Un governo con i Cinque Stelle per fermare la rovina leghista

09 Mar 2018

Roberta De Monticelli Consiglio di Presidenza Libertà e Giustizia

C’è un appello che circola in rete: si rivolge alle sinistre e anche agli europeisti, e chiede loro di sostenere, e naturalmente con la loro presenza di condizionare, il programma del Movimento 5 Stelle per un governo possibile. Naturalmente non è solo un appello isolato. E non è solo la speranza dei molti fedeli del Pd che questa volta hanno votato 5 Stelle. È l’ ultima speranza di tutti quelli che veramente vogliono arginare l’ondata leghista e razzista, anzi, l’ondata populista.

Ma dalle colonne di Repubblica, ieri, una delle voci più nobili e influenti oltre che più ascoltate della tradizione socialdemocratica – Ezio Mauro – alza forte il suo no, e quasi il suo contro-appello: “La sinistra resti dalla parte delle sue idee”.

Ecco, di quali idee, viene da chiedere? Tutta l’analisi di Mauro è in termini di “blocchi sociali” e di “interessi” (“non c’ è un blocco sociale che porta i suoi interessi dentro il gioco istituzionale che aspira alla guida della cosa pubblica”). Al posto di un tale “blocco” non ci sarebbe che “il nulla”, fatto soltanto di “rabbia e risentimento”.

Questo nulla sarebbe “un movimento più che un partito”, che è “senza passato e dunque senza vincoli”, e quindi “non può governare”. Se queste sono le idee, vale la pena di restare loro fedeli?

Dunque non sono le persone che vivono e vedono e scelgono, in una democrazia, ma – democrazia o no – sempre e solo i blocchi sociali e i ceti.

Dunque non sono i cittadini, ciascuno e con gli altri, a poter mai decidere – ma i ceti; dunque non sono anche le ragioni e gli ideali delle persone a nutrire il dibattito pubblico e la politica, ma esclusivamente gli “interessi”; dunque è solo il passato che può porre dei vincoli: non la ragione e la responsabilità verso la Repubblica. Non il senso del pubblico interesse o almeno del futuro dei nostri figli. No. Solo il passato. Non noi. La Storia.

Non stupisce che con queste idee la sinistra abbia “perduto la capacità di generare speranza”. Non l’avrà perduta a furia di confondere l’ideale con l’ideologico?
Però alla fine per Mauro questo “nulla” una sua ragione sociale la trova: “il ribellismo della piccola borghesia”.
La cui ala grillina “nobilita” rabbia e invidia sociale “portandola in politica così com’è, senza mediazioni e trasformazioni, scagliandola contro i partiti, le istituzioni, la corruzione, l’Europa”.

Eppure la lettera di Di Maio che occhieggia dalla stessa prima pagina di Repubblica dice tutto il contrario. Parla di cittadini e non di blocchi e di ceti. Parla di qualità di vita da migliorare e non di protesta.

Parla di “partecipazione”, “ascolto” e “trasparenza” e non di risentimento e paura. Parla delle cose brutte che politica ha fin qui voluto dire. Corruzione, conflitti di interesse, incapacità di mantenere gli impegni presi, demolizione sistematica della fiducia nelle istituzioni. Assume l’impegno di fare il contrario, e chiede di controllarlo.

In politica lo spazio fra ciò che uno dice e quello che uno può dipende da quanti sono pronti a starci fin dove condividono e a provare a condizionarlo dove possono – è questo che Di Maio chiede alla Sinistra. Certo, ci sono molte anime in quel movimento.

Ma senza dubbio ce n’è una che è davvero cieco e irresponsabile rimuovere, respingere verso le altre. È con la voce di quell’anima che Di Maio ha parlato. È l’anima non populista, perché guidata dall’idea tutta diversa di cittadinanza attiva. L’idea, lo sappia o no Di Maio, ma molti fra coloro che potrebbero oggi aiutarlo a evitarci la rovina lo sanno – radicata nell’umanesimo civile e repubblicano di alcuni maestri della giustizia e della libertà. È l’anima che soffre come molti di noi per lo strazio che decenni di cinismo politicante in tutti i partiti hanno fatto della “fede pubblica” (Leopardi). Fede pubblica è amore per le istituzioni della democrazia e per il progetto di società iscritto nella nostra Costituzione, alla quale il Movimento fin dai suoi inizi ha dichiarato fedeltà e che in cruciali circostanze ha difeso.

Ed è speranza in un rinnovamento civile che tutti noi, per amore del bene comune e pubblico e non per semplice fame di un po’ di reddito, possiamo promuovere, un rinnovamento vero al quale possiamo impegnarci a vegliare: sono loro che ce lo chiedono. A trentun anni è ancora possibile immaginare un’ Italia rinnovata e un’Europa più giusta. Oggi potremmo avere tutti trentun anni, anche quelli fra noi capaci di portare dal loro passato qualche “vincolo” buono. Se solo ciò che resta della sinistra nei partiti e nelle istituzioni, se le donne e gli uomini di quella sinistra, vorranno ascoltare l’ anima civile del movimento che ha vinto, e aiutare il Paese a disarmare le pulsioni incivili.

Il Fatto Quotidiano, 8 marzo 2018

Nata a Pavia il 2 aprile 1952, è una filosofa italiana. Ha studiato alla Normale di Pisa, dove si è laureata nel 1976 con una tesi su Edmund Husserl.

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