Una «rete di diplomazia dal basso», così la sindaca di Perugia ha definito le iniziative e le azioni messe in atto, e sono tante, da lei e dai suoi colleghi italiani e palestinesi. Vittoria Ferdinandi ha parlato di questo movimento naturale e necessario dei primi cittadini, ricevendo a Palazzo dei Priori i sindaci di Salfit, Nablus, Beita, Gerico, Barta. Con loro anche i rappresentanti di Apla, l’Associazione dei Comuni palestinesi; ANCI, l’Associazione nazionale dei comuni italiani; FELCOS, l’Associazione di Comuni umbri che promuove politiche e pratiche di sviluppo sostenibile a livello sia locale che internazionale. «La notte scorsa i blindati dell’esercito israeliano sono entrati nella mia città di appena 16 mila abitanti e hanno distrutto il mercato. Perché distruggono il mercato? vogliono affamare anche noi in Cisgiordania?”, ha chiesto il sindaco di Beita, Mahmoud Barham.
La sindaca Ferdinandi è stata chiara:
«La guerra non è un destino scritto: è una scelta, che possiamo e dobbiamo contrastare. Il silenzio non è più accettabile di fronte a quanto accade in Palestina e a Gaza, dove le atrocità hanno assunto i tratti di un vero e proprio genocidio.
Pensare alla Palestina significa anche sostenere quei territori che, ogni giorno, pur tra mille difficoltà, lavorano per resistere e per costruire futuro.
Concludo: la pace non si costruisce solo nei grandi tavoli internazionali, ma grazie al lavoro quotidiano delle nostre città, dei sindaci e delle comunità. Per questo, come Comune di Perugia, abbiamo chiesto al Governo italiano il riconoscimento dello Stato di Palestina, l’immediato cessate il fuoco e l’apertura di corridoi umanitari. Come delegata alla pace di Anci nazionale, continuerò a lavorare per una rete di diplomazia dal basso, capace di intrecciare legami tra i nostri comuni e i vostri. Voi e le vostre comunità siete il più grande esempio di resistenza e futuro. Il vostro lavoro quotidiano è un seme di speranza. Perugia e l’Umbria saranno sempre al fianco del popolo palestinese: insieme coltiviamo il sogno di una Palestina libera.
As-Salam–aleikum: la pace sia su di voi».
È successo pochi giorni fa, il 9 settembre.
Domani, invece, sabato 13 settembre, oltre 170 consiglieri comunali, assessori e sindaci brianzoli si ritroveranno per chiedere di fermare i massacri a Gaza. L’appuntamento di questa manifestazione che esce dai palazzi comunali è per le 15, in piazza Santo Stefano, a Vimercate, provincia di Monza e Brianza. Lì vicino, ad Arcore, a fine luglio si era tenuta una partecipata fiaccolata per la quale il sindaco, Maurizio Bono, aveva ricevuto una lettera di ringraziamento dal collega di Betlemme, Maher Nicola Canawati. «A nome della municipalità di Betlemme e dei cittadini della città della Natività – ha scritto Canawati – desidero esprimere la nostra più profonda gratitudine per la vostra sentita e coraggiosa solidarietà nei confronti del popolo palestinese. In un tempo in cui la sofferenza della nostra gente ha raggiunto livelli inimmaginabili, il sostegno morale e civile della città di Arcore rappresenta per noi una luce in mezzo a un buio sempre più fitto».
Nel palazzo del Municipio di Arcore, nella sala del camino, è custodita in una teca la statua di Gesù Bambino arrivata tanti anni fa da Betlemme.
Cresce il numero di adesioni di amministratori pubblici all’appello Adesso Basta! lanciato a luglio da Ilaria Scaccabarozzi, sindaca di Gorgonzola. Il testo, rivolto al Governo, lo ha consegnato anche al Patriarca latino di Gerusalemme, Monsignor Pizzaballa, che ha incontrato questa estate durante una visita in Terra Santa. Su questo viaggio, Scaccabarozzi ha scritto un diario con la cronaca dettagliata degli incontri, che pubblichiamo qui. 
Sindaci, assessori, consiglieri, intere giunte, come quella di Bergamo stanno allungando la lista dei firmatari di questa missiva (per sottoscriverla, basta inviare un’email a segreteria.sindaca@comune.gorgonzola.mi.it): 
ADESSO BASTA!
A Gaza è in corso un genocidio sotto gli occhi del mondo. Alle vittime quotidiane degli attacchi militari si aggiungono ormai quotidianamente morti per la fame, molti dei quali bambini: vittime di una carestia voluta e imposta. Tutto ciò non è più guerra ma punizione collettiva.
Gli aiuti sono bloccati: solo pochi camion al giorno, contro gli almeno 500 necessari. In Giordania giacciono magazzini colmi di cibo, che non viene distribuito perché il governo israeliano lo impedisce deliberatamente. Si affama una popolazione intera per piegarla con la fame.
Non possiamo tacere. Non possiamo continuare a guardare senza agire.
Il silenzio, in questo caso, è complicità.
Noi Sindache e Sindaci d’Italia chiediamo con forza al Governo italiano:
– di esercitare ogni pressione politica e diplomatica sul Governo di Israele per sbloccare immediatamente l’accesso agli aiuti alimentari;
– che tali aiuti vengano gestiti solo ed esclusivamente dalle Agenzie dell’ONU, le uniche con legittimità e imparzialità e non più la Gaza Humanitarian Foundation, ente evidentemente non in grado di assolvere a un mandato umanitario;
– che l’Italia si faccia promotrice attiva di un cessate il fuoco e di una soluzione politica che ponga fine all’occupazione e alla distruzione della Striscia di Gaza.
Accogliamo e rilanciamo l’appello di Papa Leone XIV e della società civile globale: fermiamo la barbarie. Non c’è più tempo»
I sindaci non sono “amministratori di condominio”. Il loro ruolo non è mai stato di mera gestione della macchina comunale, ma di interpreti di una visione di città, costruita e realizzata attraverso scelte politiche che vanno oltre i territori. In una fase di distacco tra partiti e cittadini – a dirlo sono le basse percentuali di partecipazione al voto – sono le comunità locali a rappresentare un argine agli individualismi e alle vertiginose disuguaglianze sociali, economiche, culturali.
I vuoti in politica sono pericolosi, e sono enormi quelli lasciati sul fronte della geopolitica.

