Siddi: “Pronti alla mobilitazione contro una legge che minaccia la libertà di stampa”

26 Settembre 2011

Il segretario della Fnsi, il sindacato dei giornalisti, contro la legge per limitare le intercettazioni telefoniche disposte dalla magistratura e imbavagliare i giornali. “L’informazione non è una merce qualsiasi: se manca o viene limitata si colpisce la stessa democrazia”

Mentre la crisi economica e finanziaria sta portando il paese sull’orlo del baratro, il governo si divide e litiga ancora una volta sulle misure per la crescita e lo sviluppo e dimostra di essere confuso, incoerente, incapace nell’ affrontare la situazione.
E Berlusconi “unfit”, inadatto a guidare il paese, privo di credibilità e prestigio. Perfino la Confindustria adesso sostiene: “Salviamo noi l’ Italia”. Mentre sulla stampa di tutto il mondo si deride il nostro premier (non è necessario vedere le edizioni cartacee, basta collegarsi ai siti web per capire) a causa delle sue abitudini private, da uomo malato – come disse per prima sua moglie Veronica – a Roma nei palazzi del potere, a palazzo Chigi e a Montecitorio, la principale preoccupazione del governo, in questi giorni, è quella di approvare in Parlamento alcune leggi-vergogna per salvare Berlusconi dai tribunali, in primis la legge per limitare le intercettazioni telefoniche disposte dalla magistratura e imbavagliare i giornali. E poi anche il cosiddetto ‘processo lungo’ e la ‘prescrizione breve’.

Il ddl intercettazioni sarà in aula alla Camera per il dibattito tra la fine di settembre (forse giovedi 29) e i primi di ottobre. In particolare il provvedimento prevede, in estrema sintesi, che le intercettazioni potranno essere pubblicate solo se considerate “rilevanti”, dopo una udienza-filtro, e i giornalisti che violeranno la norma rischiano un mese di carcere e multe pesanti. Libertà e Giustizia ha sempre combattuto contro questo progetto e pochi giorni fa (9 settembre) si è dichiarata pronta alla mobilitazione contro il bavaglio, contro la legge sulle intercettazioni che ostacolerà i magistrati nelle indagini e impedirà ai giornalisti di raccontare. Intanto il “Comitato per la libertà e il diritto all’informazione, cultura e spettacolo” (www.fnsi.it) ha già chiamato alla mobilitazione contro il bavaglio ai media (web compreso), organizzando proprio per giovedì 29 una manifestazione al Pantheon a Roma, dalle 15 alle 18.

Parlo del ddl intercettazioni con Franco Siddi, 57 anni, sardo (è nato a pochi chilometri da Cagliari, a Samassi), segretario della Fnsi (Federazione della stampa italiana) dal 2007. “In un paese normale, discutere di questo progetto non sarebbe  affatto urgente”, mi dice Siddi. “Ma da noi c’è un premier che cerca di cancellare i suoi guai, pubblici e privati, accusando i giornali. Egli, a furia di manipolare la realtà e di raccontare bugie, convince anche se stesso che  siano vere e ci crede. Le intercettazioni esistono perché la magistratura ha individuato comportamenti o episodi illeciti che meritano di essere accertati e chiariti. E quando gli atti giudiziari esistono e sono distribuiti alle  parti in causa (come è accaduto per quasi tutte le intercettazioni pubblicate in queste settimane, consegnate addirittura in Parlamento e comunque ai difensori degli accusati) è evidente che la stampa deve darne notizia.  È un dovere primario dei giornalisti, altrimenti farebbero un altro mestiere”.

L’opinione di Siddi coincide con le motivazioni che il Corriere della sera, il 17 settembre, esponeva pubblicando le  intercettazioni e altri documenti non più “coperti dal segreto” . Così il quotidiano, in un corsivo : “Abbiamo scelto di divulgarle in base al diritto-dovere di cronaca. Siamo consapevoli che le telefonate, in alcuni passaggi,  mettono a rischio la privacy delle persone coinvolte: ma la decisione opposta, non pubblicarle, diventerebbe una forma di autocensura e di copertura e impedirebbe ai lettori di conoscere fatti e comportamenti rilevanti  sul piano della politica e del costume“. Fra i politici, segnaliamo le parole del presidente della Camera Fini (a Mirabello, l’11 settembre): “Rabbrividisco all’idea che dopo la manovra, l’emergenza nazionale sia la legge sulle  intercettazioni. È disgustoso leggerle sui giornali, ma è ancora più disgustoso dar vita a certi comportamenti”. Invece, un sovraeccitato Berlusconi dice che a causa delle intercettazioni “si sente in Italia il morso dello Stato di polizia”.

E tuttavia, chiedo ancora a Siddi, è davvero tutto pubblicabile senza limiti, col rischio di violare la privacy e la dignità di persone non indagate né accusate di alcun reato?

“Voglio essere chiaro: i  giornali non devono essere una buca delle lettere. E certo può accadere che un giornalista compia degli errori e cada nella violazione della privacy. Per esempio, non avrei mai pubblicato, qualche settimana fa, una conversazione estrapolata dagli atti giudiziari e relativa a presunti comportamenti privati di una donna e di un ministro. Ma chiunque ravvisa un danno può ricorrere agli organi competenti che vigilano sui codici  deontologici e può chiedere una valutazione immediata in quella sede (Ordine dei giornalisti e Garante della privacy). Oggi i cronisti devono essere sempre più attenti alla loro responsabilità deontologica. Ma le notizie di pubblico interesse saranno pubblicate e potranno superare qualsiasi barriera: e una notizia di pubblico interesse non necessariamente è solo quella di un reato. Non si può invocare il bavaglio ogni volta che dalle  intercettazioni arrivano notizie di malaffare, di inquinamento del circuito democratico,di azioni corrosive di enti e aziende pubbliche. E se si scoprono vicende boccacesche o tragicomiche nella vita privata del premier  non si può tacere. Nè si può sostenere che i giornali danno conto solo per amore di gossip di quelle che non sono semplici e normali abitudini private di un politico. Il capo del governo è un uomo pubblico, non un privato cittadino qualunque. In tutti i paesi democratici la vita di un premier, come quella dei Capi di Stato o ministri, deve essere trasparente ed è sottoposta al faro permanente del ‘ tribunale’ della pubblica opinione. La censura non è ammissibile e l’autocensura sarebbe ugualmente grave. Voglio solo ricordare che qualche mese fa un ministro tedesco si è dimesso perché i giornali rivelarono che aveva commesso una marachella: la tesi di laurea era copiata! Non aggiungo altro”.

