Ieri siamo andati alla manifestazione del 25 aprile a Milano, senza, confesso, grandi aspettative, portandoci dietro il misto di rabbia e depressione che nasce dalle contorsioni malate del sistema politico cui dobbiamo in questi giorni assistere. Abbiamo invece visto qualcosa di inatteso: una vera folla di gente, che ha lentamente riempito piazza del Duomo e corso Vittorio Emanuele. Una folla pacifica e variegata: striscioni di partiti, di sindacati, di associazioni le più varie; persone delle età più diverse, tantissime famiglie, bambini, ragazzi, vecchi, militanti e non, bandiere di ogni colore, striscioni di fabbriche in cui il lavoro è a rischio e di gruppi che difendono i loro diritti.
Un panorama variopinto e ricco di diversità, di gente che non si è lasciata dissuadere dallo spettacolo indegno che irrompe nelle nostre case dai mezzi di informazione, che non ha rinunciato a proclamare di nuovo la sua fedeltà ai valori della Resistenza e della Costituzione. Il richiamo alla Costituzione ed alla sua origine resistenziale è risuonato continuamente, negli slogan dei manifestanti e nei discorsi dei relatori, che hanno ripetuto le parole di Calamandrei, così toccanti. Se volete vedere dove è nata la nostra Costituzione, andate là dove gli italiani sono morti per farla finita con il fascismo.
La Presidente Boldrini ha ricordato che la democrazia italiana è stata messa a dura prova molte volte nel dopoguerra: con le stragi di Stato, con il terrorismo, con le stragi di mafia. Possiamo aggiungere: con le ripetute forzature istituzionali del ventennio berlusconiano, con il tentativo di stravolgere la Costituzione sventato nel 2006 dai cittadini. Ed oggi con la gigantesca mistificazione che presiede alla nascita di un governo “monstre”, in cui dovrebbero sedere esponenti di partiti che hanno declamato valori tra di loro opposti, oggi dimenticati. Un governo fatto di pezzi disassortiti, messo insieme alla meno peggio per rispondere ad una supposta emergenza del paese. Quando la sola e vera emergenza si manifesta proprio in questa perdita di ogni orientamento ideale, in questo pragmatismo d’accatto, che difende esclusivamente le convenienze di chi lo pratica.
Ma si sa che il metodo Frankenstein non dà buoni frutti: il “monstrum”, quand’anche nascesse, è destinato a vita breve. Utile tuttavia alla destra che, largamente minoritaria nel paese, ha trovato negli errori e nelle inadeguatezze dei suoi avversari politici il modo di preservare e prolungare il proprio potere. E di andare alle prossime elezioni forte della inconsistenza e inaffidabilità della formazione che ha fino ad oggi rappresentato il centro-sinistra.
Qui siamo: di fronte al tradimento – per inettitudine o calcolo o entrambe le cose in varia misura combinate – del voto espresso dai due terzi dei cittadini italiani, che hanno votato per porre termine al ventennio berlusconiano e si ritrovano Berlusconi a dettar legge sulla formazione di un governo privo di identità e vuoto di ideali, schiavo degli interessi particolari di chi si affanna a costruirlo.
Questo tradimento, questo dissennato spreco dell’opportunità che il PD, il M5S e Monti hanno avuto dopo le recenti elezioni politiche è un fatto di straordinaria gravità e gli elettori non lo dimenticheranno.
Ma la folla che ieri ha partecipato alla manifestazione del 25 aprile ci dice che gli italiani non rinunciano alle loro speranze di cambiamento, che l’inganno posto in essere ai loro danni non li ha convinti, che continueranno a vigilare perché la Costituzione non venga stravolta e la Resistenza, radice profonda della nostra democrazia, non venga dimenticata.
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