Solo con il “sì” cambierà questa legge elettorale

08 Settembre 2020

Votare Sì, votare No? Meglio 630 deputati o 400? Meglio 315 senatori o 200? Un Parlamento più numeroso ci rappresenta di più, mentre un Parlamento meno numeroso ci rappresenta meglio? È difficile rispondere e non è certo affidandoci ai numeri che possiamo decidere: una proposta identica fu avanzata più volte da chi oggi l’avversa e alla Camera il taglio è stato approvato quasi all’unanimità: 553 voti a favore, 14 no e 2 astenuti.

Ragioni politiche contingenti hanno poi prevalso (far cadere il governo Conte innanzitutto?), ma non è su queste ragioni, a noi sconosciute, che possiamo motivare la nostra scelta né sul risparmio dovuto ai tagli: il valore della democrazia ben supera i suoi indispensabili costi! Il cattivo funzionamento delle istituzioni, del rapporto Parlamento/governo in particolare, dipende solo dai numeri o ha cause più profonde?

È alla radice della rappresentanza che dobbiamo guardare, alla legislazione elettorale che da decenni produce “un’alterazione profonda della composizione della rappresentanza democratica” e compromette la “funzione rappresentativa dell’Assemblea”: sono illegittime le norme che “producono una eccessiva divaricazione tra la composizione dell’organo della rappresentanza politica e la volontà dei cittadini espressa attraverso il voto”, ha dichiarato la Corte costituzionale (sent. n.1/2014).

Ma il legislatore ha percorso ancora la stessa via e, nonostante una nuova sentenza (del 2017), non abbiamo norme conformi a un sistema liberale – e dunque pluralistico – del quale le minoranze sono l’essenza. È dunque indispensabile mobilitarsi per una legge elettorale nuova: proporzionale, con soglia di sbarramento non superiore al 3, e senza liste bloccate. Questa è oggi la vera, indispensabile battaglia nella quale il “popolo”, per Costituzione sovrano, deve impegnarsi per riprendere l’esercizio della sovranità di cui è stato espropriato.

Se, con liste bloccate, la scelta di chi sarà eletto sta unicamente nei vertici dei partiti, gli eletti si sentiranno responsabili soltanto verso i vertici: il loro futuro politico dipende infatti dall’acquiescenza alle direttive imposte, non certo dagli elettori. Pensando ormai a dopo il referendum, bisogna dunque farsi già sentire. Se vince il No nulla verrà più cambiato. Se vince il Sì c’è almeno la speranza che, fra le modifiche rese indispensabili dal taglio, ci sia anche la modifica della legge elettorale. In questa speranza penso di votare Sì. Perché, fra i tanti appelli, non proporne uno sulla riforma elettorale?

Il fulcro dell’organizzazione costituzionale è nel Parlamento “che non è sovrano di per se stesso; ma è l’organo di più immediata derivazione dal popolo”, si legge nella Relazione Ruini all’Assemblea Costituente. E se, nonostante la proposta Mortati di inserire in Costituzione la rappresentanza proporzionale si preferì lasciare la materia alla legge ordinaria, il 23 settembre 1947 venne approvato un importante ordine del giorno: “L’Assemblea Costituente ritiene che l’elezione alla Camera dei deputati debba avvenire secondo il sistema proporzionale”. Un impegno per il futuro.

Il Fatto Quotidiano, 5 settembre 2020

 

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