Non è cosa vostra

Tutte le info della manifestazione. Tutti a Bologna domenica 2 giugno dalle ore 13.30 alle ore 17.30 in piazza s. Stefano.
Sul palco: Gustavo Zagrebelsky, Stefano Rodotà, Roberto Saviano, Salvatore Settis, Sandra Bonsanti, Nando dalla Chiesa, Maurizio Landini, Carlo Smuraglia, Susanna Camusso, Lorenza Carlassare e molti amici rappresentanti di associazioni in difesa della Carta.

Da anni, ormai, sotto la maschera della ricerca di efficienza si tenta di cambiare il senso della Costituzione: da strumento di democrazia a garanzia di oligarchie. Non dobbiamo perdere di vista questo, che è il punto essenziale. Non è in gioco solo una forma di governo che, per motivi tecnici, può piacere più di un’altra. L’uguaglianza, la giustizia sociale, la protezione dei deboli e di coloro che la crisi ha posto ai margini della società, la trasparenza del potere e la responsabilità dei governanti sono caratteri della democrazia, cioè del governo diffuso tra i molti. L’oligarchia è il regime della disuguaglianza, del privilegio, del potere nascosto e irresponsabile, cioè del governo concentrato tra i pochi che si difendono dal cambiamento, sempre gli stessi che si riproducono per connivenze e clientele. Parlando di oligarchie, non si deve pensare solo alla politica, ma al complesso d’interessi nazionali e internazionali, economico-finanziari e militari, che nella politica trovano la loro garanzia di perpetuità e i loro equilibri.

Ora, di fronte alle difficoltà di salvaguardare questi equilibri e alla volontà di rinnovamento che in molte recenti occasioni si è manifestata nella società italiana, è evidente la pulsione che si è impadronita di chi sta al vertice della politica: si vuole “razionalizzare” le istituzioni in senso oligarchico. Invece di aprirle alla democrazia, le si vuole chiudere o, almeno, congelare. L’incredibile decisione di confermare al suo posto il Presidente della Repubblica uscente è l’inequivoca rappresentazione d’un sistema di complicità che vuole sopravvivere senza cambiare. L’ancora più incredibile applauso, commosso e grato, che ha salutato quella rielezione – rielezione che a qualunque osservatore sarebbe dovuta apparire una disfatta – è la dimostrazione del sentimento di scampato pericolo. Ogni sistema di potere a rischio, o per incapacità di mediare le sue interne contraddizioni o per la pressione esterna da parte di chi ne è escluso, reagisce con l’istinto di sopravvivenza. Ma le riforme, in questo contesto, non possono essere altro che mosse ostili. Per questo, di fronte alla retorica riformista, noi diciamo: in queste condizioni, le vostre riforme non saranno che contro-riforme e il fossato che vi separa dalla democrazia si allargherà. Contro gli accordi che nascondono contro-riforme, noi, per parte nostra, useremo tutti gli strumenti per impedirle e chiediamo a coloro che siedono in Parlamento di prendere posizione con chiarezza e impegnativamente e di garantire comunque la possibilità per gli elettori di esprimersi con il referendum, se e quando fosse il momento.

Soprattutto, a chi si propone di cambiare la Costituzione si deve chiedere: qual è il mandato che vi autorizza? Il potere costituente non vi appartiene affatto. Siete stati eletti per stare sotto, non sopra la Costituzione. Se pretendete di stare sopra, mancate di legittimità, siete usurpatori. Se proprio non vogliamo usare parole grosse, diciamo che siete come la ranocchia che cerca di gonfiarsi per diventare bue. Non è la prima volta. E’ già accaduto. Ma ciò significa forse che ciò che è illegittimo sia perciò diventato legittimo?

