L’intervento di Vannino Chiti

17 Luglio 2014

Signor Presidente, come sa – lo dico ai colleghi – ho chiesto di poter parlare nei tempi che sono previsti dal Regolamento non per allungare di cinque minuti questa discussione (non e` questo il mio intento), ma perche´ il mio intervento non e` facile, come altre volte mi e` capitato nel mio impegno politico.
Devo dire che e` sempre su temi costituzionali o di leggi elettorali o di referendum che mi trovo ad avere posizioni differenti da quelle del partito di cui faccio parte. Questo non e` facile, perche´ certamente non fa piacere, non e` motivo di gioia: la mia esperienza e` quella di un uomo di partito, perche´ penso che i partiti siano importanti e fondamentali nella vita democratica, ma penso anche che ognuno di noi deve rispondere alle proprie convinzioni e alla propria coscienza, almeno sui temi che riguardano la Costituzione.
La mia convinzione e` che questa proposta di riforma, cosı` com’e` ora, seppur con dei miglioramenti – di cui poi daro` atto – che sono intervenuti in Commissione rispetto al testo iniziale, non funzioni in diversi e per me fondamentali aspetti, non sia in grado di innovare in modo positivo la vita delle nostre istituzioni e soprattutto indebolisca o faccia venire meno equilibri e contrappesi fondamentali tra i poteri dello Stato.
La Costituzione non e` fatta solo di articoli, ognuno dei quali si giudica e si dice quale ci piace di piu` e quale di meno: e` un quadro d’insieme. Posso anche modificare nel senso che a me fa piacere un articolo, ma se questo scompone il tessuto connettivo con gli altri, la Costituzione, per quello che le Costituzioni devono essere, non funziona.
Dico questo con rispetto e con stima vera verso i relatori, che conosco da una vita e so quanto sia difficile il loro lavoro, e, voglio dire, anche verso quanti in questo Senato non la pensano come me.
In quest’Aula si svolge ora l’unica vera fondamentale discussione che avremo, giacche´ sappiamo tutti che, quando questa riforma tornera` dalla Camera, se sara` stata modificata la discussione sara` sui punti di modifica, se non sara` stata modificata non si potranno presentare neppure ordini del giorno. Ebbene, mi auguro che almeno in quest’Aula, come fino ad ora e` stato, in questa vera e unica seria discussione che ora si svolge si eviti il ricorso a slogan che non sono degni di un confronto come quello che deve esservi sulla Costituzione e sulle istituzioni della nostra Repubblica.
Non si improvvisino costituzionalismi d’accatto su quando l’articolo 67 e` valido: se comincia o finisce in Commissione, se ritorna o termina in Aula. Non si proceda cosı`. Questo ha disturbato il confronto che vi e` stato, e mi auguro quindi che almeno in questa sede sia evitato.
Ritengo, signor Presidente, che oggi, cioe` nel 2014, piu` che mai partecipazione e governabilita` devono non essere tra loro contrapposti, ma che siano due facce della stessa medaglia. Ritengo che piu` che mai i controlli risultino essenziali nel decifrare la qualita` di una democrazia, perche´ senza controlli, senza cioe` limiti a chi esercita il potere, non esiste la democrazia.
Non si tratta soltanto di un rapporto tecnico tra le istituzioni, e` il diritto di noi in quanto cittadini di vivere in una comunita`. Ora, quello che in Italia manca, cioe` manca non nel progetto di riforma,
ma mancava anche prima secondo me, ed e` una mancanza che ora rischia di accentuarsi ancora di piu`, e` proprio questo equilibrio tra i vari poteri.
