Riflessioni a partire dalla partecipazione alla trasmissione di Radio Popolare “Tutto scorre” del 14 novembre 2024 (l’intervento di Roberta De Monticelli a partire dal minuto 38)
1. Una singolare esternazione
Parto dal primo tweet di Elon Musk, che ha scatenato una serie di repliche e controrepliche. «Questi giudici se ne devono andare», aveva scritto Musk sulla piazza digitale che possiede e governa, “X”, riferendosi alla decisione dei giudici del Tribunale di Roma di far riportare in Italia i migranti detenuti in Albania. Innocuo o devastante? Devastante in quanto pantografa, su scale diverse, un atteggiamento terribilmente diffuso anche fra i leader delle destre nel mondo: la perfetta indifferenza, quando non l’aperta aggressione, nei confronti di quei vincoli legali (ma anche etici) senza i quali la politica è non solo cieca, ma anche criminale. È questa l’essenza anche di casi consimili, come Netanyahu che dichiara «persona non grata» il segretario generale dell’Onu e l’Onu stesso un covo di antisemitismo, o di Benny Morris – un privato, sì, ma anche il primo dei “nuovi storici” di Israele, che dopo aver smontato la narrazione prevalente della storia di quello Stato e averne rivelato tutta la violenza, ha sostenuto che fu sbagliato allora e sarebbe assurdo adesso non «finire il lavoro» a Gaza e in Cisgiordania, e perché fosse più chiaro ha dato dell’«idiota» a Guterres e chiamato «disgustose» le sue parole in difesa della popolazione di Gaza. Solo apparentemente è meno “devastante” l’intervento di Musk. Un filosofo direbbe che configura un assalto contro la legalità e le sue istituzioni a due livelli: quello “pragmatico”, cioè nel suo stesso dire – in quanto ormai portavoce del presidente eletto – arrogandosi un’autorità normativa superiore a quella delle istituzioni di un altro Stato; e quello del contenuto, la cosa detta. Detta non solo contro la magistratura di uno Stato altro (benché in accordo con il suo esecutivo) ma contro la norma superiore a quelle degli Stati europei membri dell’Ue, il cui diritto prevale assolutamente su quelli nazionali che mai dovessero autorizzare la deportazione o il respingimento collettivo di migranti (art. 18 e 19 della Carta dei Diritti dell’Unione europea). Questo è sintomo di un enorme problema, che un “costituzionalista globale” come Luigi Ferrajoli (2022) ha messo in rilievo: l’assenza disperante, e quindi l’assoluta necessità di istituire, una sfera pubblica che sia all’altezza dei poteri economici e politici che oggi decidono il disordine del mondo.
2. Creare uno spazio pubblico all’altezza dei nuovi poteri globali
Una sfera pubblica: certo, la piazza digitale, oggi: ma oggi è privata anche quella. E proposito di privatizzazione: uno come Musk, che vive di commesse pubbliche, perché il suo impero è trainato dalle commissioni della Nasa – a parte l’immenso conflitto di interessi che si creerà non appena assumerà un ruolo nell’amministrazione USA – finirà per dirigere lui, in nome dei suoi privati interessi, la politica spaziale americana. Sarà il padrone dello spazio, il signore delle future guerre stellari… E allora, non è più soltanto questione di spazio del dibattito pubblico, di “piazza”. L’altro pilastro di una sfera pubblica democratica sono le istituzioni che incarnano e rendono efficaci le norme della convivenza civile e pacifica.
E allora voglio ricordare un uomo, un italiano, che in tempi non sospetti aveva capito fin nei dettagli in che direzione sarebbe andato il mondo, se la sua battaglia avesse finito per essere perduta. Altiero Spinelli lo scrisse in tutte le sue carte di fondazione di una autorità sovranazionale globale, di cui l’Unione europea doveva essere momento propulsivo e forza garante. Lo scrisse fin dal primo dopoguerra e rese, con titanica tenacia, efficace questo pensiero fino alla sua morte nel 1986. Dal Manifesto di Ventotene al Progetto di Costituzione dell’Unione europea del 1984, il famoso e dettagliatissimo Progetto Spinelli, affondato allora eppure in gran parte attuato poi, a partire dal momento in cui Michail Gorbačëv aprì la cortina di ferro verso una “casa comune europea”.
Era questo il suo pensiero: occorre creare uno spazio pubblico che sia all’altezza dei nuovi poteri “selvaggi”, della loro enormità. Uno spazio pubblico, nelle sue due componenti: la “piazza”, certo, lo spazio del dibattito, ma anche evidentemente la struttura istituzionale per l’esercizio democratico del potere – a partire dagli Stati uniti d’Europa. Oggi il problema non è soltanto che l’Ue rischia la sua dissoluzione di fatto, sotto il peso congiunto degli interessi nazionali e della subordinazione a quelli nordamericani, ma che l’Onu e la sua Corte internazionale di giustizia, come le altre istituzioni di garanzia di giustizia universale, come la Corte penale internazionale, non sono mai stati tanto disprezzati e dileggiati sulle pubbliche piazze dai media mainstream: e proprio nel momento in cui più chiara è suonata la loro voce e il dettato imparziale delle loro sentenze rispetto ai crimini di guerra, alle azioni genocidarie e alle responsabilità degli Stati e anche degli individui.