Per questo, difenderemo la Costituzione come cosa di tutti e ci opporremo a coloro che la considerano cosa loro. La costituzione della democrazia è, per così dire, il vestito di tutta la società; non è l’armatura del potere di chi ne dispone. La mentalità dominante tra i tanti, finora velleitari, “costituenti” che si sono succeduti nel tempo nel nostro Paese, è stata questa: di fronte alle difficoltà incontrate e al discredito accumulato, invece di cambiare se stessi, mettere sotto accusa la Costituzione. La colpa è sua! Non sarà invece che la colpa è vostra o, meglio, della vostra concezione della politica e degli interessi che vi muovono?

Su un punto, poi, deve farsi chiarezza per evitare gli inganni. Chi vuol cambiare, normalmente, è un innovatore e le novità sono la linfa vitale della vita politica. Per questo, gli innovatori godono d’una posizione pregiudiziale di vantaggio. Ma, esiste anche un riformismo gattopardesco di segno contrario: si può voler cambiare le istituzioni per bloccare la vita politica e salvaguardare un sistema di potere in affanno. Allora, il movimentismo istituzionale equivale alla stasi politica. La stasi solo apparentemente è pace: è la quiete prima della tempesta.

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Anche noi siamo per la pace; vediamo che il nostro Paese ha bisogno di pacificazione, pur se esitiamo a usare questa parola, corrotta ormai dall’abuso. Sappiamo però, anche, che la pace è esigente, molto esigente. Non può esistere senza condizioni. Dice la Saggezza Antica: “su tre cose si regge il mondo: la giustizia, la verità e la pace”. E commenta così: in realtà sono una cosa sola, perché la giustizia si appoggia sulla verità e alla giustizia e alla verità segue la pace. La pace è la conseguenza della verità e della giustizia. Altrimenti, pacificare significa solo zittire chi vuole verità e giustizia, per nascondere segreti, inganni e ingiustizie e continuare come prima. Non è questa la pace di cui il nostro Paese ha bisogno.

Non siamo né i velleitari né i giacobini che ci dipingono. Non crediamo affatto al regno perfetto della Verità e della Giustizia sulla terra. Sappiamo bene che la politica non si fa con i paternoster e temiamo i fanatici della virtù rigeneratrice. Ma da qui a tutto accettar tacendo, il passo è troppo lungo. Siamo disposti alla pacificazione, ma a condizione che, nelle forme e con i mezzi della democrazia, si abbia come fine la ricerca della verità e la promozione della giustizia. Altrimenti, pacificazione è parola al vento. La pacificazione non è un sentimento o una predica, ma è una politica. È, dunque, una cosa molto concreta, difficile e impegnativa, perché non significa stare tutti insieme in un patto di connivenza. Significa combattere le zone oscure del potere, le sue illegalità, i suoi privilegi e le sue immunità; significa operare per la giustizia in favore del riequilibrio delle posizioni sociali, della riduzione delle disuguaglianze, dei diritti dei più deboli, di coloro che la crisi economica ha ridotto allo stremo, spingendoli ai margini della società. Solo questa è pacificazione operosa e veritiera.

Si dice che le “riforme istituzionali e costituzionali” hanno questo scopo. Ma, noi temiamo che, dietro alcune riforme “neutre”, semplificatrici e razionalizzatrici (numero dei parlamentari, province, bicameralismo), ve ne siano altre, pronte a saltar fuori quando se ne presenti l’occasione propizia, le quali con la pacificazione non hanno a che vedere. Piuttosto, hanno a che vedere con ciò che si denomina “normalizzazione”.