La presa di posizione chiara e netta presa dalla sindaca di Genova è stata importante: davanti alla Global Sumud Flotilla pronta a salpare per Gaza, Silvia Salis ha indossato la fascia tricolore e ha detto:
«Mi hanno chiesto perché sono qui con la fascia di sindaca. La mia risposta è che non ho una sola ragione per non essere qui con la fascia indosso. Una.
I giornalisti mi hanno detto che sono vent’anni che non si vedeva una mobilitazione del genere, e io voglio scusarmi a nome della politica che in questo momento rappresento perché non hanno risvegliato quest’anima di Genova, di una città che è medaglia d’oro per la Resistenza. Di una città che sa da che parte stare quando è il momento di decidere.
Qualche giorno fa a Sant’Anna di Stazzema mi hanno chiesto di tenere l’orazione civile. Non c’era nessun rappresentante del governo, non ci sono neanche stasera, non siamo mimimamente stupiti di questo.
Ma una cosa voglio chiederla al governo.
Devono aiutarci, devono seguire questa spedizione, devono fare in modo che raggiungano l’obiettivo e che tornino qua sani e salvi qua
Lo chiedo al nostro governo, al nostro Ministro degli Esteri, alla Farnesina, perché segua ogni momento di questa spedizione, perché le persone che si imbarcano con la Global Sumud Flotilla sono oggi i veri “patrioti”.
C’è una parte di questo Paese che si è appropriata di parole come patriottismo e nazione. Non sono parole loro. I patrioti sono quelli che si ricordano che questo Paese ha un’anima solidale, che si muove perché non esistono dei figli che vengono prima dei nostri figli o dopo i nostri figli.
Dove c’è un bambino che ha fame e non c’è nessuno che sa rispondere, lì non c’è nessun patriottismo. Nascondersi dietro queste parole per non riconoscere la dignità degli altri è una vergogna.
Noi stasera rappresentiamo l’Italia.
Ci impegniamo a seguirvi e a difendervi istituzionalmente. Sappiate che Genova è con voi, sappiate che a Genova, in una città Medaglia d’oro per la Resistenza, si aiuta gli altri a resistere».
Pochi giorni prima era passata a ringraziare le organizzazioni che stavano raccogliendo i tanti, tantissimi, aiuti umanitari donati dagli italiani.
«Stasera sono passata a salutare e ringraziare Music For Peace, il CALP, il Global Movement to Gaza e i tantissimi volontari per lo straordinario lavoro che stanno facendo per aiutare la popolazione palestinese.
In poche ore sono state raccolte 50 tonnellate di generi alimentari destinate alle Striscia di Gaza. Genova, ancora una volta, sta mostrando la sua straordinaria anima solidale.
Grazie a tutte e tutti coloro che in queste ore stanno contribuendo a incrementare questo grande movimento popolare e a supportare la missione che partirà nei prossimi giorni, senza alcun timore di prendere posizione in modo netto e, in questo caso, anche scomodo e rischioso.
Sappiate che l’amministrazione comunale, e io per prima, siamo al vostro fianco».
Il 1 di settembre, il sindaco di Udine, Alberto Felice de Toni, ha giudicato “inopportuna” la partita di calcio Italia – Israele che si disputerà nella sua città il 14 ottobre. Il Viminale ha subito risposto confermando l’appuntamento allo stadio friulano. De Toni era già intervenuto in precedenza su altre questioni relative alla Palestina, denunciando il blocco dei respiratori pediatrici all’interno dell’aeroporto Ben Gurion di Tel Aviv ma anche prendendo parte allo sciopero della fame a staffetta per chiedere di fermare l’offensiva israeliana.
Il sindaco di Bari, Vito Leccese, a maggio aveva condannato il «genocidio inaccettabile» e per questo era stato attaccato dal console israeliano: altri 40 sindaci si erano schierati con il collega e avevano messo nero su bianco: «Leccese ha espresso un sentimento che condividiamo e facciamo nostro – scrivono – A Gaza non si sta solo combattendo una guerra, ma annientando scientificamente un intero popolo, senza condizioni e rispetto del diritto internazionale».
Manifestazioni, fiaccolate. Piccole e grandi città d’Italia hanno anche approvato il riconoscimento dello Stato di Palestina – che è un gesto simbolico – e la richiesta al Governo perché faccia altrettanto: Napoli, Genova, Spoleto, Cosenza, Pieve di Cadore, Torino, Levanto, Bari, Riace, Susa sono alcune di quelle che lo hanno fatto. Ieri il primo cittadino di Civitavecchia, Piendibene, è andato in visita ufficiale all’Ambasciata di Palestina e ha annunciato l’adesione alla manifestazione del 4 ottobre – “Una staffetta per Gaza” – promossa da Amnesty International.

