Riflessioni sul Senato della Repubblica

31 Gennaio 2014

Nell’ambito della discussione sulle funzioni del Senato, pubblichiamo una riflessione di Lorenza Carlassare del 12 giugno 2013, scritta nella sua breve permanenza all’interno del “Comitato dei saggi” per le riforme istituzionali.

Carlassare_LorenzaDelle diverse ragioni ipotizzate già in sede Costituente per l’introduzione di una seconda Camera, la rappresentanza territoriale sembra l’unica rimasta in gioco. Nell’individuare, in quest’ottica, funzioni e composizione del nuovo Senato (‘delle Regioni’, delle autonomie, o meglio ‘della Repubblica’, non certamente ‘federale’ dal momento che il nostro non è uno Stato federale), è evidente la necessità di collegare funzioni e composizione in modo da costruire le seconda Camera in vista delle funzioni che le si vogliono attribuire.

Se s’intende farla partecipe della funzione legislativa (ordinaria e/o costituzionale) non sembra coerente pensarla composta da nominati da Consigli, Giunte o Presidenti. A parte il fatto che sicuramente non sarebbe un modo per tener fuori i partiti (di cui Presidenti, Giunte e Consigli sono espressione), evidente risulta la disarmonia con i principi costituzionali . Essendosi ribadito qui l’intento di non toccare la prima parte della Costituzione e sottolineata l’esigenza di coerenza tra le parti, non si può prescindere innanzitutto dal principio cardine dell’art.1. La sovranità del popolo esige che la costruzione dell’ordinamento sia riservata al ‘sovrano’: la democrazia, in tutte le forme assunte nel tempo e nei luoghi, attribuisce sempre la creazione del diritto al popolo o ai suoi rappresentanti. Lo riaffermano i Costituenti ”la sovranità spetta tutta al popolo”, la “forza viva“ cui si riconduce ogni potere dello Stato; “il fulcro dell’organizzazione costituzionale” è nel Parlamento “che non è sovrano di per sé stesso, ma è l’organo di più immediata derivazione dal popolo: e come tale riassume in sé la funzione di fare le leggi e di determinare e dirigere la formazione e l’attività del governo” ( M. RUINI, Relazione al progetto di Costituzione). Lo dicono e lo dicevano gli studiosi. Hans Kelsen, riferendo la stessa distinzione fra ‘monarchia’, ‘aristocrazia’ e ‘democrazia’ all’organo della legislazione, preferiva ridurre la contrapposizione a due soli tipi di costituzioni, ‘autocrazia’ e ‘democrazia’, assumendo a criterio proprio il modo in cui l’ordinamento giuridico viene creato. La base è il concetto di ‘libertà’ politica’, già espresso nel 1324 Marsilio da Padova nel Defensor Pacis : soltanto il corpo di tutti i cittadini ( civium universitas) ha l’autorità di fare le leggi. Poiché “civitas est communitas liberorum”, ogni cittadino dev’essere libero e non sopportare il dispotismo altrui come succederebbe se uno o pochi facessero le leggi “auctoritate propria supra civium universitatem”. Ed è un concetto di sempre : “Lex est, quod populus iubet atque constituit” scrivevano i giuristi di Roma .

Oggi, in particolare, di fronte al desiderio forte e diffuso dei cittadini di partecipare, sarebbe importante coinvolgerli nella scelta dei rappresentanti regionali al Senato, riservando il voto, in ciascuna Regione, a coloro che vi appartengono per far sentire le istituzioni vicine . Una rappresentanza del popolo regionale, delle sue istanze, delle diverse esigenze, dei diversi interessi; questo dovrebbe essere il Senato, non un raccordo fra governi regionali e governo statale. La scelta della legge elettorale, poi, dovrebbe essere coerente all’intento di partecipazione. Se, viceversa, le funzioni del Senato fossero diverse dalla legislazione, o si limitassero a interventi (come i pareri) non direttamente decisionali, altri modi di scelta dei componenti potrebbero ipotizzarsi.

Non mi soffermo fermo sui punti che trovano l’accordo di tutti: l’esclusione del Senato dal voto di fiducia innanzitutto.

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