Mamdani, Bernie Sanders e il radicalismo di La Guardia

07 Novembre 2025

Elisabetta Raimondi

Questo contenuto fa parte di Osservatorio Autoritarismo

Ci si chiede quali cambiamenti a New York e alla vita dei suoi cittadini apporterà la vittoria del socialista e giovane Zohran. Ma la stessa domanda riguarda anche il futuro dei Democratici americani, il loro coriaceo establishment, e non solo.

Il video Until It’s Done, un brevissimo corto d’autore seducente e suggestivo nella sua semplicità, seppure sapiente nel montaggio, diffuso lunedì 3 novembre, giorno della vigilia elettorale, è stato l’ultimo dei gioiellini che tanto peso hanno avuto nella campagna elettorale di Zohran Mamdani. Il messaggio, rivoluzionario anche nel giocare con l’immaginario filmico e la storia politica di una città-icona, dice: «Mi trovo a pochi passi dall’angolo tra la 116° strada e Lexington. Per Fiorello La Guardia e Vito Marcantonio era semplicemente il ‘lucky corner’. È qui che tenevano i loro comizi finali davanti a migliaia di abitanti di Harlem alla vigilia di ogni elezione. Molti dicono che una visione democratico-socialista del governo di New York sia impossibile, che queste idee non sono mai state messe alla prova. A costoro rispondo che dobbiamo solo guardare al passato per provare come il socialismo possa modellare il nostro futuro. La maggior parte dei newyorkesi conosce il nome La Guardia. Molti meno conoscono il nome Marcantonio. Ma qui a East Harlem c’è un angolo che porta il suo nome. Marc, come tutti lo chiamavano, non fu solo un deputato eletto per sette volte e un pupillo di La Guardia. Fu un impenitente socialista, indefesso sostenitore del lavoro organizzato, e campione per coloro che a quei tempi venivano spesso dimenticati: portoricani, ebrei newyorkesi, anziani. Marc si batteva per tutti loro. […] Essere un socialista negli anni Trenta e Quaranta non era più facile di quanto lo sia oggi. Marc fu incessantemente attaccato dalla destra, minato dall’establishment, bersagliato dal risorgente terrore dei ‘rossi’. Non si scusò mai per quello che era né per le cose per cui lottava. Quando lo definirono un radicale, Marc rispose: “Se è radicalismo credere che le nostre risorse naturali debbano essere usate a beneficio di tutti e non allo scopo di arricchire solo pochi, mi dichiaro colpevole dell’imputazione”. Amici miei, la domanda è chiara. Siamo abbastanza coraggiosi da credere in una città che dia beneficio a tutti noi? Io conosco la mia risposta. Domani il mondo conoscerà la vostra».

La risposta dei newyorkesi, Mamdani e il mondo intero l’hanno avuta a meno di un’ora dalla chiusura dei seggi. E a dieci anni dalla prima sconfitta inflitta a Bernie Sanders dall’establishment democratico che avrebbe voluto la stessa sorte per Zohran. Ci sono voluti dieci anni di lotte indefesse di Bernie che – a dispetto dell’età, delle critiche, degli errori commessi, dei tanti momenti di sconforto e demoralizzazione dei suoi sostenitori e persino dell’abbandono da parte di alcuni di loro – non ha mai smesso di credere nelle sue idee e di sostenere chiunque in qualunque parte degli Stati Uniti scendesse in piazza a protestare e picchettare, a chiedere un salario minimo dignitoso o la costituzione di un sindacato, a sollecitare il partito democratico a riprendere quei principi che rappresentava prima che un’avidità senza pudori creasse ingiustizie e disparità mai viste, quasi sapesse che prima o poi qualcuno sarebbe arrivato a prendere in mano il suo testimone per continuare il tragitto con una forza superiore alla sua. 

Come i suoi più fedeli sostenitori americani, ho seguito in tutti questi anni l’azione politica di Bernie Sanders e della sua squadra; l’ho fatto con passione per l’uomo e per la sua proposta necessaria eppure costantemente ostacolata dall’establishment democratico. Ora, dopo tante frustrazioni, quelle istanze progressiste e socialiste avranno la possibilità di diventare piano di governo, anche se nessuno si illude che sarà facile realizzare di punto in bianco. E anche se si tratta di un piano di governo cittadino e non statale, né tanto meno nazionale, il fatto che gli oltre otto milioni di abitanti di New York rendano The Big Apple superiore per popolazione a 38 dei 50 Stati degli Usa (39 se si include Washington DC) fa sì che il suo sindaco valga non solo simbolicamente ma anche concretamente molto più di tante altre cariche di peso. 

Giovedì 6 novembre, l’ufficio stampa di Zohran ha diffuso un comunicato che dà il segno del cambiamento, dell’efficienza e della collaborazione con i cittadini che il sindaco eletto vuole conferire, come promesso, al suo mandato: l’apertura di uno sportello al quale chiunque sia interessato a lavorare nella nuova amministrazione possa inviare il suo curriculum, in modo da formare «un governo capace e compassionevole, guidato dall’integrità e disposto a impegnarsi tanto quanto i milioni di newyorkesi che chiamano questa città “casa”».

Elisabetta Raimondi, già professoressa di inglese e drammaturga, ha iniziato a seguire per Vorrei.org la campagna di Bernie Sanders nel 2016.
Collabora con Jacobin Italia e Fata Morgana Web.

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