L’ex ministro Conso ha dichiarato di non aver rinnovato nel 1993 un numero elevatissimo di decreti applicativi del “carcere duro” emanati in base all’articolo 41 bis della legge penitenziaria. La dichiarazione ha spiazzato e stupito tutti , anche gli addetti ai lavori. Certo in parte perchè i detenuti sottoposti a questo regime restrittivo sono di solito concentrati in alcuni istituti di pena per cui la circolazione di notizie è molto limitata; e tuttavia chi, come chi scrive era nell’amministrazione penitenziaria nella fase finale del periodo del terrorismo, ricorda come la fuoriuscita dal regime speciale per i terroristi fu lenta, graduale, trasparente . Il Professor Conso è uno studioso, persona specchiata, in quel periodo occasionalmente prestato alla politica o meglio ad una funzione politico-istituzionale. Proprio per questo non convince il fatto che quella scelta, di grande impatto, strategica, possa essere stata solo sua. A ciò va aggiunto il fatto che dopo tanto interrogarsi sulla “trattativa” salta fuori che, ad oggi, l’unico atto accertato, di più, riconosciuto, se non di trattativa, di appeasement è stato compiuto nell’ambito del governo Ciampi senza alcun nesso quindi con quella che sarebbe stata la nascita di Forza italia, il partito presso cui Cosa nostra si ritiene, non senza buoni argomenti, avrebbe cercato i nuovi referenti politici . Allora, la domanda è: cosa è successo veramente? Va fatta ai vertici politico-istituzionali di allora e, ritengo , andrebbe fatta con forza senza pregiudizi positivi, senza sconti.
* Antonio Gelardi, socio di LeG, è direttore della casa di reclusione di Augusta, in provincia di Siracusa