Delle diverse ragioni ipotizzate già in sede Costituente per l’introduzione di una seconda Camera, la rappresentanza territoriale sembra l’unica rimasta in gioco. Nell’individuare, in quest’ottica, funzioni e composizione del nuovo Senato (‘delle Regioni’, delle autonomie, o meglio ‘della Repubblica’, non certamente ‘federale’ dal momento che il nostro non è uno Stato federale), è evidente la necessità di collegare funzioni e composizione in modo da costruire le seconda Camera in vista delle funzioni che le si vogliono attribuire.
Se s’intende farla partecipe della funzione legislativa (ordinaria e/o costituzionale) non sembra coerente pensarla composta da nominati da Consigli, Giunte o Presidenti. A parte il fatto che sicuramente non sarebbe un modo per tener fuori i partiti (di cui Presidenti, Giunte e Consigli sono espressione), evidente risulta la disarmonia con i principi costituzionali . Essendosi ribadito qui l’intento di non toccare la prima parte della Costituzione e sottolineata l’esigenza di coerenza tra le parti, non si può prescindere innanzitutto dal principio cardine dell’art.1. La sovranità del popolo esige che la costruzione dell’ordinamento sia riservata al ‘sovrano’: la democrazia, in tutte le forme assunte nel tempo e nei luoghi, attribuisce sempre la creazione del diritto al popolo o ai suoi rappresentanti. Lo riaffermano i Costituenti ”la sovranità spetta tutta al popolo”, la “forza viva“ cui si riconduce ogni potere dello Stato; “il fulcro dell’organizzazione costituzionale” è nel Parlamento “che non è sovrano di per sé stesso, ma è l’organo di più immediata derivazione dal popolo: e come tale riassume in sé la funzione di fare le leggi e di determinare e dirigere la formazione e l’attività del governo” ( M. RUINI, Relazione al progetto di Costituzione). Lo dicono e lo dicevano gli studiosi. Hans Kelsen, riferendo la stessa distinzione fra ‘monarchia’, ‘aristocrazia’ e ‘democrazia’ all’organo della legislazione, preferiva ridurre la contrapposizione a due soli tipi di costituzioni, ‘autocrazia’ e ‘democrazia’, assumendo a criterio proprio il modo in cui l’ordinamento giuridico viene creato. La base è il concetto di ‘libertà’ politica’, già espresso nel 1324 Marsilio da Padova nel Defensor Pacis : soltanto il corpo di tutti i cittadini ( civium universitas) ha l’autorità di fare le leggi. Poiché “civitas est communitas liberorum”, ogni cittadino dev’essere libero e non sopportare il dispotismo altrui come succederebbe se uno o pochi facessero le leggi “auctoritate propria supra civium universitatem”. Ed è un concetto di sempre : “Lex est, quod populus iubet atque constituit” scrivevano i giuristi di Roma .
Oggi, in particolare, di fronte al desiderio forte e diffuso dei cittadini di partecipare, sarebbe importante coinvolgerli nella scelta dei rappresentanti regionali al Senato, riservando il voto, in ciascuna Regione, a coloro che vi appartengono per far sentire le istituzioni vicine . Una rappresentanza del popolo regionale, delle sue istanze, delle diverse esigenze, dei diversi interessi; questo dovrebbe essere il Senato, non un raccordo fra governi regionali e governo statale. La scelta della legge elettorale, poi, dovrebbe essere coerente all’intento di partecipazione. Se, viceversa, le funzioni del Senato fossero diverse dalla legislazione, o si limitassero a interventi (come i pareri) non direttamente decisionali, altri modi di scelta dei componenti potrebbero ipotizzarsi.
Non mi soffermo fermo sui punti che trovano l’accordo di tutti: l’esclusione del Senato dal voto di fiducia innanzitutto.