3. Evoluzione del conflitto fra diritto e forza: anarco-capitalismo o fascismo?
Infine, come il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha ricordato non solo nella sua risposta a Musk ma anche in precedenti occasioni e forse da sempre, occorrono regole sovranazionali per vincolare l’arbitrio dei privati con potenza ormai superiore a quella degli Stati nazionali. In effetti, l’opposizione fra la risposta di Mattarella e quella successiva di Giorgia Meloni fotografa, quasi, il più classico dei conflitti fra diritto e potere, e il paradosso che da sempre lo nutre: il diritto vige, ha vigore, in virtù della forza che pure deve vincolare e regolare, la quale tende a erodere questi vincoli. Ma nel nuovo scenario di Musk e Trump c’è la novità del libertarismo di un Musk, che assolutamente non concepisce o tollera vincoli di alcun genere, e sembra dare una veste “politica” esplicita a quello che è stato chiamato l’anarco-capitalismo. Ora, il libertarismo è una posizione aporetica, perché nessuna società può funzionare senza norme, e infatti chissà fino a quando durerà il duo Trump-Musk. E tuttavia, la risposta ambigua della nostra presidente del Consiglio mette in luce un’alternativa secca. Perché delle due l’una: o si rifiuta ogni regola istituzionale, fino ad abbattere, in linea di principio, le istituzioni statuali, verso uno scenario di privati decisori dell’universo, a metà fra il medioevo e le guerre stellari; oppure si parla in nome di uno Stato anzi di una nazione e della sua sovranità, dunque di un esercizio di potere pubblico vincolato: ma se i soli vincoli che accetto sono quelli che piacciono a me, e non quelli della Costituzione e dei diritti umani che calpesto, allora sono semplicemente fascista, nel senso che incarno l’essenza eterna di un’autocrazia la cui versione nazionalista è il fascismo.
Non credo che l’anarco-capitalismo in cui il libertarismo alla Musk consiste sia l’evoluzione necessaria del capitalismo, come credono in molti. A parte la genericità di questa nozione, che ne fa una specie di prosopopea, cioè di personificazione di una forza occulta che fa e decide tutto – e invece siamo tutti noi che vi siamo implicati fino al collo – se si cerca di essere un po’ più analitici, mi sembra che non ci sia qui una questione di capitalismo, ma di norme: nessun sistema economico può funzionare senza regole, e si tratta di costruire il quadro normativo più giusto. Del fatto che non ci sia questa tendenza inarrestabile del capitalismo verso la deregulation è prova l’Europa, cioè quel po’ di organizzazione confederale o tendenzialmente federale che era esistita, e che fino a un certo punto si è concentrata precisamente su questo: normare l’economia e impedirne le derive. Fino a un certo punto, con successo. Anzi, tanto si è concentrata su questo compito regolativo da perdere di vista il resto, la costruzione di un potere politico sovranazionale, inclusa quella difesa comune che avrebbe significato cessione di sovranità nazionali in funzione di una politica estera comune: e non l’attuale “liberi tutti”, dove ogni staterello si riarma a suo talento e per di più con i fondi comunitari che promuovono le industrie belliche nazionali, con il rischio che l’orizzonte di questa follia potrebbe essere un’esplosione di piccoli autocrati locali là dov’era la casa comune.
4. Una sfera pubblica non solo di sufficiente potenza ma anche di universale giustizia.
Senza dimenticare, però – come oggi dimenticano tanto Mario Draghi che Enrico Letta – che una sfera pubblica all’altezza dei nuovi poteri selvaggi non deve affatto essere soltanto sufficientemente potente, sia a livello economico che politico; deve essere soprattutto sufficientemente universalistica nei suoi principi, come le carte europee proclamano a una voce sola. Ricordandoci che l’Ue avrebbe dovuto essere solo il primo passo verso una Federazione mondiale di repubbliche. Verso un’Onu che fosse quella vera, quella che non c’è ancora e che dobbiamo costruire, fedele alle ragioni da cui nacque, per le quali non è e non deve essere vero che alcuni Stati sono più eguali degli altri.
La tragedia è questo limite che i vincitori dettero all’universalità della norma. No, non ha ragione chi vince, no, non è la storia a giudicare meglio della nostra ragione etica e giuridica, come scrive qualche sciagurato notista sulle pagine del nostro massimo quotidiano nazionale. Perché dell’universalismo negato da tutti i nostri doppi standard e da tutti i veti dei più forti si era pure, sulle rovine della Seconda guerra mondiale, sentita la necessità assoluta – tutte le menti migliori e tutto l’empito spontaneo dei popoli della Terra l’avevano affermata, come condizione affinché l’umanità non precipitasse in altre guerre.