Il tempo come si è detto ad Atene, come dicono in Spagna e come ripeteremo a Roma è, davvero, ora!. Così Marco Revelli, storico e sociologo, chiude un suo editoriale La «grande onda» mediterranea che restituisce il senso alla politica apparso sul Manifesto. Il 14 febbraio L’altra Europa con Tsipras ha organizzato un corteo a Roma, a sostegno della Grecia e contro le politiche di austerità. In piazza Sel, Rifondazione Comunista, Sinistra Pd, Sinistra critica e altre sigle; sfilano partecipanti con le felpe rosse della Fiom e sfilano quelli con le bandiere rosse. Non piove, c’è anche la Brigata Kalimera, tutti quanti fino al Colosseo gridando Syriza, Podemos, venceremos, per dire basta a un’Europa-fortezza, per testimoniare solidarietà ai migranti che continuano ostinatamente a spostarsi e morire. Ma cosa vinceremo? Dalla parte giusta è uno degli slogan più scanditi della manifestazione, che vuole inaugurare anche per l’Italia una nuova stagione politica.
Un San Valentino di lotta e di governo, dunque, per usare un’espressione sincretica di quasi 40 anni fa. Era il 20 giugno 1976, quando Enrico Berlinguer, davanti alla duplice vittoria della Dc e del Pci, definisce con queste parole l’ipotesi morotea di una corresponsabilizzazione dei comunisti (in maggioranza riluttanti a intese coi loro nemici storici, i democristiani, e decisi a mantenersi duri e puri, ossia partito di lotta) nella convinzione che, arrivati a una svolta della storia politica nazionale per volontà degli elettori e non dei partiti, spettasse anche al secondo schieramento italiano (il Pci) assumersi responsabilità di governo, pur restando per concezione, tradizione e abitudini una formazione di lotta. Peppone a braccetto con don Camillo, insomma. Più complesso ora capire chi abbracci chi, chi prenda le distanze da chi. E anche chi festeggi la festa degli innamorati, chi quella dei separati e gridi all’Aventino, chi addirittura la festa dei traditori.
E grigio il colore delle 50 sfumature al debutto nei cinema, in un’orgia di frustini, manette e mascherine sadomaso a sancire il trionfo del controamore, mentre è rosso il colore di questa piazza greca in casa nostra per creare un’altra Europa una controEuropa appunto del futuro e del lavoro. In alternativa a quella dei poteri finanziari, della troika, delle banche e dei grandi evasori fiscali raccontati dalla lista Falciani, di professione allertatore finanziario. Rispetto al Pd di governo, che va avanti senza fermarsi, c’è chi nel Paese si è fermato da un pezzo perché non ce la fa più a correre e neppure ad andare semplicemente avanti. Due velocità diverse che hanno protagonisti diversi: Renzi, futuribile turbovelocista, da un lato; Tsipras, un greco divenuto velocità, dall’altro.
Domani saranno nelle vie di Parigi e Londra a manifestare per un’Europa dei cittadini, dei diritti, della democrazia. Contro il ricco che diventa più ricco con un meccanismo che ha spiegato benissimo l’economista francese Thomas Piketty. Mentre, dal canto suo, il filosofo polacco Slavoj Zizek sostiene (sull’Espresso) che solo un nuovo pensiero radicale può sconfiggere i fondamentalismi, generati dal perverso funzionamento del liberismo, che la minaccia non è esterna ma interna all’Occidente ed è la sua decadenza, come aveva già intuito Nietzsche. La minaccia dell’apatia, dell’antipolitica, del non voto, della piazza incontrollabile, populista, agitata come uno spettro foriero di sciagure. La piazza, le piazze e le lepri pazze. Ma intanto il tempo è maturo, il tempo è ora: sulle note di un sirtaki, trasformato in pizzica e taranta, la musica ricomincia. Vincerà la crisi? Bella ciao.
Micromega, 15 febbraio 2015