Autonomia: i quesiti referendari e la sfida dell’ampia mobilitazione popolare

20 Luglio 2024

Domenico Gallo Consiglio di Presidenza Libertà e Giustizia

Questo contenuto fa parte di uno speciale Riforme Via Maestra

Un’ampia mobilitazione popolare per il quesito referendario che chiede l’abrogazione totale della legge sull’Autonomia. Libertà e Giustizia è mobilitata, con le associazioni de La Via Maestra, nella raccolta di firme: in tutta Italia si stanno costituendo comitati e allestendo banchetti per una mobilitazione necessaria.

Volete voi che sia abrogata la legge 26 giugno 2024, n. 86, “Disposizioni per l’attuazione dell’autonomia differenziata delle Regioni a statuto ordinario ai sensi dell’articolo 116, terzo comma, della Costituzione”?

È un quesito secco, inequivocabile, che esprime una avversione non negoziabile al progetto di rottura dell’Unità della Repubblica e dell’eguaglianza dei diritti, insito nell’Autonomia differenziata, di cui la legge Calderoli è strumento di attuazione.

È significativo che il 5 luglio si siano presentati in Cassazione per depositare il quesito tutti leader dell’opposizione, Schlein, Conte, Bonelli, Fratoianni, Acerbo, Boschi, Magi, La Valle, assieme al Segretario della CGIL, Landini, al Presidente dell’Anpi, Pagliarulo, con Acli, Arci, Cna, Uil, Wwf, Demos, Legambiente, Link, Rete degli Studenti Medi e Unione degli Studenti. Con loro i costituzionalisti Massimo Villone, Gaetano Azzariti e Alessandra Algostino, oltre a personalità politiche come Rosy Bindi e Franco Bassanini. In tutto 34 soggetti, politici, sindacalisti ed esponenti della società civile.

Non si è mai vista una richiesta di referendum sostenuta da uno spettro così ampio di forze politiche e sociali. 

La spinta per questa eccezionale mobilitazione è venuta dal basso, è stata trainata dalla Via Maestra, promossa dalla CGIL con la partecipazione di centinaia di associazioni attive nella società civile. La domanda politica manifestata attraverso innumerevoli iniziative in tutto il paese e la presentazione di una legge di iniziativa popolare, che ha raccolto oltre 106.000 firme, ha travolto le indecisioni e le incertezze delle forze politiche; indecisioni presenti soprattutto nel PD, ove si consideri che il Governo Gentiloni, in articulo mortis, il 28 febbraio 2018, aveva firmato delle pre-intese per l’autonomia differenziata con il Veneto, la Lombardia e l’Emilia Romagna.   

Adesso la partecipazione dei leader di PD e 5 Stelle sta ad indicare che non sono possibili ripensamenti: la richiesta di abrogazione della legge Calderoli lancia una sfida che non si può più ritirare. Di fronte ad un pericolo esiziale, si è creato un fronte popolare, una unità di tipo resistenziale, nel quale partiti con programmi e culture differenti, si ritrovano assieme alle forze sindacali e ai movimenti più attivi nella società civile per mantenere vivi i beni pubblici repubblicani che i Costituenti hanno assegnato al popolo italiano. 

In questi giorni è iniziata la raccolta delle firme su moduli cartacei attraverso i banchetti che saranno organizzati un po’ dappertutto. Fra qualche giorno sarà operativa la piattaforma per la raccolta delle firme on line. È una sfida contro il tempo e contro il caldo dell’estate: bisogna raccogliere oltre 500.000 firme entro il 30 settembre, termine ultimo per il deposito delle firme in Cassazione.

Alla mobilitazione popolare si aggiunge l’iniziativa politica di cinque Regioni governate dal Centro-sinistra che stanno deliberando in questi giorni la medesima richiesta di referendum abrogativo totale della legge Calderoli. Le Regioni, però, hanno deciso di presentare due quesiti: oltre al quesito per l’abrogazione totale, identico a quello presentato in Cassazione, hanno deliberato un secondo quesito per l’abrogazione parziale, utile nel caso che la Corte Costituzionale  dichiari inammissibile il quesito sull’abrogazione totale.  In questo caso, un secondo quesito potrebbe essere un utile paracadute per permettere comunque la consultazione popolare e consentire al popolo italiano di esprimere un chiaro dissenso verso il progetto insensato ed eversivo dell’Autonomia differenziata. Tuttavia, per le Regioni si può dire che la montagna ha partorito il topolino. Il secondo quesito per l’abrogazione parziale appare assai debole; in sintesi, si prevede semplicemente la preventiva determinazione (determinazione, non garanzia)  dei LEP (livelli essenziali delle prestazioni) come presupposto per stipulare le intese.  Che anche le Regioni chiedano il referendum totale è certamente positivo, come segnale politico e come salvagente in caso di mancato raggiungimento delle cinquecentomila firme.

La domanda è: se sia opportuno proporre anche un quesito parziale che presenta un tasso di ambiguità, non essendo idoneo a scardinare la legge. Per questo è importante che vada in porto una forte mobilitazione popolare per la raccolta delle firme. Il valore aggiunto di questa unità di popolo e partiti deve essere messo a frutto senza reticenze. È un’occasione che non può essere perduta

Magistrato, giudice della Corte di Cassazione. Eletto senatore nel 1994, ha svolto le funzioni di Segretario della Commissione Difesa nell’arco della XII legislatura, interessandosi anche di affari esteri, in particolare del conflitto nella ex Jugoslavia.

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