Renzi ingaggia il guru dagli Stati Uniti perconquistare gli indecisi del referendum

03 Ottobre 2016

Il team-leader è il socio del guru Jim Messina, si chiama David Hunter, un cognome in questo caso altamente simbolico: «Cacciatore». La sua war room è nelle sale che furono dell’Ulivo nel centro di Roma e la sua preda tipo è quel signore che «non sa o non risponde» quando gli si chiede cosa voterà al referendum. Nella legge dei grandi numeri, che sono la passione degli americani, l’indeciso da convertire occupa uno spazio di circa il 15% di quel 35% di italiani che ancora «non sa» cosa fare. Hunter da stasera comincerà guarda caso proprio a Firenze il training di volontari sul campo, quelli del «porta a porta», chiamati ad un compito delicatissimo. Affiancato in ogni regione da chi sta nei comitati locali «Basta un Sì» e dai responsabili regionali del partito, il team di Hunter dovrà motivare, caricare, addestrare i volontari al match corpo a corpo con gli elettori. Con una regola base: toccare cinque punti precisi ma non parlare di cosa fa il governo, perché la preda potrebbe non amare l’esecutivo e le sue gesta, ma potrebbe invece gradire il taglio della Casta.

Andare oltre il Pd 

La mission è uscire dalle stanze del Pd e parlare al Paese reale. La struttura usata però è quella del partito, la macchina regionale che attraverso i vecchi circoli crea presidi locali: ogni «federazione» ha un gruppetto di persone che si occupano referendum, allargato alla rete di volontari. E questi volontari dovranno trovare amici o colleghi da reclutare. È la logica del non lasciar nulla di intentato che ispira il corteggiamento degli italiani all’estero messo in campo dalla Boschi in Sud America, da Sandro Gozi in Europa, dal capo dei Comitati Roberto Cociancich, fedeli all’input del premier «ventre a terra».

Alto tasso di redenzione

Il format farà il giro delle regioni perché la mission dei volontari, per il guru americano di Renzi, riveste un’ importanza capitale: «Loro – raccontano gli uomini del premier – ritengono che una percentuale attorno al 15% del campione che non sa o non risponde può convincersi della bontà della riforma». E di questi una percentuale dal 3 al 6% di coloro che pensano di votare «no» può essere redenta. «In termini tecnici una redenzione molto alta, enormemente superiore a quella che si può ottenere con il contatto virtuale». Lo strumento del «porta a porta» è usato spesso nelle campagne americane e sulla base della loro esperienza elettorale il contatto diretto fa ottenere una performance che viene misurata dagli strateghi del Sì con questa percentuale.

Cinque assi nella manica 

Nel format sono cinque i temi che il volontario deve saper raccontare: la semplificazione legislativa; la differenza tra tempo medio di approvazione oggi con il sistema bicamerale (l’omicidio stradale ha impiegato anni, esempio simbolico) e con un sistema di fatto monocamerale; 2) riduzione del numero dei parlamentari; 3) ritorno di alcune funzioni rilevanti allo Stato. E qui va usato l’esempio della promozione turistica affidata alle singole regioni, la manifestazione in Cina dove erano presenti stand di quasi tutte le regioni italiane; 4) il rapporto equilibrato tra Stato e regioni con il nuovo ruolo del Senato; 5) la complessiva semplificazione dello Stato, più leggero e più veloce, con risparmi determinati dalla trasformazione del Senato, i 500 milioni di euro contestati dagli oppositori.

E l’avvertenza ai volontari è di evitare altri argomenti inerenti le politiche del governo, motivata con l’esigenza di focalizzare tutta l’attenzione sulla riforma: per prendere anche i voti di coloro che non hanno un buon giudizio del governo Renzi. Nel caso in cui il cittadino si mostri d’accordo con la riforma, sarà invitato a dare la sua disponibilità a fare il «porta a porta» con colleghi e amici; nel caso in cui si dica pronto a votare no, bisogna chiedergli qual è il motivo prevalente. Che va segnalato nell’apposita scheda del volontario. In modo tale che sia sviluppato un settore della banca dati con i motivi ricorrenti di chi dice no. Per preparare le risposte che esponenti politici in tv o negli incontri cercheranno di focalizzare per cambiare gli orientamenti prevalenti del no.

La Stampa, 30 Settembre 2016

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