L’Enciclopedia Treccani caratterizza come «disciplina accademica e ambito di riflessione interdisciplinare che si occupa dell’analisi razionale dei problemi morali emergenti nell’ambito delle scienze biomediche, proponendosi di definire criteri e limiti di liceità alla pratica medica e alla ricerca scientifica, affinché il progresso avvenga nel rispetto di ogni persona umana e della sua dignità». è invece l’«area delle discipline giuridiche in cui si affrontano i problemi inerenti alla tutela della vita umana e alle implicazioni giuridiche che derivano dalle scienze mediche e dall’evoluzione tecnologica che ormai le caratterizza».
Il confronto che oppone posizioni diverse in Parlamento e divide la società fino a rianimarne nelle piazze la voglia di partecipare alla vita pubblica riguarda ora la questione del riconoscimento e della protezione delle unioni omosessuali. È anche annunciata la ripresa della discussione di una legge sui problemi di fine vita. Sono temi di stretta attualità, ma altri se ne sono presentati e verranno in discussione, che toccano l’ambito dell’etica e quello diverso del diritto dello Stato.
Sul terreno della bioetica, entra in campo il biodiritto; la prima si nutre di discussioni, il secondo esige decisioni. Si tratta di questioni che toccano da vicino la vita delle persone; alcune emergono per l’evoluzione dei costumi e degli stili di vita, mentre altre sono rese possibili dai veloci sviluppi delle ricerche e delle applicazioni tecnologiche nel campo della biologia, delle scienze della vita e della cura della salute. Legate al patrimonio di valori e credenze di ciascuno, esse pongono interrogativi spesso gravi e sempre suscettibili di risposte diverse: sono gravi poiché in gioco sono aspetti fondamentali e talora drammatici della vita delle persone, e sono inevitabilmente controversi perché le risposte variano anche radicalmente a seconda dei valori di riferimento.
Dignità personale
Dello studio di tali e tanto varie questioni e possibilità si occupa la bioetica, che affronta problemi riguardanti il tempo della nascita e quello della morte, insieme a molte vicende umane che si susseguono nel frattempo. Le recenti tecniche di fecondazione medicalmente assistita, la gestazione per conto di altri, l’interruzione della gravidanza, l’uso di certi farmaci anche in rapporto al loro costo, le terapie antidolore e l’accompagnamento della fine della vita, la cessazione dell’alimentazione e dell’idratazione, l’aiuto al suicidio e altre ancora sono le questioni che più frequentemente chiedono a medici e ricercatori (ma anche ai congiunti dei malati) e a specialisti di studi etici di dare risposta a interrogativi etici. Accade allora che si richieda a legislatori e giudici (per questi ultimi, ineludibilmente e spesso urgentemente) di trovare soluzioni per regolare tali vicende attraverso il diritto. Alla bioetica si affianca allora il biodiritto, nella reciproca indipendenza, ma anche con evidenti connessioni.
I casi che sollevano problemi etici sono molto diversi l’uno dall’altro e difficilmente riferibili a criteri di valutazione comuni, se non in termini molto generali. Probabilmente gli unici criteri unificanti sono quelli che richiamano la dignità della persona in ogni circostanza e, in tema di trattamenti medici, il requisito del consenso di chi li riceve. Quest’ultima condizione è strettamente legata al rispetto della dignità della persona.
I pareri dei Comitati
Ma da un lato la portata concreta della dignità da rispettare non è rigorosamente definibile e la relativa nozione non è priva di una qualche genericità che legittima opinioni diverse tra coloro che pure a essa si richiamano. D’altro lato il valore centrale della dignità della persona (posto all’art. 1 della Carta dei diritti fondamentali della Ue) è talora messo alla prova dalla concorrenza di altri valori rispetto a esso eterogenei e soccombenti, ma non per questo privi di peso. Basta pensare alla ricerca scientifica e alla sperimentazione che la consente, in vista di progressi nella cura dei malati.
Per lo studio dei temi di bioetica sono istituiti nei vari paesi d’Europa Comitati nazionali di bioetica, Comitati negli ospedali, nelle Università ecc. I loro pareri hanno talora il solo valore di suggerimenti autorevoli, altre volte sono invece vincolanti, come quando si tratta di autorizzare una sperimentazione clinica. Quando però dalla bioetica si passa al biodiritto, manca una simile strutturazione degli studi e del dibattito utili all’elaborazione del diritto destinato a regolare i vari casi. Evidentemente vi è, in Italia come altrove, un vivace lavoro di studiosi del diritto, alla ricerca delle soluzioni adeguate e, prima ancora, della risposta al quesito preliminare sulla necessità o desiderabilità di una disciplina legislativa. Un esempio recente di rigorosa divulgazione dello stato del dibattito sui principali problemi è rappresentato dall’agile volume di Stefano Canestrari, penalista e componente del Comitato nazionale di bioetica (Principi di biodiritto penale, ed. Mulino).
Ma quando di una singola questione si occupa il Parlamento vi è il rischio che il criterio decisionale rappresentato dalla volontà della maggioranza prevalga su quello, proprio delle democrazie costituzionali moderne, del rispetto delle minoranze; il rischio cioè che venga meno la prudenza nell’imporre a tutti soluzioni legislative dipendenti dalle concezioni etiche della sola maggioranza.
Lo scontro politico
In Parlamento poi agli argomenti di merito spesso si sovrappongono lo scontro politico tra i gruppi e la loro tendenza a lanciare messaggi ai gruppi di elettori di cui cercano il consenso. Ne è esempio la vicenda italiana della legge sulla fecondazione artificiale, manifesto politico per i partiti che la approvarono, che a poco a poco ha dovuto essere smantellata nelle sue assurdità dalla Corte costituzionale e dalla Corte europea dei diritti umani. In attesa della conclusione in Parlamento, si può temere che altro esempio possa esser costituito dalla prossima legge sulle coppie omosessuali, con il tema della filiazione che vi è legato.
La natura di molti dei casi che ricadono nel campo vasto della bioetica è tale per cui la loro disciplina per legge è problematica e talora forse persino negativa. La legge infatti è generale e astratta, mentre le vicende sono specifiche e concrete, diverse ogni volta per aspetti inattesi, che il legislatore non può prevedere e ancor meno soppesare nella loro effettiva portata. Come definire, per esempio, il confine tra l’obbligo di prestare le cure mediche disponibili e la sproporzione che in concreto si traduce in accanimento terapeutico, vietato dalla deontologia medica e dal sentimento di umanità?
Prudenza e realismo
La prudenza consigliabile al legislatore nell’entrare in troppi dettagli, resistendo alla tentazione di troppo regolamentare, lascia però aperta la possibilità che sia disciplinata la procedura da seguire. Proprio la difficoltà di accertare le condizioni di un intervento o della cessazione degli interventi consiglia, ad esempio, che intervenga il parere di più persone, che tutto venga adeguatamente documentato, ecc. Consiglia cioè che l’ineliminabile rinvio alle decisioni responsabili dei medici sia accompagnato dalla garanzia della ponderatezza delle decisioni.
In altri e diversi casi, invece, la legge è indispensabile. Se la regola generale è quella della minima estensione della previsione di sanzioni penali per ciò che si ritiene di vietare, vi sono esigenze di regolamentazione civile e amministrativa che non si possono lasciare senza risposta. Ad esempio l’identità anagrafica e lo status di famiglia e cittadinanza di nati come frutto di pratiche ammesse all’estero e vietate in Italia sono aspetti ineludibili del principio di certezza dello stato della persona. Una legislazione realistica che garantisca eguaglianza, certezza e rispetto per i diritti fondamentali di tutti è indispensabile. L’idoneità dell’intervento di una disciplina di legge è dunque diversa nei vari casi che ricadono nel campo della bioetica. L’area della bioetica non coincide con quella del biodiritto, almeno se per biodiritto si intende il diritto legislativo. Sopra la legge, vi è infatti comunque il diritto della Costituzione e delle Carte dei diritti fondamentali, cui si richiamano i giudici chiamati a decidere le controversie che sorgono nei casi concreti.
La Stampa, 1 febbraio 2016