Inghilterra/Un secondo referendum è possibile. Stavolta Brexit perderà

10 Febbraio 2018

«Un secondo referendum è possibile. E possiamo vincerlo 60 a 40 per cento». Sarà un lord che sembra uscito da un romanzo di Dickens a fermare la Brexit? Andrew Adonis è figlio di un immigrato cipriota venuto in Inghilterra a fare il cameriere, sua madre abbandona la famiglia quando lui ha 3 anni, finisce in orfanatrofio, vince una borsa di studio per una scuola privata, si laurea a Oxford, fa il giornalista al Financial Times, da dove nel 1998 Tony Blair lo prende a Downing Street.

Più volte ministro, nel 2005 viene nominato alla camera dei Lord e nel 2015 è chiamato dal conservatore David Cameron a dirigere la Commissione Nazionale Infrastrutture, da cui si è dimesso due mesi fa per protesta contro il governo di Theresa May. In passato pensò di candidarsi a sindaco di Londra, ora questo 54enne Oliver Twist laburista avrebbe credenziali da primo ministro. Ma la sua priorità è impedire l’uscita della Gran Bretagna dall’ Unione Europea.

Non è troppo tardi per capovolgere la Brexit?
«La Brexit non è un fatto compiuto. Il Regno Unito fa ancora parte della Ue. E i recenti voti in parlamento dimostrano che la premier non ha una maggioranza in nessuna delle due camere. Ci sono le premesse perché il Parlamento bocci l’ accordo finale sulla Brexit, quando May lo presenterà in autunno, e approvi un referendum da tenersi nel febbraio 2019, un mese prima della data in cui dovrebbe concludersi il negoziato».
E come pensa di vincerlo?
«Mobilizzando i giovani, nella stragrande maggioranza contrari alla Brexit, in modo da portarli alle urne più di quanto avvenne nel 2016. E con una coalizione fra il Labour, il business e un drappello di deputati Tories europeisti».

Il leader laburista Jeremy Corbyn non è favorevole a un secondo referendum.
«Un fattore cruciale sarà convincere Corbyn a cambiare idea. E sono convinto che la cambierà. Non posso credere che chieda al Labour di votare con i conservatori a favore dell’ accordo sulla Brexit. Ogni volta che ha dovuto scegliere, Corbyn ha finito per schierarsi per la Ue. Lo farà anche in questo caso». 

Con chi lavorerete? «Con Blair, l’ex-leader liberaldemocratico Nick Clegg, l’avvocatessa dei diritti umani Gina Miller, e soprattutto con i ragazzi della neonata organizzazione Our Future Our Choice (Il nostro futuro, la nostra scelta, ndr), per costruire una grande campagna sui social e porta a porta. Credo che possiamo vincere nettamente, 60 a 40 per cento». 

Con quali argomenti? «I danni per la nostra economia sono già sotto gli occhi di tutti.
Ma a differenza della campagna per il primo referendum, guidata da Cameron che era in realtà un euroscettico, difenderemo anche l’ ideale europeo. Ricordando agli inglesi che la Gran Bretagna ha sempre dato il suo meglio quando ha guidato l’ Europa, non ritirandosi su se stessa: da Elisabetta I a Churchill nella seconda guerra mondiale fino a Margaret Thatcher, che insieme a Miterrand e Kohl fece cadere il muro di Berlino, sconfisse il comunismo e diffuse benessere in tutto il continente».

la Repubblica, 6 febbraio 2018

 

 

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