“Una bocciatura che in parte fa cadere la norma e in parte la corregge, una sentenza che riconduce nell’alveo costituzionale la legge sul legittimo impedimento che protegge il diritto alla difesa”. Valerio Onida presidente emerito della Corte costituzionale commenta la decisione della Consulta. I giudici dopo una lunga camera di consiglio hanno valutato la costituzionalità della norma che copriva come uno scudo il presidente del Consiglio e i ministri, e hanno deciso con una larga maggioranza, con 12 voti favorevoli e 3 contrari. “Con il dispositivo articolato, la Corte spiega che cade l’impedimento continuativo e quello per concomitanza in concreto viene corretto – spiega Onida, dell’ufficio di presidenza di Libertà e Giustizia – resta al giudice la possibilità, anzi il dovere di valutare se l’impedimento sia concreto: c’è da salvaguardare il diritto di difesa, questo è lo scopo dell’impedimento legittimo, cioè un imputato deve potersi difendere davanti al giudice e nel caso vi sia un impedimento, questo deve essere valutato. Ma la norma forzava l’interpretazione, non più una concomitanza in concreto con un atto formale, ma una forma di prerogativa”.
Vìola l’articolo 3 della Costituzione, quello sul principio di uguaglianza, e l’articolo 138, sulla necessità di una legge costituzionale per modificare la Carta, il comma 4, bocciato dalla Consulta, che diceva che se la Presidenza del Consiglio dei Ministri attestava che l’impedimento era “continuativo e correlato allo svolgimento delle funzioni”, il giudice doveva rinviare l’udienza di un periodo “non superiore a sei mesi”.
Vìola gli stessi articoli della Carta, cioè il 3 e il 138, l’altro comma della norma, il 3, bocciato solo in parte, con l’affidamento al giudice della valutazione del legittimo impedimento.
“Possiamo salutare con compiacimento la sentenza – dice ancora Onida, a nome della presidenza di LeG – si è ristabilito il valore del legittimo impedimento, stravolto per un uso personale. La Corte ha dimostrato di difendere la Costituzione, come già aveva fatto con il lodo Alfano. Questo era il terzo tentativo per allontanare dal premier i processi in corso a Milano, Mills, Mediaset e Mediatrade e solo quelli”.