E adesso entreranno in servizio gli azzeccagarbugli. La sentenza con cui la Corte Costituzionale ha cancellato alcuni commi rilevanti della legge sulla fecondazione assistita ha provocato, come aveva annunciato Giorgio Frasca Polara su questo sito, un vero e proprio terremoto. Di soddisfazione per chi questa legge ha sempre avversato, e di costernazione per chi l’aveva tenacemente voluta fino a spingersi, col concorso attivo della curia vaticana, a propagandare l’astensione al referendum.
A botta calda, un esponente di primo piano del secondo fronte, e cioè Carlo Casini, presidente del Movimento per la vita, si è lasciato sfuggire dai microfoni di Radio Vaticana un grido di sgomento: “Così si scardina l’intero impianto della legge”. Sentimento pericoloso per il berlusconismo che non ammette sconfitte. Così a contraddire Casini è subito sceso in campo un esercito di minimizzatori. C’è chi sostiene che le norme bocciate dalla Consulta non inficiano il complesso della legge, chi, come Eugenia Roccella, si ripromette di scavalcare la sentenza con nuove linee guida ministeriali, chi definisce “promosse” le norme che non erano sotto giudizio e le usa per dimostrare la contradditorietà della legge che emerge dopo il pronunciamento della Corte.
Vale allora la pena di ricordare, in premessa, l’ambito di intervento della Consulta.
Usiamo le parole di Stefano Ceccanti, giurista e senatore del Pd: “La Corte costituzionale si è pronunciata direttamente solo su due commi, il 2 e il 3, dell’art. 14 della legge 40 del 2004; sulle altre parti non si è pronunciata, non le ha dichiarate costituzionali, ma semplicemente irrilevanti nei casi in questione. Quindi sono state esaminate solo due norme e sono cadute entrambe per incostituzionalità”. Questo, e non altro, è dunque il senso della sentenza: quei due commi confliggevano con il dettato costituzionale, e perciò sono stati cassati. Semplice e chiaro, ma proprio per questo inaccettabile per i crociati di casa nostra. Che stanno già studiando le contromosse e affastellano argomenti capziosi. Su tutti splende Rocco Buttiglione: “Il giudice non può sovrapporre una propria visione ideologica alla volontà popolare interpretata dal Parlamento”. Curioso ragionamento, che è però in perfetta sintonia con la forma mentis berlusconiana: ricordate i giudici che non possono giudicare chi, avendo preso i voti degli elettori, è stato con ciò da essi assolto? E’ lo stesso percorso logico, applicato ieri alle disavventure di Berlusconi, oggi alla fecondazione assistita, e magari domani al testamento biologico o al lodo Alfano. Il popolo sovrano assolve e condanna, anche in spregio alle leggi vigenti.
Inutile dire che tutto questo non ha niente a che fare con la democrazia, e invece ha molto in comune con le dittature plebiscitarie. L’orecchio della maggioranza è sordo a simili argomenti.
Ma ce ne sono altri che invece possono essere ascoltati. Perché forse il clima è cambiato da quando il referendum sulla legge 40 cadde per mancanza del quorum. E’ vero che il mancato quorum non equivale alla vittoria del no (e proprio su questo giocarono furbescamente i sostenitori della legge), ma non c’è dubbio che allora la maggioranza dei cittadini non sentì il bisogno di dire la sua sulla fecondazione assistita. Oggi, dopo il caso di Eluana Englaro e la disputa sul testamento biologico la sensibilità dell’opinione pubblica sui temi etici è molto aumentata. E le posizioni confessionali, almeno stando ai sondaggi, risultano minoritarie. Per Berlusconi questo è un problema. Schematizzando: a chi darà retta, al popolo o al papa?
Difendiamo la Costituzione, i diritti e la democrazia, puoi unirti a noi, basta un piccolo contributo