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La procedura. Esiste, nella Costituzione (art. 138) una procedura prevista per la sua “revisione”. Ma oggi se ne immagina un’altra, farraginosa e facente capo a un’assemblea, chiamata “convenzione”. Si sta cercando la via per una spallata per la quale le procedure ordinarie, per la volontà impotente delle forze politiche, non sono sufficienti? Già il nome induce al dubbio che di ben altro che di una “revisione” si tratti. Le “convenzioni costituzionali” (a iniziare da quella di Filadelfia del 1787) possono essere convocate con limitati compiti riformatori, ma poi prendono la mano e pretendono di essere “costituenti”, cioè di scrivere nuove costituzioni. Il fatto poi che qualcuno abbia fatto riferimento a una “Commissione dei 75”, come la “Commissione per la Costituzione” che elaborò ex novo la vigente Costituzione del 1947, non fa che rafforzare questa supposizione, confermata dal fatto che ritorna il linguaggio e la mentalità della “grande riforma”. Par di capire che si voglia la riscrittura ex novo dell’architettura della politica. L’odierna procedura – da quel poco che si capisce e dal molto che non si capisce – è un miscuglio in cui sono messi insieme parlamentari ed “esperti”, scelti dai partiti, presumibilmente in proporzione alle forze che compongono il Parlamento. Il prodotto dovrebbe passare per le commissioni “affari costituzionali” e giungere alle Camere, separate o riunite (presumibilmente per superare l’ostilità del Senato), per concludersi con l’approvazione, non senza una concessione alla democrazia del web. Il voto finale dovrebbe essere un “prendere o lasciare” (su tutto il “pacchetto” o sulle singole parti, non si sa), senza possibilità di emendamento. Poiché un tale procedimento è totalmente estraneo alla Costituzione vigente, le è anzi contrario, s’immagina che poi, con una legge costituzionale si ratificherà l’accaduto. Non è nemmeno il caso di commentare in dettaglio questo pasticcio annunciato: la legge costituzionale di ratifica ex post non è essa stessa la confessione che quel che intanto si fa è fuori della Costituzione? i “garanti della Costituzione” non hanno nulla da eccepire? la convenzione nascerebbe come proiezione di un parlamento eletto con una legge elettorale che, col premio di maggioranza, altera profondamente la rappresentanza, ma non s’è sempre detto che le assemblee con compiti costituenti devono essere “proporzionali”? gli “esperti”, scelti dai partiti, saranno dei “fidelizzati”? il loro compito non si ridurrà alla “copertura” delle posizioni di chi li ha scelti con quello scopo? come si esprimeranno: con una voce sola, che fa tacere i dissidenti, o con più voci? se le opinioni saranno diverse – come necessariamente dovrà essere se gli “esperti” saranno scelti senza preclusioni – che cosa aggiungerà il loro lavoro a un dibattito che, tra gli esperti, dura già da più di trent’anni? se saranno chiamati a votare, cioè a scegliere, non avremmo allora dei tecnici chiamati a esprimersi politicamente? in fine, come potrebbero i parlamentari degnamente accettare l’umiliazione del voto bloccato “sì-no” sulle proposte della Convenzione? Questi arzigogoli contraddittorii non sono forse il segno della confusione in cui si caccia la volontà, quando è impotente?

Il presidenzialismo. Nel merito della riforma, ancora una volta, dietro le quinte s’affaccia la volontà di presidenzialismo: “semi” o intero. L’argomento sul quale, da ultimo, si basano i presidenzialisti, è il seguente: i tempi della presidenza Napolitano hanno visto una trasformazione “di fatto” dell’ordinamento, in questo senso. Non è allora naturale che si costituzionalizzi, regolandolo, quanto è già avvenuto? A questo riguardo, però, occorre distinguere. Una cosa è l’espansione dell’azione presidenziale utile a preservare le istituzioni parlamentari previste dalla Costituzione, nel momento della loro difficoltà, in vista del ritorno alla normalità. Altra cosa è l’azione che prelude a trasformazioni per instaurare una diversa normalità. Queste contraddicono l’obbligo di fedeltà alla Costituzione che c’è, obbligo contratto da chi fa parte delle istituzioni. Aut, aut. Non sono rispettosi dei doveri costituzionali presidenziali, e del Presidente medesimo, i sostenitori dell’avvenuta trasformazione della “costituzione materiale”. Il “garante della Costituzione” agisce per preservarla o per trasformarla?

