Zagrebelsky: l’appello forse è stato tranchant. Ma Renzi con noi è presuntuoso

zagreb«La critica di Rusconi, tanto amichevole quanto severa, mi ha fatto molto riflettere». Pranzo a menu fisso col «professorone», 22 euro in due: arriviamo alla piola del cinema, due passi dietro il bellissimo campus di giurisprudenza a Torino, passeggiando lungo la Dora e parlando di tutto, da Renzi a Grillo alle riforme e ai «parrucconi».
Cosa l’ha fatta riflettere delle parole di Rusconi, professore?
«In primo luogo la contrapposizione tra le nuove generazioni, che hanno “una gran voglia di cambiare”, e noi vecchi. Rusconi su questo ha ragione».
In che senso?
«Esiste, nella contrapposizione, un elemento di biologia fisiologica. Viene un momento in cui i giovani dicono che tocca a loro, e noi siamo una palla al piede. Sotto certi aspetti questo è positivo. Tuttavia se è vero che l’insofferenza dei giovani ha il suo fondamento in un istinto vitale, non vuol dire che i vecchi debbano tacere, o peggio mettersi a fare i giovani. Il giovanilismo dei vecchi è una delle cose più disgustose. Ognuno faccia la sua parte».
La vosta è quella dei professoroni? Lei si sente un professorone?
«
Ma è una parola di scherno. Ci gonfiano per poterci umiliare e cantar vittoria. Sono e mi sento un professore. Il mio habitat è l’Università, a contatto con gli studenti. Varie volte mi sono state offerete candidature. Ho sempre rifiutato perché la politica non fa per me. E’ cosa molto seria, e bisogna averne la vocazione. L’unico potere, per quelli come me o Rodotà, è dire ciò che si pensa. Mentre il dovere di un politico è ascoltare tutti; poi naturalmente tocca a lui decidere».
Renzi non ascolta? L’ha incontrato?
Due volte, non recentemente. Un paio di anni fa Carlin Petrini organizzò una cerimonia a Pollenzo, il conferimento delle lauree ai suoi studenti. C’eravamo Lella Costa, io e, per l’appunto, lui, chiamati a revocare la giornata della nostra laurea. Lo conobbi come un ragazzo brillante, nel quale allora, non avrei immaginato la vena di una certa presunzione che mi pare emerga ora e si manifesta con battute e frasi fatte al posto di argomenti».
In che senso presunzione?
«La presunzione consiste nella chiusura a ogni discussione, un atteggiamento che presuppone il possesso del criterio del bene e del male. Se ci fossero canali aperti di confronto, si farebbe tutti più strade: tutti, come si conviene in materia di Costituzione. Ma questo presupporrebbe una cosa, che manca, come ha detto Massimo Cacciari: la chiarezza d’un disegno generale del quale discutere».
Davvero siete convinti che ci sia una svolta autoritaria in Italia?
«La svolta autoritaria non è la riforma del Senato, un obiettivo marginale. E’ un insieme di elementi che formano un quadro inquietanti: la riduzione del Senato a un ibrido non politico; una legge elettorale che comprime il pluralismo con “soglie” assurde; deputati nominati dalle segreterie che faticano a mostrare la loro libertà di rappresentanti; il crollo dei partiti da cui emerge solo la leadership personale; una riforma strisciante, ma non dichiarata, della forma di governo; il rifiuto altezzoso delle mediazioni sociali, sostituite dalla presunta immedesimazione popolare. Ce n’è abbastanza, tanto più che la chiusura degli spazi della democrazia corrisponde a richieste d’interessi, che passano sopra la nostra testa».
La critica che vi fa Rusconi è: perché non vi mettete in gioco? Magari per migliorare le riforme di Renzi.
«
Vuol dire che non siamo propositivi? Ecco la mia proposta: dimezzamento dei deputati; due senatori per regione, eletti direttamente tra persone con cursus honorum rispettabili; durata fissa e lunga senza rieleggibilità; poteri rivolti a contrastare la tendenza allo spreco di risorse comuni; controllo sulle nomine pubbliche e d’indagine sui fatti e sulle strutture della corruzione. C’è bisogno d’un organo che abbia lo sguardo lungo e, perciò, non sia sotto la pressione, o il ricatto, delle nuove elezioni».
Perché l’idea di Renzi non funziona?
«Scaricare integralmente l’avvio dell’iter legislativo sulla Camera ingolferebbe Montecitorio. Cambia, senza dirlo, l’articolo 138, che prevede due camere elettive nel processo di revisione della Costituzione. Crea un’assemblea eterogenea di amministratori di diverso livello e di uomini illustri non meglio qualificati».
Sareste disposti a dialogare anche con voi con Renzi? L’appello non è una forma un po’ vecchia?
«Ma chi ce lo chiede? Forse l’appello è stato tranchant, ma quali strumenti vede oltre l’appello? Il problema, dico a Rusconi, è che l’unico modo di mettersi in gioco, per Renzi, sembra essere quello di dire sì a Renzi. C’è un calcolo politico: se realizza le riforme lui sarà il riformatore; se non le realizza, si sarà creato un capro espiatorio, il nemico interno, il sabotatore: “non sono riuscito a causa loro” e la riforma apparirà ancor più ineludibile».
E Napolitano? Raccontano che alcune vostre preoccupazioni siano anche le sue.
«Mi limito a dire che chi apre la porta a questa riforma si assume una grade responsabilità per il futuro».
Ci dica infine una cosa: ha notato che si è parlato tanto del vostro appello solo quando l’ha firmato Grillo?
«Spesso mi chiedono se sono in imbarazzo per questo. Ma perché dovrei esserlo? In questo atteggiamento vedo un elemento d’intolleranza. Se qualcuno condivide le nostre posizioni è un bene. Per tutto il resto, vedremo».