A proposito: ma all’estero le intercettazioni depositate agli atti come vengono trattate dalla stampa? Sono pubblicate?”

Anzitutto, negli altri paesi democratici gli atti diventano pubblici in tempi brevi, e i processi si svolgono in pochi mesi. Non accade come in Italia, dove prima di vedere in aula gli imputati passano mesi e mesi, anzi anni. E, soprattutto, i politici non fuggono davanti ai tribunali, non  trovano cavilli di ogni tipo per non presentarsi davanti ai giudici, non approvano innumerevoli leggi ad personam per evitare le sentenze. Gli innocenti, di norma vogliono affrettare il giudizio.

“In nessun paese se un giornalista viene a conoscenza di iniziative giudiziarie come quelle avviate in Italia, può permettersi di non darne ampia notizia. In Francia si verificò un caso clamoroso: nel 1996 i giornalisti Dupuis e Pontaut  pubblicarono un libro nel quale riportarono intercettazioni telefoniche ed ambientali illecitamente effettuate da un ufficio speciale del Presidente Mitterand tra il 1983 e 1986 (nei confronti di giornalisti, politici,  avvocati). Il tribunale di Parigi, nel 1998, condannò Dupuis e Pontaut, che però presentarono ricorso alla Corte europea dei diritti dell’uomo. Ebbene, con una sentenza del 7 giugno 2007 la Corte ha dichiarato che la  Francia aveva violato l’art. 10 della Convenzione europea sulla libertà di espressione ed ha disposto che Parigi risarcisca i colleghi. Perché la libertà di stampa è un bene primario. E, in Italia, il diritto di cronaca e di critica è garantito come uno dei diritti fondamentali dell’individuo dall’art.21 della Costituzione”.

Un altro articolo della Carta, il 15, viene esaminato in questo periodo: dispone la “segretezza ” e la “inviolabilità” per ogni forma di  comunicazione. Che però possono ben essere “limitate per atto motivato dell’autorità giudiziaria”, secondo un comma che non viene mai ricordato.

Il ddl sulle intercettazioni, con le sanzioni (anche il carcere) per i giornalisti, è  rispettoso degli articoli 21 (“La stampa non può essere soggetta a censure”) e anche 15, della Costituzione?

Stabilire che attraverso un’udienza-filtro, che preceda il deposito degli atti, si decida ciò che può essere reso  pubblico delle intercettazioni e ciò che, invece, deve essere custodito o distrutto, mi pare una via percorribile. Con un’avvertenza: nel progetto odierno le intercettazioni sarebbero pubblicabili solo se “rilevanti”. Ecco, è  questo concetto che non è ben definito. Le intercettazioni devono essere valutate se “rilevanti” o non, ai fini del proseguimento delle indagini, non in base ad altri incerti criteri. E poi, l’importanza per la pubblicazione la deve accertare il giornalista. Invece, il carcere per il cronista è una misura irragionevole: solo nei regimi autoritari si pretende che i giornalisti finiscano in carcere! Certo, se si falsa o si fabbrica una notizia si va incontro ad una sanzione; ma se racconto la verità ricercandola con lealtà (come diceva Walter Tobagi) e pubblico atti veri, la minaccia di detenzione va contro i principi del diritto e contro la Costituzione che riconosce la libertà di stampa”.

Si fa anche l’ipotesi di far rivivere il progetto Mastella, approvato in modo bipartisan (solo alla Camera) nel 2007, all’epoca del governo Prodi. Ma era addirittura peggio dell’attuale ddl! Prevedeva pesanti  sanzioni pecuniarie per i giornalisti e ugualmente il carcere e impediva ai giornali di pubblicare le intercettazioni fino al processo, “anche per riassunto”.

“È bene ricordare che i giornalisti quattro anni fa scioperarono (29  giugno 2007), proprio contro il ddl Mastella che prevedeva un vero abuso nel vietare l’informazione giudiziaria in toto. Una legge bavaglio. Questo dimostra che noi sul tema delle intercettazioni e della libertà di stampa  siamo attenti al merito: non ci opponiamo adesso al ddl del governo di centrodestra per ostilità politica; ieri abbiamo contrastato duramente il progetto di un esecutivo di centrosinistra. E non abbiamo cambiato  opinione”.

Quindi, se la legge-bavaglio che ora va in discussione a Montecitorio andrà avanti (forse sarà posta addirittura la fiducia per approvarla), la Federazione della stampa è di nuovo pronta alla mobilitazione?
“I  giornalisti non vivono con l’obiettivo di andare in piazza. Vorremmo non dover arrivare a questa scelta. Prima di mobilitarci in piazza faremo di tutto per bloccare la legge-bavaglio. L’informazione corretta e reale non è una ‘merce’ qualsiasi: se manca o viene limitata, si colpisce un diritto fondamentale dei cittadini, si colpisce la stessa democrazia”.

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