Il documento di Libertà e Giustizia pubblicato domenica 4 giugno su la Repubblica ha il nostro pieno apprezzamento e la nostra condivisione, ponendo al centro la questione della partecipazione, che avvertiamo come urgente da anni e alla quale avevamo infatti dedicato un libriccino, Appartiene al popolo, pubblicato nel 2014.
Da anni riscontriamo un calo della partecipazione degli elettori agli appuntamenti elettorali, senza che questo abbia suscitato la necessaria preoccupazione nelle forze politiche che hanno pensato a mettere in campo sempre più spesso interventi volti a chiudere rispetto alla possibilità per i cittadini di incidere sulle scelte pubbliche.
Il caso più eclatante è stato proprio quello dell’ultima revisione costituzionale, che avrebbe tolto agli elettori un’ulteriore scheda (quella per eleggere il Senato, la cui composizione sarebbe stata giocata dai partiti nel chiuso dei Consigli regionali) e avrebbe compiuto – in combinato con una legge elettorale poi giudicata perfino incostituzionale – quella “verticalizzazione” del potere di cui da anni si afferma la necessità. Crediamo che sia proprio il contrario, che il potere debba essere più orizzontale, che ciascuno debba, con il proprio voto, anzi con i propri voti (nelle elezioni come nei referendum e attraverso ulteriori forme di partecipazione), avere una sempre crescente possibilità di incidere sulla determinazione della politica nazionale.
E questo è in effetti quanto i cittadini hanno detto chiaramente il 4 dicembre 2016, con il referendum costituzionale che ha visto la più grande partecipazione di sempre, con oltre il 65% degli aventi diritto, quasi il 60% dei quali ha respinto quel tentativo di verticalizzazione del potere. Si è trattato – come ricordano Montanari, Bonsanti e Zagrebelsky – di un risultato straordinario, raggiunto, contro il dispiegamento di tutti gli strumenti a disposizione del governo, da quasi 20 milioni di persone, oltre i due terzi di tutti quanti avevano votato alle precedenti elezioni su scala nazionale (le europee 2014).
Da questo certamente bisogna ripartire per impedire che nella prossima legislatura si ripeta la chiusura rispetto alle istanze espresse dagli elettori alla quale abbiamo assistito in questa.
Per questo è necessario anzitutto richiamare tutti coloro che siedono in Parlamento ad abbandonare l’ennesimo tentativo di approvare una legge che serva soltanto ai partiti, ai loro accordi e ai loro equilibri interni, per approdare, invece, a un sistema elettorale che consenta agli elettori di scegliere gli eletti, anziché affidarsi a un simbolo e a un leader, anche considerato che con questi ultimi non abbiamo solitamente avuto troppa fortuna. Non tutto, però, può risolversi in termini di sistema elettorale o istituzionale: serve anche il coraggio delle scelte politiche, la loro chiarezza, la loro capacità di contrapporsi, di essere alternative le une alle altre dando a ciascuno la possibilità di scegliere. Se per quanto abbiamo appena detto è evidente che per noi esistono una destra e una sinistra, è altrettanto chiaro che queste appartenenze non derivano da vincoli di discendenza partitica o da passati posizionamenti.
L’alternativa tra la destra e la sinistra (tra un’idea che mira a conservare un certo equilibrio sociale e una che mira ad aprirlo) dipende dalle proposte: è un’alternativa programmatica. Quindi, raccogliendo gli ottimi impulsi lanciati da Libertà e Giustizia nel documento del 4 giugno, consideriamo che proprio da qui sia necessario ripartire: da una proposta programmatica progressista, che apra il cammino a equilibri sociali più avanzati, riducendo le disuguaglianze e offrendo a tutti maggiori opportunità, attraverso azioni del governo in Italia e in Europa che rimuovano quegli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese».