Il cielo è pieno di rondini. Le colombe bianche di Santo Spirito sono nervose, irrequiete. Si erano fermate soltanto appena avevano visto sorgere la maestosa Super luna, riconoscendo ad essa una indiscutibile priorità.
Era il 1949, quando il partito comunista francese chiese a Pablo Picasso di fare un disegno per il movimento per la pace e lui, si racconta, ricordando le colombe che vedeva quando era bambino, in Andalusia, tracciò quel disegno immortale.E noi le guardiamo, dalle nostre stanze. Quelle in cui siamo reclusi dal 9 marzo. Molto tempo è passato.
Tanto che capita di non ricordare esattamente come fosse “prima”. E dunque di vivere un tempo paradossale: la memoria del passato spesso vacilla mentre non riusciamo nemmeno a immaginare come potrebbe essere il mondo nuovo, quello nel quale siamo già entrati, quello di questa Pasqua 2020. Ci siamo entrati guardando i camion militari con le bare, o la fila d’attesa al crematorio di Trespiano?
Dalle nostre stanze cerchiamo giorno dopo giorno una ispirazione vitale. Spesso ci sentiamo chiedere: ma voi anziani che avete conosciuto la guerra e il dopoguerra, come avete fatto allora? Perché non ce lo dite? No, non è mai stato così. E siccome mi capita di non esser più tanto sicura di me e dei miei ricordi mi sento spesso con amici della mia età, o appena più anziani. Ne ho parlato a lungo con Corrado Stajano, chiuso nel suo isolamento milanese. «Non capiscono che era tutto diverso, non soltanto perché eravamo giovani noi. La guerra era la guerra. Oggi è la peste, un altro universo. Sono sbagliati tutti i riferimenti a quel dopoguerra».
Oggi è un’altra storia. Bisogna cercare altrove ciò che ci serve: fiducia, ispirazione, desiderio di rinascere. Dentro di noi, la poesia, la musica, l’esempio. Nella nostra stanza interiore. Ho visto recentemente scorrere sul mio video un riferimento (e mi scuso se non posso ricordare l’autore che ora non trovo più) a una stanza “interiore”.
E si citava, ad esempio, la stanza nell’Albergaccio di Macchiavelli: «Venuta la sera, mi ritorno in casa, et entro nel mio scrittoio; e in su l’uscio mi spoglio della veste cotidiana, piena di fango e di loto, e mi metto panni reali et curiali; e rivestito condecentemente entro nelle antique corti delli antiqui uomini». Nacque proprio così Il Principe, sul finire di un giorno, attorno al 1513, nella casa di pietra di Sant’Andrea in Percussina.
Anche io mi rivestirò e nella mia stanza interiore passerò questa Pasqua 2020. E consiglierò a chi mi chiede ancora come era stato, dopo la guerra, la rilettura di un brano irriverente di Fred Uhlman, lo straordinario autore de L’amico ritrovato: «Niente resurrezioni, per favore! D’inferni ne basta uno».
Ma ora è Pasqua. E il cielo è pieno di rondini.
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la Repubblica Firenze, 11 aprile 2020