Una due giorni intensa, quella organizzata dal circolo di Libertà e Giustizia Perugia sui temi della Bioetica il 29 e 30 novembre. L’evento – giunto alla terza edizione – ha raccolto, sotto il titolo “Responsabilità della medicina e speranze dell’uomo”, medici, giuristi e operatori della giustizia, ricercatori e docenti provenienti da diversi ambiti disciplinari, uniti dalla volontà di confrontarsi sui temi di stretta attualità che emergono in ambito scientifico. Primo fra tutti, quello della sperimentazione, sull’uomo e sugli animali. «La sperimentazione – spiega Gilberto Corbellini, storico della medicina a “La Sapienza” di Roma – è alla base dei successi della chimica e della farmacologia. Nel corso del tempo, la sensibilità è mutata e la parte etica è oramai fondamentale per una buona scienza: il solo giuramento ippocratico non basta più». Se dunque sperimentare sull’uomo è legittimo, non possono non esistere dei limiti: «alle responsabilità scientifiche, si aggiungono quelle etico-deontologiche», spiega Mauro Bacci, Direttore della Scuola di Specializzazione in medicina legale dell’Università di Perugia. «La storia della sperimentazione è inscindibile da quella della medicina, ma non per questo ogni ricerca è automaticamente legittima: il medico sperimentatore deve seguire non solo procedure e regolamenti, ma anche principi di ragionevolezza e prudenza».
Di fondamentale importanza, a questo proposito, il consenso informato espresso dal paziente, questione delicata, che solleva un paradosso e una necessità: il paradosso, cui deve far fronte il singolo scienziato, è quello di prevedere quanto più possibile il rapporto rischio-benefici nell’attività di sperimentazione, a fronte, però, dell’intrinseca incertezza che ogni azione sperimentale porta inevitabilmente con sé; la necessità è quella che il medico ricercatore possa far valere conoscenze non solo scientifiche, ma anche umanistico-psicologiche, che facilitino il rapporto di comunicazione con il paziente e dunque l’effettivo godimento, da parte di quest’ultimo, dei propri diritti. Non indifferente, poi, il tema dei costi della sperimentazione: in alcune regioni italiane il necessario parere del comitato etico ricade sulle tasche dei singoli ricercatori, che spesso non sono dunque incentivati ad operare su un piano sperimentale, o a farlo in maniera occulta. Meccanismi, questi, che facilitano la ricerca delle grandi industrie, solide sul piano finanziario, a tutto danno della cosiddetta sperimentazione spontanea, basata sull’intuizione del singolo.
Carlo Riccardi, docente di Farmacologia e Direttore del Dipartimento di Medicina dell’Ateneo perugino, ha affrontato, anche dal punto di vista tecnico, le opportunità della sperimentazione animale, spiegando come l’analisi comparativa possa aiutare a prevede molte delle reazioni di terapie e farmaci nell’uomo.
Fausto Grignani già, tra le altre cose, Presidente del Consiglio di Corso di Laurea in Medicina e Chirurgia presso l’Università di Perugia ed autore di numerosi lavori scientifici pubblicati su riviste internazionali, ha affrontato il complesso tema “La scienza, la medicina e la naturalità dell’umano”. L’uomo, che vive di selezioni di possibilità, all’interno del confine (insuperabile) della mortalità, si adatta continuamente a nuove condizioni. Ogni intervento sperimentale, dunque, incide su una natura, quella umana, che cambia autonomamente.
La Scuola di Perugia ha approfondito in modo adeguato anche il tema del rapporto tra diritto e scienza biomedica. «Anzitutto – ha spiegato Alessandra Pioggia, docente di Diritto Sanitario all’Università di Perugia – esistono vincoli negativi: il giudice non può mai sostituirsi allo scienziato, esiste un nucleo della scienza che è intangibile, anche dalla scelta legislativa e, dunque, politica». Tra i vincoli positivi, risiedono quegli obiettivi e quelle finalità che la legge deve perseguire nella relazione con la scienza medica, al fine di realizzare il disegno costituzionale della tutela del diritto alla salute. Detto in altri termini, se la scienza ci dice cosa è possibile, il diritto individua cosa è lecito, ma può farlo solo nel rispetto dei principi di proporzionalità e ragionevolezza.
Il magistrato Fausto Cardella ha affrontato uno dei casi di attualità più recenti e più discussi: le cure proposte dal metodo Stamina. Simili terapie possono essere messe a carico della collettività? Per riflettere sul quesito sono state prese in esame pronunce di diverso orientamento. «In assenza di una base scientifica – ha spiegato Cardella – la sanità pubblica non può erogare un servizio». Così come è errato equiparare le cure del metodo Stamina alle cure compassionevoli, dal momento che per queste ultime la sperimentazione è in corso. «Il giudice non deve essere buono, ma giusto: il diritto alla pietà può essere molto dannoso».
Non è mancato, nella due giorni perugina, il punto di vista filosofico, con Enzo Sorrentino, professore di filosofia politica presso l’ateneo del capoluogo umbro, che ha proposto un’indagine sui temi della laicità. Le norme – questa la riflessione del filosofo – nel momento in cui intervengono sui temi bioetici, sono inevitabilmente di parte, anche quando si propongono di essere neutrali.
Ma quali sono le frontiere dell’intervento sulla natura umana? Ne ha parlato, a chiusura della Scuola, Paolo Benanti (Francescano del Terzo Ordine Regolare, docente di Teologia morale e bioetica a Roma, Assisi ed Anagni), con specifico riferimento all’enhancement, termine anglosassone che descrive i più recenti sviluppi delle tecnologie bio-mediche, finalizzate, in assenza di scopi terapeutici, a potenziare le caratteristiche degli individui. Uno sguardo al futuro, che ha rappresentato la perfetta chiusura di una due giorni di prezioso approfondimento.
Libertà e Giustizia, ancora una volta, ha inteso garantire uno spazio in cui trattare temi troppo spesso trascurati nel dibattito pubblico (a causa di una “indifferenza interessata” della politica: meglio non affrontare, ça va sans dire, temi che possono dividere), prestando la giusta attenzione ad una materia, quella della bioetica, con più punti di domanda che risposte e che, proprio per questo, deve essere oggetto di discussione.