Mettiamoci tranquilli. Berlusconi ha parlato, all’ombra del Colosseo. E garantisce che non si avrà lo scioglimento anticipato del Parlamento perchè lui ha “una maggioranza per governare tre anni” e “i finiani saranno leali”. Sui Tg, il premier appariva un po’ stazzonato, con gli occhi che si chiudono come fessure quando sorride. Ma l’umore era ottimo. Forse perché lo ha rinfrancato la movida moscovita con l’amico Putin, quello che lui chiama “un dono del Signore”. E, allora, ha trasmesso il suo festival di gag e vanterie, barzellette e battute maschiliste. Ma le settimane di psicodrammi, le guerre a colpi di dossier, le minacce e le ritorsioni, il dito rampante di Bossi, graziosamente mostrato per cancellare l’eresia del finianesimo?
In pochi giorni, non rullano più i tamburi degli ultrà, nella brezza settembrina si levano le note della melodia della stabilità. A questo punto, ci sarà pure una spiegazione per le ritrovate certezze del Cavaliere? Qualcuno azzarda che stia prendendo in considerazione il “patto di legislatura” proposto da Fini. O, quanto meno, che pensi di definire un’intesa a medio termine, capace di dargli un certo respiro. E, invece, nulla di tutto questo perché è roba da vecchia politica, quella che a Berlusconi fa venire l’orticaria. Lui, quando deve raggiungere il suo scopo, ha sistemi più diretti e più rapidi della melina degli accordi e dei compromessi. Se quel che gli serve non ce l’ha, lo compra. L’ha fatto sempre nella sua attività d’imprenditore, lo fa, anche, come presidente del Milan. Oggi che cosa gli manca? Una quota di parlamentari che lo porti alla Camera sulla soglia dei 316 voti, così da garantirgli l’autosufficienza, a prescindere dall’apporto dei fedelissimi di Fini. E, allora, basta chiacchiere, si passi agli acquisti.
Montecitorio, dunque, come un gran Bazar, dove si pratica la compravendita quotidiana. Si cerca di pescare dovunque: deputati del Sud ma anche dell’estremo Nord, transfughi di vario colore, centristi scontenti della politica di Casini e in attesa di un nuovo collocamento. Sono all’opera colonnelli, sergenti, mazzieri dell’armata berlusconiana. Si prodigano le “amazzoni guerriere”, come la Santanchè. E anche qualche “colomba”, come il ministro Frattini, che dovrebbe gestire la Farnesina, ma ha sufficiente tempo libero, visto che, quando si tratta di andare ai colloqui più importanti con Gheddafi o Putin, Berlusconi lo lascia a casa. L’obiettivo è formare una nuova aggregazione parlamentare, che faccia da cuscinetto tra il Pdl e i finiani di stretta osservanza. Ufficialmente, il Cavaliere la definisce “gruppo di responsabilità nazionale”. Ma, in privato, quando si adira, e non c’è Gianni Letta a tirarlo, parla più prosaicamente di “legione straniera” o di una “compagnia di ascari”.
Lo sappiamo: il Cavaliere è maestro nella campagna acquisti. E, questa volta, le cose dovrebbero essere anche più facili. Che cosa chiedono i parlamentari in transito, in cambio del loro voto? Conservare il seggio. E il “Porcellum” elettorale, predisposto dal ministro Calderoli, offre lo strumento appropriato. Consente, infatti, al capo-partito di promettere ai nuovi cortigiani un seggio sicuro, al di là della volontà degli elettori. Eppure, malgrado tutto, i conti ancora non tornano, la piccola armata non si muove. In politica, non è come il calcio-mercato dove Berlusconi può comprare Ibrahimovic per ridare ossigeno a un asfittico Milan. A Montecitorio, il suo centravanti, il Cavaliere ancora non l’ha trovato. Torna d’attualità l’aforisma di Flaiano: “La situazione è grave, ma non seria”.