Sì allo sciopero generale indetto dalla Cgil, no alla denigrazione di chi esercita un diritto costituzionale

09 Novembre 2025

Libertà e Giustizia

Questo contenuto fa parte di Osservatorio Autoritarismo

Libertà e Giustizia aderisce allo sciopero indetto dalla CGIL per il 12 dicembre contro la legge di Bilancio che non tutela le persone con reddito più basso. Ed esprime repulsa davanti alla sistematica politica di irrisione e delegittimazione attuata da esponenti dell’esecutivo nei confronti degli scioperi.

COMUNICATO STAMPA

Le ragioni dello sciopero generale contro il disegno di legge di bilancio 2026 indetto dalla Cgil per il 12 dicembre affondano le radici nella nostra Costituzione e nei suoi articoli largamente inattuati. Una manovra che non tutela le persone con reddito più basso e che, secondo Istat, Banca d’Italia e Ufficio parlamentare di bilancio, porterà benefici limitati soprattutto alle famiglie con redditi da 28mila a 50mila euro, con effetti che verranno neutralizzati solo oltre i 200mila euro, mentre nulla è previsto per la crescente quota di popolazione in evidenti difficoltà economiche o a rischio povertà, né per garantire un salario minimo legale.

Eppure la nostra Carta, all’art.1, afferma che l’Italia  «è una Repubblica democratica fondata sul lavoro»; all’art. 2, che la Repubblica «richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale»; all’art. 3, che «è compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana»; all’art. 4, che «la Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto». 

Ma la Costituzione non si limita all’enunciazione di principi, e all’art. 36 specifica che «il lavoratore ha diritto a una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa», per concludere, all’art. 38, che «ogni cittadino inabile al lavoro e sprovvisto dei mezzi necessari per vivere ha diritto al mantenimento e all’assistenza sociale». Non esattamente una priorità, per un governo che conta fra i suoi primi provvedimenti di legislatura l’abolizione del reddito di cittadinanza, mentre prevede un aumento progressivo delle spese militari di circa 23 miliardi nei prossimi tre anni.

Nell’aderire a uno sciopero generale inteso anche come difesa dei principi del dettato costituzionale, Libertà e Giustizia esprime la propria repulsa davanti alla sistematica politica di irrisione e delegittimazione attuata da esponenti dell’esecutivo nei confronti degli scioperi sgraditi, di chi li proclama e di chi vi aderisce. Lo sciopero è un diritto costituzionale fondamentale, riconosciuto come strumento di tutela collettiva dei lavoratori e dei sindacati, parte integrante dell’ordinamento democratico. Dileggiandolo, il governo si mostra incapace del rispetto reciproco tra le parti che fonda la democrazia e agisce un comportamento istituzionalmente scorretto checontraddice lo spirito della Costituzione.

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