Noi temiamo che il presidenzialismo, quali che siano le sue formulazioni e i “modelli” di riferimento, nel nostro Paese non sarebbe una semplice variante della democrazia. Si risolverebbe in una misura non democratica, ma oligarchica. Sarebbe, anzi, la costituzionalizzazione, il coronamento della degenerazione oligarchica della nostra democrazia. Sarebbe la risposta controriformista alla domanda di partecipazione politica che si manifesta nella nostra società al tempo presente. L’investitura d’un uomo solo al potere, portatore e garante d’una costellazione d’interessi costituiti, non è precisamente l’idea di democrazia partecipativa che sta scritta nella Costituzione, alla quale siamo fedeli.

Controlli. Il senso concreto del presidenzialismo che viene proposto in questa fase della nostra vita politica si chiarisce minacciosamente anche con riguardo ad altri due temi all’ordine del giorno dei riformatori costituzionali: l’autonomia della magistratura e la libertà dell’informazione. Ogni oligarchia ha bisogno di organizzare e gestire il potere in maniera nascosta, segreta. Ma la democrazia è il regime in cui il potere pubblico è esercitato in pubblico. La pubblicità delle opere dei governanti, è la condizione della loro responsabilità. Il potere non responsabile è autocratico, non democratico. Qual è il rimedio contro la chiusura del potere politico su se stesso? È la conoscenza veritiera dei fatti. E quali sono gli strumenti di tale conoscenza? Le indagini giudiziarie e le inchieste giornalistiche. Per nulla sorprendente è che chiunque si trovi ad esercitare un potere oligarchico sia ostile alla libertà delle une e delle altre, quando forse, invece, trovandosi all’opposizione, l’aveva difesa a spada tratta. Nulla di sorprendente: non sorprendente, ma certamente inquietante la concomitanza di proposte restrittive dell’azione giudiziaria e giornalistica con i progetti di riforma del sistema di governo. Chi ha a cuore la democrazia non può ragionare secondo la logica contingente della convenienza, ma deve difendere la libertà della pubblica opinione, indipendentemente dal fatto che questa libertà possa giovare o nuocere a questa o quella parte, a questi o quegl’interessi.

La legge elettorale. La riforma della legge vigente è riconosciuta come emergenza democratica, da tutti e non da oggi. Dopo che la Corte costituzionale, con l’improvvida sentenza che aveva dichiarato inammissibile il referendum che avrebbe ripristinato la legge precedente (soluzione realisticamente prospettata, fin dall’inizio, da Libertà e Giustizia), tutti dissero in coro: riforma elettorale, fatta subito con legge. Si è visto. Anche oggi si ripete la stessa cosa, ma con quali prospettive? Esiste una convergenza di vedute in Parlamento? È difficile crederlo e già emergono le resistenze. I due maggiori aspetti critici della legge attuale, dal punto di vista della democrazia, sono l’abnorme premio di maggioranza e le liste bloccate. Ma il premio di maggioranza farà gola ai due raggruppamenti maggiori che, sondaggi alla mano, possono sperare di avvalersene. Le liste bloccate (i parlamentari “nominati”) sono nell’interesse delle oligarchie di partito e degli stessi membri attuali del Parlamento, che possono contare sulla ricandidatura facile, tanto più in mancanza d’una legge sulla democrazia nei partiti, anch’essa sempre invocata (subito la legge!) quando scoppia qualche scandalo. Dal punto di vista della funzionalità o governabilità del sistema, occorrere poi eliminare il diverso metodo di attribuzione del premio di maggioranza nelle due Camere, ciò che ha determinato la vittoria di un partito nell’una, e la sua sconfitta nell’altra. Il ritorno al voto con questa incongruenza sarebbe come correre verso il disastro, verso il suicidio della politica. Ma anche a questo proposito, non si può essere affatto sicuri che calcoli interessati, questa volta non a vincere ma impedire ad altri di vincere, non abbiano alla fine la meglio. Il Capo dello Stato ha minacciato le sue dimissioni, ove a una riforma non si addivenga. Altri immaginano una riforma imposta dal Governo con decreto-legge.  Sono ipotesi realistiche? Possiamo davvero immaginare che un Presidente della Repubblica, che porti le responsabilità inerenti alla sua carica, al momento decisivo sarebbe pronto a sottrarvisi, precipitando nel caos? Quanto al Governo, possiamo credere ch’esso possa agire facendo tacere al suo interno le divisioni esistenti tra le forze parlamentari che lo sostengono, le quali sarebbero comunque chiamate a convertire in legge il decreto (senza contare – ma chi presta più attenzione a questi dettagli? – che la decretazione d’urgenza è vietata in materia elettorale).

