Mi sveglio ogni mattina con le campane di Santo Spirito. Un suono tanto antico e familiare che potrebbe illudere: niente è cambiato. E nei giardini che crescono sotto la basilica fioriscono come sempre le margherite. Sono una dei tanti vecchi, vecchissimi, che passa a Firenze questo tempo da sola, in una casa piena delle impronte lasciate dal tempo del “prima”.
Sono nata a Pisa, sono stata a balia nella campagna tra Pisa e Lucca, ho vissuto e studiato a Firenze, ho avuto un padre uomo di cultura e sindaco di Firenze che riposa insieme alla mamma a San Miniato al Monte. Ho diretto “Il Tirreno” giornale della Toscana. Questo per dire che se oggi mi sento di esprimere un atto d’amore e fiducia per questa città e questa terra forse ho le credenziali giuste.
Dimenticavo di dire che a Firenze ho vissuto i drammatici giorni dell’ occupazione e della Liberazione. Un atto d’amore e, sembrerò patetica, di fierezza. Lontana, lontanissima da figlie e nipoti, la sera, come a tutti, sembra non venire mai. Ma via via che trascorrono le ore mi accorgo che non è vero, il tempo è fuggito via, arrivano la sera e altre campane. Non vorrei essere in nessun altro luogo, se queste ore e questa solitudine devo vivere.
In fondo, penso, quando tutto questo sarà finito, i sopravvissuti potranno davvero costruire un mondo diverso e allora cercheranno qualcosa che non sia franato via, qualcosa a cui appigliarsi per costruire una storia più giusta e più bella. Loro, se vorranno, potranno evitare tanti degli sbagli che le generazioni del “prima” hanno commesso, per cattiveria, per ignoranza, per disprezzo. Quindi potranno “rinascere” da Firenze, dalla Toscana, dalla storia migliore che hanno alle spalle.
Da qui, dalle campane di Santo Spirito, rinascerà il tempo del “dopo”, la Firenze del dopo, l’Italia del dopo. Non è retorica. Dobbiamo essere all’ altezza di quelli che verranno. In un mondo che ogni giorno ci parla di topi e pipistrelli, io guardo le colombe bianche che ogni mattina mi salutano, mi portano un bacio dei miei cari, mi ricordano che dietro quelle mura c’è un Crocifisso di Michelangelo. Aveva diciassette anni quando si rifugiò nel convento.
la Repubblica – Firenze, 28 marzo 2020