Sul finire di agosto, il gesto politico forte, è stato quello del sindaco di San Giuliano Terme, in provincia di Pisa, Matteo Cecchelli. Nell’assenza di ogni altra istituzione a ogni livello, ha incontrato con la mamma di Marah Abu Zuhri, la 20enne palestinese morta per deperimento fisico estremo – dovuto alla profonda malnutrizione profonda malnutrizione e alle condizioni di vita – all’ospedale Santa Chiara di Pisa dove era arrivata il 13 agosto con un corridoio sanitario. Poi, ha deciso di ospitare la cerimonia funebre della giovane e darle sepoltura. C’erano un migliaio di persone il 20 agosto, nel Parco della Pace “Tiziano Terzani”, ad abbracciare Marah, la sua mamma Nabila e tutta la comunità Palestinese. 
«La sua morte non è un’eccezione, come si è provato a far credere attaccando i nostri bravi medici, la sua morte è la conseguenza del genocidio del popolo palestinese portato avanti dal governo israeliano. Marah è arrivata fino a qui perché a Gaza ci sono morte e distruzione, niente più case, ospedali e scuole.
La realtà è che ogni giorno, nella Striscia di Gaza, si muore nel silenzio assordante dei governi mondiali. Si muore senza un nome, senza un volto, senza una storia. Solo numeri.
Di fronte a questo silenzio abbiamo deciso di fare rumore.
Davanti a una catastrofe umanitaria e politica di questa portata, non si può stare in silenzio.
Oggi, in questo Parco della Pace, c’è chi ha deciso di fare rumore, chi ha deciso di essere qui per manifestare il proprio dissenso verso questo genocidio, verso chi oggi ha deciso di essere assente e decide ogni giorno di stare in silenzio.
La piccola Marah sarà sepolta qui, in un nostro cimitero, abbiamo deciso di darle una degna sepoltura affinchè dopo tanta sofferenza possa riposare in pace».
Su questa vicenda, è stato alto il livello di polemica infarcita da false notizie intinte nel veleno d’odio. Giorni e giorni passati a speculare su una presunta morte legata alla leucemia, dichiarata dalle autorità israeliane e poi smentita dai sanitari pisani. Assente la politica: a fianco al sindaco c’erano il presidente della provincia di Pisa Massimiliano Angori, e, il più alto in grado, il Presidente della Regione Toscana Eugenio Giani. Non c’erano figure nazionali né del loro partito, il Pd, né del Governo.

Cecchelli ha poi concluso:
«Mi rivolgo direttamente alle istituzioni che oggi hanno scelto l’assenza e il silenzio: è il momento di agire. Fermate questo massacro. Lo Stato italiano riconosca pienamente lo Stato di Palestina e si faccia promotore, con coraggio, di un’iniziativa forte presso la comunità internazionale. Concludo con un pensiero che per noi non è solo simbolico, ma operativo: chi si inginocchia davanti a una vittima, si deve anche alzare e lottare per i vivi. Che Marah sia l’ultima.
Che questa tomba sia un punto di partenza. Che il silenzio finisca.
E che la politica torni a farsi carico, senza ambiguità, della responsabilità morale che le compete».


 
                 
                 
                 
                 
                 
                 
                 
                 
                 
                 
    
 
         Roberta De Monticelli
Roberta De Monticelli 
         
         
         
        