Si elegge direttamente il sindaco, e per me e` cosa buona e giusta. Ma si sono ridotte ad uno scarso ruolo le assemblee comunali, e questo e` sbagliato, non era e non e` inevitabile. Cosı` e` avvenuto per le Regioni. Si elegge il Presidente della Regione, ma insieme ai Consigli regionali. Quel simul stabunt simul cadent che noi allora Presidenti di Regione, come forse il collega Martini ricordera`, dicevamo
che era sbagliato: era il 1991, o comunque in quegli anni, e quanti anni sono passati? Mi pare 23. Ecco stiamo attenti, perche´ quello che si fa sapendo che e` sbagliato ci vorranno forse decine d’anni per modificarlo, ma produce guasti in qualche mese. Non e` che se compio un errore poi l’errore si modifica in qualche mese. E questa simultaneita` dell’elezione del Presidente e delle Assemblee regionali rende oggettivamente subalterne e a rischio di ininfluenza queste ultime. Non so se vi capita di leggere, come qualche volta io faccio, a proposito del dibattito nelle Regioni italiane: all’inizio non ho trovato un Presidente che diceva «o cosı` oppure si scioglie il Consiglio». Ebbene, comincia ad essere frequente, cari colleghi. Comincia ad essere piu` frequente. Non funziona cosı` la democrazia. Non e` cosı` altrove.
Ora, a livello nazionale abbiamo controlli scarsi per la nostra cultura politica, che e` diversa da quella anglosassone. E ` questo un limite nostro, che ci portiamo dietro, non della riforma, dovuto all’assenza di strumenti e anche di regole a disposizione. Se si presenta ad esempio una interrogazione urgente – di question time non ne parliamo – la risposta arriva dopo tre o quattro mesi. Quante volte ne abbiamo parlato? A questo, si  accompagna uno spostamento oggettivo di peso decisionale sul Governo.
Alcune forze parlano di elezione diretta del Presidente della Repubblica, come Forza Italia e NCD, mentre sostengono contemporaneamente che i cittadini non devono eleggere piu` neanche i senatori.
Da un lato, la politica nel suo insieme, anche noi che non condividiamo queste impostazioni, viene a perdere di credibilita` e di autorevolezza con questi acrobatismi incredibili, con questi tatticismi in cui tra il dire e il fare non c’e` alcun rapporto; dall’altro, si allunga un’ombra inquietante sul nostro futuro.
Non e` l’ombra della possibile elezione del Presidente della Repubblica da parte dei cittadini. Se a me presentate il modello degli Stati Uniti d’America, con l’elezione diretta del Presidente, che e` anche capo del Governo, con una Camera e un Senato eletti direttamente dai cittadini, che hanno le loro funzioni e la loro autonomia io la firmo e la voto subito, e sostengo anche il referendum!
No. L’ombra e` quella di un Presidente eletto senza contrappesi autonomi, senza Camera e Senato forti e legittimati. E ` quella di un modello regionale che diventa nazionale, mentre dovrebbe essere profondamente corretto. E mi inquieta che, su «L’Avvenire» di questa mattina il Ministro delle riforme dica esattamente questo: facciamo presto a risolvere il problema del Senato, poi ci sara` il presidenzialismo, poi non si sa cosa altro. A Senato non eletto direttamente dai cittadini, e a Camera eletta direttamente con l’Italicum, si fa corrispondere il presidenzialismo e l’elezione diretta del Presidente della Repubblica! Ma ci si rende conto di quello che si dice e di quello che si fa o si scherza con il futuro del nostro Paese? Gia` da ora io spero che si possa intervenire: mi rivolgo ai relatori, per dire che avete sì migliorato la ghigliottina, ma che, anche migliorata, e` pesante e non e` quello che dicevamo. Cosı` come, partendo dai punti di apprezzamento del disegno di legge che discutiamo, io ritengo sia da apprezzare che il quorum sul referendum sia quello che fa riferimento alla
maggioranza di chi ha partecipato alle ultime elezioni. Ma abbassiamo le firme. Il senatore Marton diceva che si potrebbe prevedere la raccolta delle firme in forma digitale, cosı` si raccolgono. Invece non e` cosı`, perchè non tutti i cittadini (e non mi riferisco ai parlamentari) sanno usare la banda larga e Internet. E la democrazia deve servire a dare diritto di partecipazione e di scelta a quelli che in un Paese vivono.
