All’uscita dalla festa, a tarda sera, mi ferma un compagno con lo zaino e i calzoncini corti. “Vengo ora da Rimini: bel meeting, interessante sulla scuola e pieno zeppo di giovani. Noi dovremmo imparare…”.Dietro a me, l’ultima festa dell’Unità diessina, la prima dell’Unità partito democratico, è stracolma di gente che ha sfidato il caldo e la domenica; pieni tutti gli spazi, i ristoranti, gli stand. I tortellini mi sembrano fra i migliori di sempre. C’è tanta gente anche ai dibattiti, ancora assenti i big. Ma si discute, si chiede, si cerca…curiosità, ansia, nostalgia. C’è voglia di pensare, di ascoltare, di imparare. Ben vengano persino quelli di Comunione e Liberazione, vedi mai che ci fosse qualcosa da apprendere anche da loro…Nessuna chiusura, nessuna tendenza a stare fermi.Insomma, sono a Bologna a parlare del “Fratello comunista” di Giovanni Ferrara con Gherardo Colombo nella veste di vicepresidente della Garzanti e col responsabile nazionale della comunicazione dei Ds, Francesco Verducci, che era nella FGCi alla fine degli anni ottanta, quando Maurizio Ferrara, su incarico del Pci, presenziò al congresso. Voglia di ascoltare per essere in grado di cambiare, come dice Veltroni, ma anche per cambiare con la forza di chi dispone di un bagaglio di cultura e tradizione democratica per affrontare il cammino. C’è una fretta ansiosa di annoverare i propri maestri, di individuare i punti di riferimento, di rivendicarli nel nome di quella meravigliosa “religione delle libertà” di amendoliana memoria che può unire tutto e tutti, oggi, mentre si fa nascere il nuovo partito.Cambiamo ancora, ma oggi chi siamo e da dove veniamo, mi sento chiedere (ahimè, proprio a me, inadeguata interlocutrice…).
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