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E allora?  C’è da arrendersi a questa condizione crepuscolare della democrazia? Al contrario. C’è invece da convocare tutte le energie disponibili, dovunque esse si possano trovare, proprio come abbiamo cercato di fare con questa pubblica manifestazione. Per raccogliere in un impegno e in un movimento comune la difesa e la promozione della democrazia costituzionale che, per tanti segni, ci pare pericolare. Dobbiamo crescere fino a costituire una massa critica di cui non sia possibile non tenere conto, da parte di chi cerca il consenso e chiede il nostro voto per entrare nelle istituzioni. Per questo dobbiamo riuscire a spiegare ai molti che la questione democratica è fondamentale; che non possiamo rassegnarci. Essa riguarda non problemi di fredda ingegneria costituzionale da lasciare agli esperti, ma la possibilità, da tenere ben stretta nelle nostre mani, di lavorare e cercare insieme le risposte ai problemi della nostra vita. Domandare pace, lavoro, uguaglianza e giustizia sociale, diritti individuali e collettivi, cultura, ambiente, salute, legalità, verità e trasparenza del potere, significa porre una domanda di democrazia. Non che la democrazia assicuri, di per sé, tutto questo. Ma, almeno consente che non si perda di vista la libertà e la giustizia nella società e che non ci si consegni inermi alla prepotenza dei più forti.

61 commenti

  • L’Italia è in crisi strutturale per l’incapacità del suo sistema istituzionale di affrontare in modo adeguato le scelte necessarie. E’ un sistema pensato e realizzato in un tempo in cui il mondo era un altro. Se non si cambia rapidamente la crisi diventa irreversibile, e rischiamo di essere la zavorra dell’intera Europa. Le riforme si fanno comunque attraverso le procedure previste, quindi legittime e democratiche. Mai prima d’ora ci sono state condizioni più favorevoli ad una riforma delle istituzioni in senso democratico per l’attuale composizione del Parlamento. Nonostante l’irresponsabilità grillista è un fatto che la rappresentanza berlusconiana, che considero il cancro del paese, sia al suo minimo storico. Per questo quella attuale è un’occasione straordinaria e probabilmente irripetibile per fare una buona volta una riforma istituzionale necessaria: riduzione dei parlamentari, abolizione del bicameralismo, rafforzamento dell’esecutivo, legge elettorale a doppio turno. Se non ora quando ?