5 commenti

  • “l’appello forse è stato tranchant”! E no professore…l’appello è stato decisamente ridicolo e fuori luogo.
    Renzi presentuoso? ma dopo essere stato accusato di “deriva autoritaria” che doveva fare? battere la mani?
    Mi dispiace quello che è successo, lei, Rodotà, siete due persone per bene e non certo parassiti istituzionali.
    Ma tra la voglia di cambiare di renzi, anche irruenta, e un appello frutto più che altro dalle fisime e dal tafazzo-masochismo di certa sinistra non si può che stare dalla parte di renzi.
    Io spero che renzi la riceva e la ascolti…(vede anche berlusocni!). Ma se non lo fadcesse non potrei certo biasimarlo.
    Saluti
    sempre con stima ed affetto
    Fabiano

  • Mi scusi Sig.Fabiano, ma ha letto l’intervista o si è fermato al titolo?
    secondo lei questa risposta del professore Zagrebelsky cosa dice?

    “La svolta autoritaria non è la riforma del Senato, un obiettivo marginale. E’ un insieme di elementi che formano un quadro inquietanti: la riduzione del Senato a un ibrido non politico; una legge elettorale che comprime il pluralismo con “soglie” assurde; deputati nominati dalle segreterie che faticano a mostrare la loro libertà di rappresentanti; il crollo dei partiti da cui emerge solo la leadership personale; una riforma strisciante, ma non dichiarata, della forma di governo; il rifiuto altezzoso delle mediazioni sociali, sostituite dalla presunta immedesimazione popolare. Ce n’è abbastanza, tanto più che la chiusura degli spazi della democrazia corrisponde a richieste d’interessi, che passano sopra la nostra testa”