Voglio poi dire che mi convincono altri punti, che mi convincevano anche prima. Solo la Camera deve dare la fiducia al Governo. L’ultima parola sulla gran parte delle leggi deve essere della Camera. Sta qui il superamento del bicameralismo paritario. Diciamo la verita`: questo e` il superamento del bicameralismo paritario. Il resto si puo` e si deve discutere, perche´ altrimenti si combinano (o si possono combinare, certo, dal mio punto di vista) dei pasticci. Cosı` come ritengo utile e importante che vi sia il diritto di minoranze consistenti (del quale tante volte anche in questa sede abbiamo discusso) di ricorrere alla Corte costituzionale sulle leggi.
Altri aspetti, non solo il modello di elezione dei senatori, non mi convincono e, a mio giudizio, aprono problemi di equilibrio tra le istituzioni e tra i poteri dello Stato. Su questi punti voglio ora soffermarmi.
Il nuovo Senato e` una peculiarita` continentale, diceva la senatrice Finocchiaro. Io la ringrazio, perche´ la definizione e` giusta. Io non condivido il merito, ma e` la definizione giusta. Perche´ si deve dire che il nuovo Senato e` il Bundesrat, se il Bundesrat non e`? Ma si crede di avere a che fare con degli sciocchi? E` chiaro che e` una peculiarita` continentale. Poi, si discuta se e` giusto o no. Per me non e` giusto, e poi spieghero` perchè. E` una peculiarita` per almeno due motivi: la modalita` di nomina dei 21 sindaci e dei 74 consiglieri regionali che saranno senatori, con alcune norme (e a tal riguardo il senatore Calderoli faceva delle considerazioni sulle quali invito tutti a riflettere) di elezione indiretta, poste addirittura in Costituzione, che a me appaiono ambigue.
I Consigli regionali dovranno tener conto, da un lato, dei voti ricevuti dalle forze politiche alle elezioni (riferimento chiaramente proporzionale) e, dall’altro, alla loro composizione, cioe` alla composizione dei Gruppi. Quindi, e` un riferimento del tutto opposto, visto che, con l’eccezione forse della Valle d’Aosta, nelle altre Regioni scatta un forte premio di maggioranza: con il 40 per cento dei voti si prendono il 60 per cento dei seggi. Quindi, dove si ferma il pendolo? Se si lasciano soluzioni ambigue, un po’ bizantine, ebbene queste hanno sempre accompagnato le non scelte della politica italiana, e cio` provochera` trattative, Regione per Regione, tra maggioranza e opposizioni, dentro le maggioranze, dentro le opposizioni, finche´ non vi sara` anche una maggioranza che sceglie quale opposizione. Penso che in parte questo sia inevitabile perche´ non funziona un’elezione indiretta in cui si vuole avere l’apporto di voti che solo i cittadini possono dare e credo che questo sia un problema. C’e` poi un altro aspetto che mi colpisce in modo negativo. Si assumono i sindaci in schieramenti politici: c’e` una sussunzione dei sindaci dentro gli schieramenti politici. Un sindaco decidera` se e` nella maggioranza, la maggioranza decidera` se lo inserisce invece di un consigliere regionale, o viceversa. Mi e` capitato di fare il sindaco nella mia citta`. Io penso davvero che, eletti direttamente o no, i sindaci siano primi cittadini e che, nel momento in cui fanno i sindaci, rappresentino quella citta`. Qui non  rappresenteranno piu` una citta` o le citta`, ma una forza politica; non mi pare che sia una cosa da poco. C’e` poi una stranezza, che rilevo con rispetto e con amicizia per i colleghi della SVP del Trentino-Alto Adige, dove trascorro a volte le vacanze perche´ mi piacciono le montagne e le loro zone; evitiamo, per favore, che, in una norma transitoria, l’unico senatore sindaco che si sa che sara` presente, sia il sindaco di Bolzano. Facciamolo per il sindaco di Bolzano stesso, oltre che per la credibilita` di tutta l’impostazione. C’e` poi il problema della lista unica e la contraddizione in essa contenuta. Mi soffermo quindi sulla seconda questione: e` vero che nelle grandi democrazie europee non esiste il bicameralismo paritario. Ma si puo` prendere il caso della Francia, della Germania e della Spagna: nessuno ha sperimentato questo tipo di via di un’elezione indiretta. Il Bundesrat ha i governi regionali che ne fanno parte, hanno voto unitario e vi si collega una legge per la Camera (il Bundestag), che ha un proporzionale con il 5 per cento di sbarramento.
