Quanto può alzarsi ancora il livello dello scontro?

20 Aprile 2011

Saranno giorni di fuoco quando, al Senato, la maggioranza chiederà la ratifica della prescrizione breve e di bloccare anche il processo Ruby. Berlusconi non ammette esitazioni. Il bersaglio resta la magistratura. L’opposizione dovrà essere vigile e difendere il sistema di equilibri e garanzie voluto dalla nostra Costituzione.

Il problema, per Berlusconi, rimane. E resta anche il malumore. Perché, politicamente, è stato un autogol. L’altolà di Napolitano, per le “pericolose esasperazioni” sulla giustizia e quei manifesti che equiparano la Procura di Milano alle Brigate rosse, non poteva non lasciare il segno. Però, a indurre l’oscuro candidato che si è assunto la paternità della “ignobile provocazione”, a dimettersi dalla lista pdl, non è stata solo la denuncia del capo dello Stato. Ha pesato l’atteggiamento della Lega e di quegli esponenti del suo stesso partito che hanno fatto propria l’indignazione presidenziale. Se fosse stato per lui, Berlusconi, non ci sarebbe stata la rinuncia. In fondo, la colpa principale dell’aspirante consigliere comunale è d’aver seguito alla lettera il pensiero del suo leader. Non era stato il Cavaliere, pochi giorni fa, nella cena con la stampa estera, a parlare di “brigatismo giudiziario”? Insomma, il premier è scontento, e resta sempre in rotta di collisione con il Quirinale. La sfida si incanaglisce. Saranno giorni di fuoco quando, al Senato, la maggioranza chiederà la ratifica della prescrizione breve e, subito dopo, di bloccare anche il processo Ruby, attraverso una norma per cui, se c’è un conflitto d’attribuzione, i magistrati debbono fermarsi. Berlusconi non ammette esitazioni. Su tutto deve prevalere la sua necessità di sottrarsi ai processi. E ogni occasione è buona. Prendiamo la retromarcia sul nucleare. Ciò, per lui, conta poco. Conta di più che ora  il referendum sulla materia sia in bilico. E che la sua probabile cancellazione trascini con sè , impendendo il raggiungimento del quorum, il quesito referendario che il Cavaliere più teme: quello sul legittimo impedimento, lo scudo processuale che si è fatto approvare dal Parlamento.

Il bersaglio resta, dunque, la magistratura. E l’avvicinarsi delle elezioni amministrative porta il premier a radicalizzare al massimo lo scontro. È convinto che elettoralmente sia utile perché così mobilita i suoi fan. I sondaggi non lo lasciano tranquillo, soprattutto a Milano. E una sconfitta, sotto la Madonnina, avrebbe una valenza politica devastante. Dunque, bisogna galvanizzare gli elettori, facendogli sentire l’odore della polvere da sparo. Trasformare il voto amministrativo in un referendum sulla sua persona, sulla sua battaglia all’ultimo respiro contro la magistratura. È uno schema costante delle sue campagne elettorali. Ma, questa volta, l’esecuzione del vecchio spartito è più isterica ed estremistica. Il Cavaliere è meno sicuro del solito. Avverte le prese di distanza della Lega. Sente che anche nel suo partito qualcosa non quadra. Anche se finora ha accettato tutto. Compresi i bunga bunga e le papi girl.

A questo punto, torna d’attualità una domanda che si riteneva accantonata: è possibile, in queste condizioni, arrivare fino al 2013? Berlusconi, ultimamente, aveva mostrato di non volere le elezioni anticipate. Ma le incognite sono tante. Se il voto di maggio dovesse portare cattivi risultati, soprattutto a Milano? Torna a circolare l’ipotesi di consultazioni politiche a ottobre. In ogni caso, la maggioranza ha pronto il suo emendamento per cambiare la legge elettorale, tagliando le gambe al Terzo Polo. Si vorrebbe, per il Senato, introdurre il premio di maggioranza su base nazionale, anziché regionale, e innalzare gli sbarramenti. Una nuova “porcata” che è peggio della prima “porcata”, quella firmata dal ministro Calderoli. Ma Berlusconi pensa di non dover rispondere dei suoi soprusi. Per questo, l’opposizione deve essere vigile, non stancarsi mai di difendere il sistema di equilibri e di garanzie voluto dalla nostra Costituzione. Tuttavia, bisogna anche andare oltre: invertire la rotta, per impedire che sia il Cavaliere a imporre l’agenda. È importante portare sulle piazze l’indignazione crescente dei cittadini. Ma è primario il ruolo della politica e, quindi, anche dei partiti, a condizione che sappiano uscire dalle nebulosità del dibattito attuale. Bisogna raccogliere lo slancio che viene dall’opinione pubblica, dargli corpo politico, indicare prospettive credibili. Alla denuncia si deve accompagnare una strategia consapevole, che sappia muoversi su tutti i terreni: il parlamentare, il sociale, l’elettorale. Non ci si può chiudere nel Parlamento, ci vuole un orecchio attento alla domanda che sale dal Paese. Ma bisogna anche saper cogliere tutte le occasioni che le vicende parlamentari offrono. Condurre battaglie cruciali su problemi cruciali: dalla questione drammatica dei lavoratori precari agli aspetti scandalosi del potere berlusconiano. È così che si costruiscono le alleanze  per un’alternativa comune. Un passo dietro l’altro. Con rigore e con umiltà. Si diceva nel tempo andato: “dalla protesta alla proposta”. Siamo sicuri che non ce ne sia più bisogno?

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