  • A differenza del sig. Fabiano, io penso che l’ appello di Libertà e Giustizia sia molto serio e che ridicola, semmai, sia stata la reazione. Anche perché le posizioni della nostra associazione, del suo presidente onorario, di molti costituzionalisti e di molti intellettuali noti da sempre per il loro impegno etico e civile in difesa dei valori-principi fondamentali della nostra Costituzione, non sono certo una novità. Per chi ha avuto modo di seguire il coerente percorso di LeG in questi anni – forse il sig. Fabiano non è tra costoro, ma può sempre documentarsi – la denuncia di una possibile deriva autoritaria come conseguenza del graduale smantellamento dell’ impianto originario della nostra Carta, risale a tempi ben anteriori all’ ascesa dell’ ex sindaco di Firenze. Nasce, certo, in piena aberrazione berlusconiana e filo-piduista, ma va molto oltre perché intuisce – grazie alle analisi di studiosi come Zagrebelsky, Rodotà, Pace, Azzariti, Carlassarre e molti altri – che alla spaventosa crisi della rappresentanza politica si rischia di non rispondere – come si sarebbe dovuto fare – con una seria riforma in senso democratico dei partiti ( sì da dare attuazione all’ art. 49, Cost.) , bensì con la ‘ scorciatoia ‘ anti-democratica e anti-costituzionale di autentici stravolgimenti del nostro Ordinamento, contrabbandati per riforme. Così, in nome dei ‘ miti ‘ della governabilità e di una efficienza amministrativa di tipo aziendalistico, si comincia a ‘ manipolare ‘ l’ esercizio di un diritto basilare per ogni democrazia, quale il diritto di voto che la Costituzione voleva ‘ personale ed eguale, libero e segreto ‘ e che oggi – invece – grazie al Porcellum prima e all’ Italicum poi , deve obbligatoriamente ed illiberalmente essere un voto ‘ utile ‘. Esclusivamente ‘ utile ‘. E per compensare questo formidabile deficit di democrazia, si pensa bene di enfatizzare forme di cosiddetta ‘ democrazia diretta ‘ come le votazioni ‘ primarie ‘, aperte anche ai…passanti, come è stato ben scritto, o come le votazioni ‘ on line ‘ , trionfo della cultura della delega e della irresponsabilità. Il popolo dei sudditi, così, si illude di partecipare mentre quello dei cittadini più attivi e consapevoli viene preso in considerazione solo se consenziente. Guai, quindi, a ricordare l’ anomalìa del governo Monti e la grave responsabilità assunta, in quella occasione, da Napolitano. Guai, quindi, a stigmatizzare il passaggio vergognoso della mancata elezione del successore di Napolitano, e la poco trasparente ’ operazione Letta ‘ dopo aver negato a Bersani di verificare, in Parlamento, se era possibile una maggioranza più in linea con il voto popolare. Guai, oggi, a criticare l’ OPA di Renzi, consentita da una esigua quanto ‘ indefinibile minoranza ‘ di 1.800.000 italiani -sulla base di un programma che – come certamente il sig. Fabiano sa bene – non diceva una parola sulla ‘ riforma ‘ del Senato e tanto meno chiariva il suo illiberale programma in tema di ‘ mercato del lavoro ‘. Ma, soprattutto, guai a sostenere che , all’ indomani della sentenza della Corte Costituzionale, questo Parlamento non ha più la legittimità politica per legiferare, tanto più per essere un Parlamento ‘ costituente ‘ e che il Pd – beneficiario numero uno dei truffaldini meccanismi del Porcellum – anziché sostenere arrogantemente di ‘ avere i numeri in Parlamento ‘, avrebbe dovuto farsi promotore di elezioni anticipate ‘ riparatrici ‘.
    Guai, insomma, ad esercitare una critica, non dico da posizioni di sinistra, ma almeno da posizioni che un tempo si sarebbero chiamate ‘ liberal-democratiche ‘. Altro che le demonizzazioni di ‘ una certa sinistra che ostacola il cambiamento ‘. La verità è che al governo del Paese c’è una ex-sinistra che sta operando un cambiamento, sì, ma inequivocabilmente di destra, all’ insegna del presidenzialismo o premierato forte, del ridimensionamento del Parlamento a organo ratificante dell’ attività legislativa promossa dall’ esecutivo, dello smantellamento graduale del welfare e del trionfo del mercato, nella sua accezione più cinica.
    Giovanni De Stefanis, Leg Napoli

  • L’appello era necessario. Il guaio è che quando i popoli sentono battere alle porte la miseria la paura ha il sopravvento e la democrazia non interessa più. La parola Costituzione perde significato.
    Quanto al tema “giovani”, stiamo attenti: certo è innegabile il desiderio vitale del cambiamento, ma di quale cambiamento si tratta e di quali giovani stiamo parlando? Non si può essere generici su questo. I giovani non sono una classe sociale né un’indistinta massa con un’unica visione del mondo. Se continuiamo a ragionare in termini generazionali non capiamo quello che sta accadendo e rischiamo di perdere tutti quei giovani che vogliono un cambiamento radicalmente diverso da quello che Renzi e il suo PD indicano. E sono tanti. Diamo voce a loro.

  • Suppongo che Fabiano sia un giovane che ha letto molto distrattamente appello e interviste rilasciate dal prof. Zagrebelsky e che certo non conosce i suoi scritti. Usare i termini “ridicolo” e “fuori luogo” non può avere altra origine. Se Renzi ascoltasse (questa è democrazia!) proposte altre da quelle che ci ha sbandierato, con tanta sicurezza da dimostrare un preoccupante senso di superiorità, farebbe solo quello che è il dovere di chi occupa una carica istituzionale.

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