La violenza dell’aggressione contro le decisioni dei giudici non può lasciare indifferente chi, nell’indipendenza del giudiziario, riconosce uno dei pilastri su cui si regge l’ordine costituzionale. La loro sistematica denigrazione, con accuse quotidianamente ripetute, di costituire una casta che persegue finalità politiche ai danni di un innocente, in assenza di prove, non può essere ignorata da quei cittadini consapevoli che lo Stato democratico si fonda sulla separazione dei poteri.
Accettare la sistematica intimidazione dell’intero ordine – salvo i suoi vertici verso i quali si manifesta un poco spiegabile apprezzamento – significa consentire che nel paese vi siano forze che, distruggendo la serenità del giudice nel momento delle decisioni, con irrisione vagamente minatoria, intendono piegare quelle decisioni ai loro interessi.
Chi, per dovere e per funzione istituzionale, dovrebbe costituire argine contro queste interessate manipolazioni, non sembra avvertire il pericolo, né la necessità di dissociarsene.
Spetta dunque alla cittadinanza, sensibile ai valori costituzionali, farsi carico di manifestare il proprio sostegno ai giudici, di ogni ordine e grado, esortandoli a compiere in ogni circostanza e sede il proprio ufficio, senza timori di alcuna conseguenza così come senza speranza di alcun compenso. Al quale riguardo, sarà bene fissare fin d’ora la regola che nessuno magistrato dovrà, in futuro, assumere cariche politiche senza prima essersi dimesso; a garanzia non solo della sua indipendenza, ma anche dell’apparenza di essa.
Per queste ragioni, rivolgo un forte invito a Libertà e Giustizia, affinchè manifesti la sua solidarietà alla magistratura tutta, invitandola a continuare nello svolgimento del proprio ufficio in perfetta serenità di spirito, così come i cittadini si attendono. Nessun’altra associazione ha, difatti, autorità morale e culturale, anche per le personalità che ne fanno parte, per rivolgere questo invito all’intera magistratura.
* Già Procuratore capo a Firenze e socio di LeG