intervento è consentito e addirittura doveroso se motivato da ragioni costituzionalmente fondate. E’ il caso dell’art. 54 il cui principio è un ostacolo invalicabile alla nomina di persone inquisite che non danno garanzia di esercitare con disciplina (vale a dire rispettando le regole) ed onore le funzioni pubbliche loro affidate. I casi d’intervento non sono mancati, anche a non considerare gli eccessi di Cossiga (e la sua lettera al presidente incaricato Andreotti del 1991). Il presidente Ciampi, ad esempio, come già altri, in occasione della formazione del secondo governo Berlusconi intervenne invitando il Presidente del Consiglio ad evitare, almeno, la nomina di persona oggetto di un provvedimento giudiziario, tanto più trattandosi del ministero della giustizia. Così al posto di Maroni fu nominato Castelli. E Giuliano Amato ricorda che, formando il suo governo nel 1992, insieme al Capo dello Stato decisero di escludere “tutti coloro per i quali vi erano, sia pure allo stadio più preliminare, indagini giudiziarie in corso”. Non è però soltanto una questione di responsabilità penale, rilevano anche i comportamenti, l’affidabilità della persona: il cittadino cui le funzioni sono affidate ( il verbo non è casuale) deve essere degno di fiducia.
Oggi si discute molto sulle nomine di alcuni sottosegretari: sarebbe stato forse opportuno che il Capo dello Stato, superando ogni legittima preoccupazione per i delicati equilibri politici, avesse mosso obiezione prima di apporre la sua firma: l’esistenza dell’art.54 l’avrebbe giustificato. Ma anche i cittadini sono direttamente in gioco; si tratta di farla vivere questa norma costituzionale, di farla entrare nel nostro quotidiano, di darle sostanza nell’orientare i comportamenti, pubblici e privati, e così “contagiare” le istituzioni e chi le ricopre con la fermezza dell’etica repubblicana. Se non si riformano le coscienze, ogni altra riforma è vana!