Democrazia partecipativa. Si può

29 Mag 2012

150 cittadini si sono riuniti in un’ampia e accogliente corte della Cascina Cuccagna, nuova agorà nel centro di Milano, accogliendo l’invito del Circolo Milanese di Libertà e Giustizia a discutere di partecipazione, ma, soprattutto (è questa la novità rispetto al precedente incontro del novembre 2011), a viverne direttamente la pratica, sperimentandone, proprio nel suo farsi, potenzialità e limiti. Vedi le foto

150 cittadini si sono riuniti in un’ampia e accogliente corte della Cascina Cuccagna, nuova agorà nel centro di Milano, accogliendo l’invito del Circolo Milanese di Libertà e Giustizia a discutere di partecipazione,  ma, soprattutto (è questa la novità rispetto al precedente incontro del novembre 2011), a viverne  direttamente la pratica, sperimentandone, proprio nel suo farsi, potenzialità e limiti. Un taglio che rispecchia appieno il titolo che si è voluto dare all’incontro: Democrazia partecipativa. Si può!
Allo scopo, la serata prevedeva: una prima parte di esposizione (contenuta in meno di un’ora) al pubblico (affidata agli interventi, in ordine di Paul Ginsborg, Marianella Sclavi, Liliana Padovani, Giulio Ernesti) delle ragioni che giustificano una più ampia attivazione della partecipazione come pratica sociale utile al governo della città; una seconda che, a partire dal quesito posto ai partecipanti (su quali temi pensate sia più urgente fare pratica di partecipazione a Milano), proponeva il percorso partecipativo dell’OST (Open Space Technology, riadattato all’esigenza dell’incontro), ovvero la suddivisione dei cittadini in tavoli di discussione, una breve esposizione dei risultati, una loro rielaborazione da parte dei relatori (in tal caso) ed una discussione finale con proposte operative concrete.
Il tempo a disposizione (dalle 18.30 alle 21.00) non ha purtroppo permesso di concludere il processo, che si è arrestato all’esposizione del lavoro dei gruppi, cui sono seguite le conclusioni, peraltro previste, dell’Assessore Daniela Benelli, interlocutore istituzionale e pertanto essenziale del processo partecipativo.
Un buon esito, nonostante l’incompiutezza del programma. Siamo infatti convinti, che l’esperimento abbia stimolato buone idee, abbia evidenziato priorità e, in particolare, abbia messo in luce l’utilità e la creatività del lavoro condotto insieme: moltiplicazione di punti di vista, loro argomentazione, dialogo, disponibilità a mettersi in discussione e a far proprie le opinioni altrui, elaborazione, come esito del processo, di idee inattese.

Prima del resoconto dei lavori, occorre una digressione sulle ragioni dell’incontro.
Vorremmo sottolineare che questo avviene a 6 mesi di distanza dal 1° tenutosi nel novembre 2011, a sua volta a 6 mesi dall’avvio dell’esperienza di governo dell’Amministrazione Pisapia. Una cadenza semestrale non casuale: per la presenza in entrambe le occasioni (ad indicare l’attenta volontà di “osservazione” delle vicende milanesi da parte di LG) di assessori della nuova Giunta (Lucia Castellano nella  prima, Daniela Benelli nella seconda), titolari di incarichi riconducibili vuoi a delicate questioni di carattere sociale potenzialmente, se non già, conflittuali, vuoi all’impostazione di nuovi assetti e modalità di governo della città ispirati al decentramento delle decisioni, all’avvicinamento delle stesse alle zone (peraltro da ridisegnare e ridotare di senso) e soprattutto al coinvolgimento diretto dei cittadini, e, più in generale, dei portatori di interesse; per l’obbiettiva necessità di agitare pubblicamente la questione, visto le concezioni erronee del termine che sembrano ispirare l’azione dell’Amministrazione e, di conseguenza, la resistenza evidente a farla propria e introdurla come pratica corrente di governo dell’interazione istituzioni-società. Una posizione  preoccupante per l’insoddisfazione crescente che suscita nella cittadinanza attiva milanese, allarmata da un approccio ritenuto inadeguato per l’incapacità che segnala di andare oltre la soglia della consultazione e della contrattazione limitata ad attori influenti. Un approccio dunque, scarsamente innovativo e deludente rispetto alle aspettative e che, soprattutto, esplicita il vero nodo della questione: la gestione del parziale trasferimento di potere che la democrazia partecipativa comporta.

Veniamo alle relazioni in sintesi.
Paul Ginsborg, come del resto, tutti i relatori, ha sottolineato che la pratica della partecipazione investe la dimensione del potere, ovvero quella della decisione (luoghi e attori); che è pertanto pratica sociale e politica scomoda, quanto opportuna, se non necessaria; che sconta, per tali ragioni, falsificazioni ed erronee concezioni. Ma, soprattutto, ha sostenuto che democrazia partecipativa e  democrazia rappresentativa (di cui sono evidenti gli attuali limiti in termini di crescente distanziamento fra governanti e governati) devono convivere, integrarsi e che per tale obbiettivo è cruciale ampliare occasioni e spazi dell’esperienza partecipativa. In altri termini, è essenziale dare continuità alla democrazia partecipativa, indagandone forme e pratiche, peraltro già ampiamente sperimentate e discusse.
Ginsborg ha così esplicitamente sostenuto la necessità di non confondere partecipazione e consultazione (icasticamente riassunta nella formula ascolto e decido); nel merito, illustrando la praticabilità di un esperimento complesso, per l’estensione del coinvolgimento, per la sua regolamentata procedura, per la sua forma continuativa: il bilancio partecipativo.