  • Caro professor Zagrebelsky,
    finalmente ho l’occasione di intervenire a commento di un articolo scritto proprio da lei. Inutile dire che la sua analisi è perfetta e lucida come sempre.
    Mi inquietano però quei sottintesi inavvertiti nei quali, da un po’ di tempo a questa parte, sembriamo inciampare piú o meno tutti. Mi spiego meglio. Lei scrive che la rielezione di Napolitano è lo specchio di un sistema di complicità che punta alla propria sopravvivenza. Si chiede poi dove sia il garante della Costituzione, se abbia alcunché da eccepire e se agisca (ma: “debba” o “voglia” agire?) per preservare la Carta o invece trasformarla.
    Tutte queste domande riceverebbero, ne converrà, risposte agghiaccianti se Napolitano fosse parte di quel sistema di complicità. Ma riceverebbero anche spiegazioni sensate.
    Lei scrive altresí che, a parere dei presidenzialisti, il mandato di Napolitano ha visto una trasformazione “di fatto” dell’ordinamento in senso presidenziale (!), e afferma giustamente che l’espansione dell’azione presidenziale al fine di preservare le istituzioni differisce di gran lunga da quella che prelude a trasformazioni istituzionali.
    Nell’asserto che sotto la presidenza di Napolitano si è instaurato un “presidenzialismo di fatto” è insito, a mio avviso, il concetto che l’azione del presidente della Repubblica si è sviluppata proprio in quest’ultimo senso. E quel che piú mi meraviglia è che si parli cosí allegramente di “presidenzialismo di fatto”, come fosse fisiologico che una repubblica parlamentare si evolva in presidenziale in via fattuale ad onta della propria Costituzione! Non si tratta d’altro che della traduzione in termini melliflui di ciò che gridò Beppe Grillo all’indomani della rielezione di Napolitano: colpo di Stato. Egli però lo gridava senza vera cognizione di causa e in funzione di contrasto, i “presidenzialisti” in piena consapevolezza e con entusiasmo.
    Questo mi preoccupa assai, professore. Io penso che le cose vadano chiamate con il loro nome, a pena, in caso contrario, di non riuscire piú a contrastarle. Quella commissione di saggi che Napolitano nominò in marzo (astenendosi: dal conferire un incarico, dal rinviare il governo dimissionario alle Camere, dal consentire dimettendosi lo scioglimento delle stesse, tutto insieme), se non ha violato formalmente la Costituzione, ha avuto però il senso politico della predisposizione di un programma di governo da parte del capo dello Stato (!): un programma da attuare con un governo del colore da lui preferito, (!) a favore del quale si è espresso anche ufficialmente in pubblico, e un programma con il quale, de facto, si è presentato all’elezione del presidente della Repubblica (!), impedendo qualsiasi soluzione della crisi sino a quel momento (!) e inducendo, realisticamente, i parlamentari favorevoli all’attuazione del suo programma a impedire ‒ ciò che è facilissimo, dato che le maggioranze servono per eleggere, non per bruciare ‒ l’elezione al Quirinale di qualsiasi altra personalità (e si trattava di nomi che fanno tremare le vene ai polsi). Infine, il presidente della Repubblica si è presentato alle Camere con una minaccia di dimissioni che finisce per legare il suo mandato a quello del Governo (!).
    Ecco, professore, io tengo in enorme considerazione le parole del professor Rodotà in risposta al comico prestato alla politica sul punto del rispetto della legalità costituzionale. Parole che, al pari delle sue e come sempre, per me sono anche un insegnamento. Mi permetto però umilmente di ricordare, e chiedo perdono per l’esempio estremo, che il nazismo pervenne al potere per vie formalmente del tutto legali.
    In sostanza, penso che se qualcuno parla oggi in Italia di “presidenzialismo di fatto” e se si sono verificate tutte in un mese tante anomalie istituzionali (dalla sospensione del procedimento di formazione del governo, alla nomina di un organismo non contemplato dalla Costituzione, sino alla rielezione del capo dello Stato uscente e oltre), sul tavolo c’è un problema molto piú grave, in relazione ai nefasti progetti di rivolgimento costituzionale in atto, di quanto lo sarebbe se questi ultimi fossero ancora allo stato larvale.

  • Sul presidenzialismo. Non mi risulta che né in Francia e tantomeno negli Stati Uniti sia avvenuta una “degenerazione oligarchica della democrazia” e per altro il modello di potere al vertice delle democrazie che semplicisticamente viene oggi assimilato al “presidenzialismo” (si pensi anche alla Gran Bretagna, e alla Germania) riguarda l paesi più democratici. Il fatto è che in Italia il presidenzialismo viene invocato dalla destra di Berlusconi, il quale non ha avuto bisogno di un sistema presidenziale per assurgere all’abnorme potere che ha conquistato in questi venti anni, agendo proprio all’interno di un sistema parlamentare. In Italia il cancro della democrazia è il populismo, che nulla ha a che fare con la “domanda di partecipazione politica che si manifesta nella nostra società”. Le ultime elezioni hanno mostrato che l’illusione bipolarista è stata sostituita dalla realtà bi-populista (Berlusconi, Grillo) e che il populismo vuole essere governato. La Costituzione, ogni Costituzione, è fatta per gli uomini, non gli uomini per la Costituzione e la riforma della Costituzione deve essere compito della sinistra: non è cosa loro.

