Angelino Alfano, ministro della Giustizia
“Ogni volta che si parla di giustizia, c’è una sorta di riflesso antiberlusconi”.
“All’opposizione il sistema giustizia va bene così, a noi no. Per la giustizia la prospettiva più sbagliata è la rassegnazione”.
“Dobbiamo fare quello che non siamo riusciti a fare dal 1994 e il motto di questa riforma deve essere: parità tra accusa e difesa”.
“Il giudice deve essere equidistante da accusa e difesa e invece nel nostro sistema processuale i protagonisti sono tre: pm, avvocato e giudice. Di questi tre, due fanno lo stesso concorso, frequentano lo stesso ufficio, magari se sono uomo e donna si fidanzano e poi il giorno dopo in tribunale fingono di darsi del lei, anche questo non è positivo”.
intervistato dal direttore del Tg1 Augusto Minzolini ha stigmatizzato “la vergogna delle fughe di notizie” che appaiono sui giornali. “Oltre a separare la carriera dei pm e dei giudici – ha detto parlando del palco della Festa delle Libertà – bisognerebbe anche separare le carriere tra alcuni pm e alcuni giornalisti, altrimenti non se ne viene fuori”.
Niccolò Ghedini, deputato Pdl e avvocato del premier
“Non possiamo dire nel 2013 che abbiamo trattato al nostro interno. Non è più tempo di trattare: va fatta la riforma”.
“Prima di raggiungere qualsiasi risultato bisogna evitare che il presidente del Consiglio sia sotto processo perché ogni volta le riforme vengono strumentalizzate dicendo che servono a lui. Non è cosi”.
“Abbiamo una magistratura a cui non dispiacciono i processi a Berlusconi perché le consentono di gridare al golpe e mantenere il suo straordinario potere”.
“Pm, avvocato e giudice sono i tre perni della giustizia. Di questi, due fanno lo stesso concorso, stanno nello stesso ufficio, prendono il caffé nello stesso bar – ha sottolineato – e se l’ufficio è piccolo capita pure che si fidanzino e poi il giorno dopo in tribunale fingono di darsi del lei”.
Il processo disciplinare nell’ambito del Csm “non funziona, perché non funzionano i magistrati che vogliono mantenere inalterato il loro potere”.
“Nel 1994 Berlusconi riceve un avviso di garanzia. Quando dieci anni dopo è stato assolto non è successo nulla. Ma questo succede anche per altri, come nel caso di Vittorio Emanuele”.
“Il Csm apre pratiche a tutela dei colleghi solo quando Berlusconi osa criticare un magistrato”.
“Finora non siamo riusciti a riformare la giustizia per i veti incrociati al nostro interno, ma oggi non é più tempo di aspettare. Dobbiamo presentare queste riforme e bisogna che le si approvi, altrimenti è meglio andare a casa”.