Istupidito dai suoi vizi

18 Gennaio 2011

E’ un pozzo nero dal quale si levano miasmi disgustosi. Le 389 pagine che raccolgono le fonti di prova contro Silvio Berlusconi, dando corpo alle accuse di concussione e favoreggiamento della prostituzione minorile, sopravanzano ogni previsione. E definiscono uno scenario di degrado, miserie, sopraffazioni, che lascia allibiti

E’ un pozzo nero dal quale si levano miasmi disgustosi. Le 389 pagine che raccolgono le fonti di prova contro Silvio Berlusconi, dando corpo alle accuse di concussione e favoreggiamento della prostituzione minorile, sopravanzano ogni previsione. E definiscono uno scenario di degrado, miserie, sopraffazioni, che lascia allibiti. Molti si erano assuefatti alle ironie sul Cavaliere e le sue signorine “grandi forme”, alle battute sulle palpate a tutto tondo di un premier irresistibilmente “galletto”. Ma ora siamo ben oltre. Siamo al di fuori della farsa sporcacciona che imperversò, anni e anni fa, con i film di Avaro Vitale. La vicenda di un uomo istupidito dai suoi vizi, dominato dalle sue ossessioni, stordito dal suo narcisismo, avrebbe bisogno di un altro copione. Pare tratta dalle pagine di Petronio Arbitro, lo scrittore inviso a Tigellino, prefetto di Nerone. Testimonia l’esercizio di un potere irresponsabile, intorno al quale si muovono ruffiani e appetiti insaziabili, prostitute e ricatti.

Toccherà ai pubblici ministeri dimostrare quanto le accuse siano fondate. Ma ne abbiamo abbastanza per un giudizio morale e politico, visto che  morali e politiche sono le implicazioni. Tali, dunque, da porre una questione che è anzitutto istituzionale. Non c’è bisogno di spulciare gli articoli del codice penale per individuare la conclusione, se si vuole proteggere la dignità dello Stato. E questa conclusione non può essere che una sola: le dimissioni di Berlusconi. Dopo, il premier proverà a difendersi, metterà all’opera i suoi avvocati alla caccia delle norme che possano proteggerlo. Ma le dimissioni sono il primo passo. Una decisione obbligata perché, al di là dell’aspetto penale, c’è un’assoluta incompatibilità tra i comportamenti del Cavaliere e la carica di presidente del Consiglio.

 Andrebbero a finire così le cose in una democrazia normale. Ma le nostra non è una democrazia normale. L’ingresso sulla scena di Berlusconi  ha già in parte svuotato le regole della democrazia repubblicana. C’è  il leader con la plebe acclamante. Con il gruppo, sempre più consistente, di amici, mediatori, clienti, che non sopporta contrapposizioni. E opera sistematiche forzature, sempre al limite della legalità costituzionale. La prima scelta, Berlusconi, sembra, quindi, averla fatta, cercando di crearsi una “zona franca”, di alzare una barriera  a difesa dei suoi “comportamenti privati”. Come se, in questo caso, il privato non fosse anche pubblico, tanto da far diventare facilmente “ricattabile” un premier che organizza feste con escort nei suoi diversi palazzi, che fa sesso a pagamento, anche con una  minorenne, così da dover telefonare in questura per farla liberare, una volta che è stata arrestata, spacciandola per la nipote di un capo di Stato estero.

 La “guardia repubblicana” del Cavaliere sta organizzando l’ultima trincea. Spara ad alzo zero contro i pm milanesi, accusandoli di avere organizzato un “blitz militare” contro il premier. Del resto, si sa  che, per certi personaggi, è pratica quotidiana negare l’evidenza, appellandosi alla congiura ordita dalle “toghe rosse”. Ma questa linea difensiva, stavolta, è più difficile. Non crediamo che gli italiani si siano assuefatti a tanto degrado, che cittadini, nella morsa delle quotidiane difficoltà economiche, possano sopportare orge, baccanali e prostituzione minorile da parte di un signore che si proclama  difensore della famiglia, preoccupato del bene comune. Non è gossip. Non è moralismo a buon mercato. E’ una questione politica dalla quale dipende l’avvenire del Paese.

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