Il Senato francese nelle competenze e` assai bicamerale, piu` di altri e del nostro. E` certo eletto da una platea piu` ristretta, che prevede consiglieri comunali, dipartimentali, regionali, deputati nazionali europei e delle circoscrizioni, ma e` eletto, e i partiti potevano candidare sindaci, presidenti di Regione, ma anche cittadini a partire da 24 anni di eta`. Non era un obbligo, ma una possibilita`. Dal marzo scorso, per il sindaco o il presidente di Regione, e` scattata l’incompatibilita` e nelle prossime elezioni non potra` essere candidato. All’Assemblea nazionale esiste un maggioritario a doppio turno di collegio.
Il Senato spagnolo e` eletto per quattro quinti da dipartimenti e cittadini, e per un quinto dalle comunita` regionali (a parte i numeri, due terzi e un terzo, e` un po’ come prevedeva la proposta del senatore Caliendo), con una legge elettorale che ha uno sbarramento del 3 per cento e, poi, i resti che si bruciano in quel collegio. In Italia si e` invece stabilito un dogma, che non capisco, e siamo eretici e ribelli se si sostiene quanto sto per dire. Siamo eretici in democrazia se si sostiene che ci sono cittadini che sono sovrani e che hanno il diritto di scegliere con il loro voto i propri rappresentanti. Cari colleghi, ditemi che non siete d’accordo. Siccome, pero`, andrete a chiedere il voto, come faremo tutti, per il vostro partito e le vostre candidature, quando lo farete, direte che il voto dei cittadini e` buono e, invece quando si dovevano eleggere i senatori, faceva schifo ed era anzi uno scandalo? E` conservazione, puo` darsi. Conservare la democrazia non e` un male; conservare la liberta` non e` un male. Si dice che questo manterrebbe il bicameralismo paritario; e` una doppia falsita`. Non solo perche´ si scrive in Costituzione che non c’e`, ma perche´ per questo Senato, cosı` come ho detto, si potrebbe votare con una legge proporzionale, in modo che apra alla partecipazione di chi nelle Regioni c’e`, non deve dare la fiducia al Governo, e questo potrebbe essere, e in concomitanza con le elezioni dei Consigli regionali. Dunque il Senato non si costituirebbe con una sola elezione nazionale, ne´ verrebbe sciolto ad una scadenza comune e fissa; come farebbe ad appropriarsi di un voto di fiducia che la Costituzione non gli da`? Sul voto dei cittadini mi permetto di invitare tutti a una maggiore attenzione e riflessione; a misurare chi non e` d’accordo sul confronto e sulle parole. Vedete, si sostiene che, se passasse la conferma del diritto dei cittadini a scegliere con il voto i loro rappresentanti, la riforma sarebbe compromessa: allora, se passasse ad esempio questo emendamento, cosa accadrebbe? La riforma verrebbe ritirata? Sostenere questo e` un’assurdita` e credo che in queste impostazioni non c’e` niente di nuovo, ma tanto di vecchio. Queste tesi sul voto indiretto e su una democrazia piu` ristretta sono datate XIX secolo, 1800. In quegli anni si sosteneva, da parte di alcune forze e delle classi dirigenti dell’epoca,
il ricorso a forme di elezione indiretta o di nomina dei parlamentari come un argine rispetto alla democrazia intesa come diritto di tutti a partecipare alle decisioni della comunita`. Si temevano i contagi del popolo, per la differenza di ceto, di cultura e di conoscenze. E ` frutto di questo contesto il fatto che, ad esempio, negli Stati Uniti all’inizio il Senato venisse eletto in modo indiretto dalle assemblee legislative dei vari Stati. Non ieri ma nel 1913, un secolo fa, fu decisa una riforma che affidava ai cittadini il diritto di eleggere i senatori. Due i motivi che spinsero a questa riforma: l’eccesso di corruzione che si verificava e il prevalere del