Marianella Sclavi ha riportato l’attenzione sul nodo della decisione, ricordando come la ricerca di meccanismi per la decisione più aperti ed inclusivi, sia questione avvertita come centrale nell’immediato secondo dopoguerra per il rafforzamento della democrazia. La relatrice ha dunque evidenziato la continuità di lungo periodo di una ricerca tesa al potenziamento di una democrazia parlamentare-rappresentativa nella direzione di un’accresciuta interattività e modalità dialogica (coerentemente con la posizione già avanzata da Paul Ginsborg); sottolinenado la collocazione, in tale alveo, della riflessione intorno alle forme e regole della democrazia partecipativa. Una riflessione che non può oggi essere rimossa per il contributo che offre alla soluzione del quesito di fondo: quale meccanismo per la decisione mettere a punto in grado di garantire spazio alla molteplicità di voci che rivendicano diritto d’ascolto, di assumere consapevolmente il passaggio dall’argomentazione al dialogo come parametro di regolazione dell’interazione, di favorire per via collaborativa la moltiplicazione delle opzioni, nonché la ricerca di soluzioni inattese attraverso il mutuo apprendimento.

Liliana Padovani ha osservato la partecipazione come strumento di dialogo tra competenze diverse (istituzionali, esperte, del cittadino comune) ed in questo senso come leva per attivare nuove risorse e nuove consapevolezze/responsabilità verso il perseguimento di obiettivi comuni. Nel merito, ha evidenziato l’utilità della democrazia partecipativa come strumento di maggiore trasparenza nelle relazioni tra cittadini e istituzioni pubbliche; come mutuo apprendimento in situazioni conflittuali o di incertezza; come strumento di sostenibilità dei risultati conseguiti dalle eventuali azioni congiunte: L’esposizione, pur sintetica, di un caso di promozione immobiliare in un quartiere difficile di Copenhagen è stata utile per mettere in evidenza tali aspetti.

Giulio Ernesti ha cercato di restituire per sommi capi un profilo della società urbana contemporanea, ovvero del contesto che sempre più sembra rendere necessario l’utilizzo di logiche e pratiche di governo partecipative. Della città ha evidenziato la centralità come luogo di snodo della relazione globale-locale, come luogo quindi dove maggiore è la percepibilità e la misurazione delle grandi questioni poste dalla globalizzazione. Dove quindi più intensa è l’elaborazione di conoscenze e dove al massimo grado si manifesta l’esigenza di una presenza attiva della pluralità di voci e interessi, che ormai abitano a attraversano lo spazio metropolitano, nella costruzione dei problemi e delle decisioni relative a questioni di interesse comune.

L’Assessore Daniela Benelli ha comunicato gli sforzi che sta facendo l’Amministrazione per trasformare l’attuale struttura di governo per zone in municipalità dotate di maggior autonomia di azione regolata da principi di patecipazione; non senza nascondere le difficoltà incontrate sia per la novità della questione sia per una certa arretratezza del sistema amministrativo. Ha tuttavia elencato numerose iniziative avviate o che stanno iniziando sulla questione, dichiarandosi soddisfatta del primo anno di lavoro con una Giunta che ha dovuto affrontare grandi problemi come il PGT, le questioni connesse all’Expo e al decentramento metropolitano. Non ha nascosto il suo grande interesse per le modalità di partecipazione trattate nell’incontro, ed ha auspicato la prosecuzione dei lavori volti a sollecitare, sostenere e stimolare la Giunta in tal senso. Ha ammesso infatti l’esistenza di diffidenza e resistenza rispetto alla necessità di coinvolgere attivamente i cittadini per più consapevoli decisioni in merito a questioni di interesse della collettività.

I risultati del breve processo partecipativo messo in atto (sul quesito: su quali temi pensate sia più urgente fare pratica di partecipazione a Milano),  hanno evidenziato problemi di varia natura, ma in particolare sono emerse le seguenti priorità:
la necessità della riappropriazione da parte dei cittadini degli spazi pubblici, con processi partecipativi di decisione in merito agli stessi;
l’affrontare in modo partecipato le decisioni in merito alla destinazione delle aree dismesse, la viabilità, i beni culturali, il verde pubblico, le problematiche relative alle periferie;
la riorganizzazione degli ex comitati Pisapia, ora comitati per Milano, come luoghi di riferimento per l’attivazione della partecipazione cittadina;
ma in particolare è emersa la necessità, comune a tutti i gruppi, di divulgare con urgenza e far conoscere, anche all’Amministrazione, proprio l’esistenza dei metodi partecipativi, le loro potenzialità e indispensabilità per gestire i conflitti della città.

* Giulio Ernesti – Responsabile “Osservatorio Urbanistica e Ambiente” del Circolo di Milano

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Guarda il video di un esempio di progetto partecipato condotto da Marianella Sclavi

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