“Il razzismo non è un’opinione ma il frutto di un ventennio di barbarie”

16 Dicembre 2011

«Un fatto barbarico, sì, ma non c´è da stupirsi: usciamo da quasi un´era di barbarie spettacolarizzata dal potere stesso, e questi sono i risultati». Così Roberta De Monticelli, filosofa e sostenitrice di LeG, a proposito dei tragici fatti di Firenze. Anche LeG aderisce sabato 17 alla manifestazione di solidarietà nei confronti della comunità senegalese. Partenza alle 15 da piazza Dalmazia e arrivo in piazza Santa Maria Novella

«Un fatto barbarico, sì, ma non c´è da stupirsi: usciamo da quasi un´era di barbarie spettacolarizzata dal potere stesso, e questi sono i risultati» dice Roberta De Monticelli. Docente di Filosofia della persona all´Università vita e salute San Raffaele, la sua riflessione si incentra su questioni come l´etica pubblica, i fondamenti delle relazioni interpersonali, la «responsabilità» fra pensiero ed azione, decisive per la sopravvivenza stessa della convivenza civile. E su questo sfondo, De Monticelli legge anche i tragici fatti di Firenze. Arrivando alla conclusione che serva «ben più che qualche nuova legge, in aggiunta a tutte quelle che già ci sono, e non funzionano», o ben più della chiusura – «non da escludere, ma non è questo il punto» – di gruppi o siti internet che simpatizzano per ideologie fasciste o razziste, violando la XII disposizione transitoria della Costituzione.
Qualcuno chiede che venga sciolta Casapound, di cui il folle omicida-suicida era simpatizzante. Pensa che questa possa essere un´assicurazione contro il ripetersi di fatti del genere?
«Secondo me, in Italia c´è innanzitutto da risolvere un problema enorme: quello dell´etica pubblica. Ha ragione il presidente Napolitano a dire che in questo paese bisogna ripartire dalla rifondazione del senso della cittadinanza, oggi completamente distrutto da una cultura dello scetticismo radicale rispetto a tutto ciò che è moralità pubblica, che significa rispetto delle regole elementari della convivenza, anche con le persone che accogliamo, estraneità ad ogni discriminazione, affermazione della legalità, difesa della onorabilità di ogni persona».
E in questo clima non crede che serva a fare chiarezza vietare forme più o meno larvate di celebrazione del fascismo e del razzismo?
«Certo, un conto è la libertà di opinione, che non dovrebbe mai avere limiti, e un contro è scrivere pubblicamente propositi omicidi o insulti, che è solo aggressione. Ma insisto: non si tratta tanto di procedere con la scure, di chiudere, vietare, legiferare, quanto in un certo senso di agire a livello filosofico, ridefinendo alla radice i confini dell´etica pubblica. Vale a dire: se io dico scientemente delle falsità, quelle si possono chiamare opinioni? Bene, le tesi razzistiche non sono opinioni, ma dimostrate falsità. E nel campo pubblico, per ogni affermazione che viene fatta deve essere avanzata anche una dimostrazione, un impegno a dimostrare quello che si dice. Altrimenti si esce dal campo della verità. Ed è questo il vero reato, che invece in questo quasi ventennio è diventato la regola del vivere civile».
Si tratterebbe insomma, di promuovere una sorta di “riscossa della verità”. E a chi toccherebbe?
«Ovviamente alle istituzioni, che dovrebbero davvero voltare pagina, assumere un atteggiamento chiaro e limpido, che faccia dimenticare la triste era dei ministri che passeggiano coi porci al guinzaglio, ruttano e mostrano il dito medio. Insomma, tutto ciò di cui per troppo tempo hanno rappresentato le cattedre stesse del potere, portando la gente a disprezzare lo Stato, non credere più nella giustezza della sua forza, e quindi, ecco il punto, inducendo il prevalere delle più animali delle pulsioni di autodifesa».
Vuol dire che ci sarebbe una correlazione fra l´atto di barbarie compiuto a Firenze, e il più generale venir meno di un senso di responsabilità verso le istituzioni, nonché verso ognuno degli altri cittadini, cui stiamo assistendo?
«Lo stato di natura è il rischio incombente di ogni civiltà, dietro certe esternazioni, che non a caso chiamiamo barbariche, c´è questo ritorno indietro che incombe, la liberazione di selvagge pulsioni naturali. E non si può non vedere che il cuore della politica dei passati governi è stata, in aggiunta alla nostra caratteristica refrattarietà alle norme, per l´appunto l´odio per le regole della vita associata, per i rapporti normali, che poi vuol dire normati…».
Teme che gli italiani rischino una deriva razzista?
«No, non credo, come qualche sondaggio sembrerebbe mostrare, che il 51% di nostri connazionali coltivi sentimenti del genere, ma in giro c´è lo stesso qualcosa di molto preoccupante. Rispetto a cui, però, rischia di non essere efficace uno spontaneo sentimento di accoglienza, potrei dire un eccesso di politica “cattolica”. Il punto, infatti, non è tanto di essere buoni, fraterni, quanto piuttosto di affermare l´uguaglianza e la pari dignità di tutte le persone, ovvero il rigorosissimo rispetto delle regole, e dell´onore delle istituzioni. Se invece da un lato puntiamo solo su un sentimento come la fratellanza, mentre dall´altra parte si punta su sentimenti ben più brutali e quindi più potenti, sono questi che vincono…».
Quelli che appunto vediamo dispiegarsi non tanto nei gesti efferati di un singolo folle, quanto nei preoccupanti contenuti del suo immaginario, e che non sono solo suoi.
«E´ per questo che ritengo che la XII norma transitoria, ancorché transitoria, non possa ancora essere abrogata. La speranza dei costituenti era che la coscienza media del paese maturasse prima o poi, ma non è ancora il momento».

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