Della cultura di centrodestra si è finora sottolineato soprattutto l´aspetto più evidente, quello mediatico. Il “berlusconismo” è qualcosa di più e di più profondo, che investe tutti gli strati della popolazione: una ideologia eclettica che mette insieme populismo, individualismo esasperato, revisionismo storico, uso strumentale e identitario della religione.
La sua forza consiste nella capacità di amalgamare, per i comuni obiettivi di governo, le tradizioni che provengono da Forza Italia, An e Lega.
Nell´ultimo ventennio il centrodestra ha potuto occupare lo spazio lasciato vuoto dalle sinistre, per poi contrastarne le residue espressioni culturali e costruire i propri strumenti per acquisire il consenso. L´offensiva del riformismo craxiano – Proudhon contro Marx ñ aveva preparato negli anni ´80 la crisi della cultura di sinistra, alla quale ha dato il colpo di grazia il crollo del Muro di Berlino. Vennero meno o si indebolirono alcuni pilastri istituzionali della politica culturale del Pci, e il “grande silenzio” degli intellettuali postcomunisti di cui ha parlato Asor Rosa privò il partito suo erede del contributo di un pensiero critico.
Alle debolezze proprie della sinistra si è aggiunta dagli anni ´90 la pars destruens della politica della destra di governo, che ha preso di mira i luoghi ritenuti roccaforte di una “egemonia culturale” comunista, dall´Istituto nazionale per la storia del movimento di liberazione in Italia alla scuola, con i tentativi di censurare i manuali di storia messi in atto nel 2000 dal governatore del Lazio Storace e nel 2002, sul piano nazionale, dalla VII commissione della Camera.
Nel luogo di formazione e di educazione del cittadino per eccellenza, la scuola, i governi Berlusconi hanno applicato la politica adottata nel resto della società: hanno favorito una ulteriore frattura di classe e, al tempo stesso, una omogeneizzazione ideologica. Allo svilimento dell´università e della scuola pubblica a vantaggio di quella privata, si sono aggiunti i privilegi riservati agli insegnanti di religione e un “controllo” testimoniato dal valore discriminante del voto in condotta per la promozione.
Un fatto nuovo dell´ultimo decennio è, soprattutto, la costruzione di una egemonia culturale della destra al posto della presunta egemonia comunista del cinquantennio precedente. Sono nate numerose riviste e Fondazioni, da «Ideazione» a «Liberal» di Adornato e Galli della Loggia, da «Il Domenicale» di Dell´Utri alla Fondazione Magna Carta presieduta da Quagliariello con il suo periodico «l´Occidentale», portatrici di messaggi semplici ed efficaci: libertà intesa come liberismo e diffidenza per lo Stato, lotta al relativismo culturale contro cui combatte da tempo la Chiesa, insistenza su una identità nazionale che ha i segni del nazionalismo.
Sono messaggi che si basano su una rilettura della storia italiana in chiave revisionistica, capace di influenzare ampi strati del ceto medio. L´invito a una “pacificazione nazionale” che si basi su una memoria condivisa tende a confondere i ruoli storici, a equiparare fascismo e antifascismo o vinti e vincitori nella Resistenza. L´offensiva di tipo sanfedista contro la Rivoluzione francese, considerata la fonte di tutti i mali della modernità, si estende al Risorgimento, giudicato un premeditato attacco alla religione cattolica, e la triade “Dio, Patria, Famiglia” è coniugata nel passato come nel presente a sottolineare l´identità di un paese chiuso in se stesso, timoroso degli immigrati e delle loro culture.
Si è così formato uno schieramento culturale teo-con che appare oggi assai forte, anche perché debolmente contrastato dalle opposizioni. La sedimentazione ventennale di questa cultura fa ritenere, e temere, che nella società italiana il berlusconismo possa sopravvivere a lungo al suo principale interprete.
Questa è una sintesi dell´intervento intitolato “Le culture della destra” con cui il direttore di “Passato e Presente” aprirà questa mattina la seconda giornata del convegno