localismo di fronte alle funzioni nazionali. Chiedo ai due relatori ed anche agli altri, ovviamente: cosa vi persuade, colleghi, che noi siamo immuni da queste possibili derive? Non esiste da noi il cancro e il rischio della corruzione? Mi fa piacere se e` cosı`. E le nostre Regioni hanno una dimensione piu` ampia, popolazioni piu` numerose degli Stati americani, cosicche´ sono vaccinate nei confronti di un eccesso di localismo? La sfida che oggi incombe sulla democrazia rappresentativa si puo` affrontare e vincere se si estende la partecipazione, non se si rafforzano le deleghe a pochi. La globalizzazione non richiede forse che la democrazia rappresentativa esca dai confini nazionali e si dia nuovi strumenti non affidati ai soli esecutivi e alla concertazione degli esecutivi? Chi e` convinto come me che in Europa si debba costruire una vera democrazia sovranazionale pensa di Senato della Repubblica poterla realizzare con i popoli o si illude di poterlo fare senza di essi oppure pensa di poterlo fare con i popoli a livello europeo, ma senza popoli a livello nazionale? Strana quadratura del cerchio, a dir la verita`. Non esiste la democrazia senza cittadini e non esiste un riformismo senza popolo. Nella societa` si vivono oggi esperienze straordinarie di partecipazione, che non riusciamo a cogliere purtroppo: nel volontariato o le forme di confronto e di impegno per le scelte delle citta`. Compito nostro dovrebbe essere quello di collegare la democrazia rappresentativa ad esperienze e a volonta` di partecipazione, non di chiuderla in piccole stanze di addetti ai lavori. Stiamo attenti, perche´ secondo me – spero di sbagliare, ma questa e` la mia convinzione – stiamo imboccando in senso contrario l’autostrada sul futuro della democrazia, in senso contrario, come nella barzelletta famosa. Permettetemi una sottolineatura e una conclusione. Mi scuso con i miei colleghi, ma non saranno molti gli interventi che faro` in Aula dopo questa vicenda della riforma.
Mi ha stupito positivamente il fatto che il senatore Calderoli abbia colto un aspetto che condivido: come fanno a non essere bicamerali le leggi eticamente sensibili, ad esempio quelle sul testamento biologico o
sulle liberta` religiose? Mi stupisce che questo non sia stato colto da senatori con cui ho avuto rapporti di amicizia ed ho avuto confronti, a volte di convergenza e a volte di differenziazione anche forte, come i senatori Casini o Quagliariello.
Su questi temi non ci puo` essere sempre un primato della Realpolitik. Si deve riflettere sul merito: se sia il caso di intervenire su queste leggi a colpi di maglio. Ringrazio il Presidente per avermi consentito di consegnare il testo scritto del mio intervento, del resto sull’immunita` e sulle leggi non bicamerali mi sono soffermato gia` altre volte. Vorrei allora limitarmi a concludere citando un filosofo contemporaneo che amo molto, Jurgen Habermas, che sulla Costituzione dice quanto segue: «La legittimita` di una Carta costituzionale, quale presupposto della Senato della Repubblica deriva da due fonti: dalla partecipazione politica egualitaria di tutti i cittadini e dalla forma ragionevole in cui i contrasti politici vengono risolti. Questa forma ragionevole non puo` essere solo una lotta per maggioranze aritmetiche, ma deve caratterizzarsi come un processo di argomentazione sensibile alla verita`». Impegnarsi perche´ le nostre riflessioni costituiscano un processo anzichè uno scontro frontale, di approfondimento sensibile alle convinzioni ed alla ricerca comune della verita`, che nessuno ha in tasca, potrebbe aiutarci a fare una buona riforma costituzionale.

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