Parla per un’ora di seguito, senza tirare il fiato, Goffredo Fofi. Incalzato da pensieri che sembrano susseguirsi più veloci della luce, è un fiume in piena di suggestioni e spunti di riflessione, di temi e che si intrecciano e si collegano tra loro, mettendo alla prova l’ascolto, necessariamente vigile e attento, pena lo smarrimento in questo interminabile filo conduttore. Il celebre critico (letterario, teatrale e cinematografico), nonché saggista e direttore della rivista Lo straniero, ha incontrato, lo scorso venerdì, gli studenti di quattro licei perugini. L’iniziativa ha rappresentato l’evento conclusivo del progetto “la Costituzione nelle scuole”, che ha visto il circolo perugino di L&G impegnato a portare la Carta fondamentale, i suoi valori e i suoi principi, i suoi annessi e connessi, tra i banchi di alcuni Istituti superiori della città. Numerosi i professionisti che si sono susseguiti in questo ciclo di lezioni, ciascuno portando la propria esperienza, il proprio modo di vivere, praticare e intendere la Costituzione. Numerosi anche i temi trattati nel corso del progetto: legalità, immigrazione e diritto dello straniero, ma anche federalismo e diritti fondamentali dei cittadini. Spazio anche alla criminalità organizzata, con particolare riferimento al fenomeno mafioso. Su questo e su altro ancora gli studenti si sono confrontati con Fofi, esponendo – in apertura dell’incontro – le loro sensazioni e le loro curiosità. «Oggi siamo dominati da un sentimento di grande incertezza», esordisce Fofi. «Il mondo sta cambiando molto velocemente. Come sarà l’Italia tra venti anni? Cosa ne sarà dell’Europa?», continua, interrogando se stesso e l’uditorio. E mette subito sul tappeto i temi che definisce centrali in questo momento storico. Innanzitutto, il problematico rapporto tra ricchi e poveri del nostro pianeta, di cui emblema sono le vicende nord africane e il nuovo grande esodo migratorio che sta mettendo in fibrillazione l’Europa. Ma anche il problema di un’economia virtuale, quella della finanza, che sembra aver sostituito quella più concreta della produzione. «Grandi, troppo grandi sono le difformità nei tenori di vita e questo non può che portare a forti instabilità sociali». Servirebbe, quindi, unire, includere, mettere insieme. Proprio nella sua capacità di unificare, sta, secondo il critico, la forza della Costituzione: scritta da persone di estrazione diversa, ma accomunate dalle comuni esperienze di esilio e resistenza. E mette in guardia i giovani ragazzi che, districandosi tra la mole di argomenti suggeriti dalle sue riflessioni, lo ascoltano: «la democrazia è fragile, non è acquisita una volta per tutte. La manipolazione può insidiarla». Fino a divenire, spiega, dittatura larvata, «dittatura delle maggioranze manipolate». C’è anche spazio – e non poteva essere altrimenti per un intellettuale vicino al pensiero gandhiano –per una vigorosa riaffermazione dei tre “dictat” del pacifismo, non-violenza, non-menzogna e non-collaborazione (come forma di resistenza civile), valori che, forse, meriterebbero di essere rispolverati più spesso. Perché violenza, menzogna e (opaca) collaborazione abbondano, eccome, di questi tempi. Un ragazzo parla di legalità chiedendo molto concretamente «cosa possono fare i giovani?». Cambiare lo status quo non è facile – risponde Fofi – ma non impossibile, purché la politica torni ad essere «una vocazione più che un mestiere». Perché, in fin dei conti, «la democrazia significa riappropriarsi della possibilità di controllare il proprio destino». Anche nel mondo classico, spiega Goffredo Fofi, erano eroi gli uomini padroni del loro destino. «Controllate le vicende che vi riguardano, scegliete. E diffidate sempre di chi pretende di parlare a nome di tutti». Siate liberi, conclude, raccogliendo in questa affermazione il senso di tutte le sue parole.
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