Mills “è stato corrotto”, ma spunta un “convitato di pietra”

27 Ottobre 2009

La Corte d’appello di Milano ha confermato la condanna in Tribunale dell’avvocato David Mills a 4 anni e 6 mesi: corrotto con 600mila dollari della Fininvest per testimoniare il falso nei processi All Iberian e tangenti alla Guardia di Finanza che vedevano come imputato principale Silvio Berlusconi. Il presidente del Consiglio era coimputato di Mills nel processo di primo grado, ma la sua posizione era stata stralciata in seguito all’approvazione del cosiddetto lodo Alfano che doveva assicurargli l’impunità sino a quando fosse restato a Palazzo Chigi. Ora che il lodo è stato eliminato dalla Corte costituzionale il processo contro di lui dovrà ricominciare da zero davanti a un tribunale diverso da quello che ha giudicato Mills.
Rabbiosa la reazione del difensore del legale inglese, Alessio Lanzi: “E’ una decisione che mette va dura prova la buona fede nei confronti dello stato di diritto”. “Non è finita qui”, ha aggiunto l’”amareggiato” avvocato Lanzi: “Ricorreremo in Cassazione dove il giudizio sarà ribaltato, abbiamo elementi forti per prevederlo”.
In realtà l’unico elemento “forte” lo stesso Lanzi lo aveva tirato fuori ieri, in Corte d’appello, in sede di replica prima che la giuria si riunisse in camera di consiglio. Ed è elemento così forte da suonare come un ricatto. “Esiste un convitato di pietra in questo processo – aveva detto Lanzi con evidente riferimento a Berlusconi –, ed è inutile nascondersi dietro un dito. Parliamo francamente, signori giudici: la vostra decisione potrebbe avere grandi e gravi ripercussioni.

“Come avvocato ma anche come cittadino – aveva insistito – troverei davvero paradossale e ingiusto che gravi conseguenze si determinassero a causa di un processo nel quale la tesi del Tribunale o è priva di prova o è smentita documentalmente”.
Ora, di grave e greve c’è solo questa dichiarazione, e per due motivi. Intanto perché i giudici dell’appello hanno letteralmente confermato la sentenza di primo grado non solo nella portata della condanna ma, in partenza, nelle motivazione del Tribunale: senza di che non sarebbero giunti alle identiche conclusioni. E poi perché l’avvocato Lanzi ha usato lo stesso tipo di argomentazione che l’Avvocatura dello Stato aveva usato di fronte alla Corte costituzionale per sostenere la legittimità del Lodo Alfano. Come dire che, almeno nei fatti, almeno oggettivamente, c’era e c’è una singolare, forse illuminante consonanza tra l’Avvocatura (che in quel caso più che lo Stato mostrò di rappresentare il governo, anzi il suo premier) e il difensore di Mills.
Del resto che ci sia un evidente, diretto collegamento tra il processo Mills e la posizione di Berlusconi è sottolineato anche da una furibonda dichiarazione che proprio il legale di fiducia del Cavaliere (nonché coordinatore della “consulta per la giustizia” del Pdl) Niccolò Ghedini si è sentito in dovere di rilasciare subito a commento della nuova sentenza di condanna a carico del brasseur d’affaires inglese. Da un lato c’è, per Ghedini, “la conferma che a Milano non si possono celebrare processi quando, ancorché indirettamente, vi sia un collegamento con il presidente Berlusconi”.

(Che fa, lo stabiliamo in un codice scritto dalla “consulta” coordinata dallo stesso Ghedini?). Dall’altro lato “la decisione della Corte d’appello è del tutto illogica e nega in radice ogni risultanza in fatto e in diritto: un processo svolto in tempi record negando qualsiasi prova e rifiutando qualsiasi possibilità di difesa”. (Che fa, modifichiamo anche il codice di procedura penale come medita proprio Ghedini?). Ergo, la decisione “non potrà che essere annullata dalla Corte di Cassazione”. Vedremo. Intanto Mills si è beccato la seconda condanna e nulla più impedisce il processo a Berlusconi. Sì, lo sappiamo che la prescrizione sarà alle porte, ma è sempre bello vedere agitarsi scompostamente l’onorevole Ghedini.

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