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  • Un manifesto ispirato. Splendido.
    Aggiungo solo:
    - il convitato di pietra di questo discorso è Berlusconi. Diciamolo forte e chiaro: nessuna “pacificazione“ – nuovo vessillo degli ipocriti di casa nostra – è possibile con un uomo ostile a ogni regola, che si crede lui stesso la Regola vivente, attaccando la magistratura e chiunque abbia l’ardire di considerarlo un cittadino come gli altri, sottoposto alla Legge come tutti. Purtroppo ha trovato complicità nella Casta degli intoccabili di destra e di sinistra:
    - raccogliamo le firme per il referéndum Passigli: via premio di maggioranza e liste bloccate. E diciamola tutta: via il maggioritario. Vent’anni di maggioritario, a cui avevamo guardato con speranza, ci hanno regalato Berlusconi e una sinistra che ha lasciato per strada ogni ideale e ogni visione del bene comune.

  • Gent. prof. Zagrebelsky,

    Grazie per il testo veramente esemplare, soprattutto per lo spirito, la forza e il coraggio con cui enuncia parole e idee radicalmente nuove. Bisogna soprattutto però che non si percepiscano i difensori del costituzionalismo come i CONSERVATORI ma come i veri INNOVATORI. Questo è il giochetto del gattopardismo che il potere delle oligarchie promuove con le amplissime schiere di servi felici che lo omaggiano in tutte le sedi. Come smontare questo giochetto? Come superare gli inganni della neolingua e del bispensiero diffuso dagli oligarchi, insieme ai dogmi dei sommi sacerdoti dell’economia? Su questo raccolgo l’indicazione di Zagrebelsky che, mi pare , sia quella di “vedere le carte” e di chiedere che si dichiari cosa si intende davvero per RIFORMA ISTITUZIONALE O COSTITUZIONALE. Pacificazione non deve significare ambiguità e doppiogiochismo. Ma per “vedere le carte” e smontare la macchina della finzione dobbiamo forse concretizzare meglio anche noi che cosa vogliamo cambiare, che cosa è necessario cambiare per uscire dalla crisi istituzionale e finanziaria. Uno dei punti non potrebbe essere quello di ricostruire i veri meccanismi della rappresentanza per ripristinare il rapporto vero tra paese reale e paese legale ? Non si tratta di rifondare lo Stato- a me non sembra eccessivo- e di salvarne e rivalutarne lo spirito repubblicano? A questo punto diverrebbe davvero prioritaria la legge elettorale e, di seguito, la grande questione della sovranità effettiva in italia e poi in Europa. Il 2013-2014 contiene scadenze che sono epocali. Non mi sembra eccessivo. Per questo la mobilitazione spirituale morale e politica deve essere la massima possibile.

    Grazie ancora per il testo e per l’iniziativa di Bologna

    Umberto Baldocchi
    Lucca

  • Per quanto mi riguarda aderisco convintamente a questo manifesto.
    E farò di tutto per aderire anche fisicamente alla manifestazione del 2 giugno.

  • Se oggi il Capo dello Stato e il CSM, ignorando l’insegnamento di Calamandrei, affermano che l’attività giurisdizionale è insindacabile, cioè che i diritti individuali possono essere cancellati dal giudice, cosa potrà accadere dopo le riforme ad opera di un Parlamento formato in gran parte di indagati, pregiudicati e analfabeti di andata?
    Speriamo che i consiglieri di Napolitano leggano il manifesto del prof. Zagrebelsky.

  • Sottoscrivo in pieno (e come potrebbe essere diversamente) quanto scritto e proposto dal professor Zagrebelsky. E’ questo il realismo in cui mi riconosco, cioè un discorso chiaro e di verità, verità senza la quale non possiamo riprendere ad andare avanti in un viver comune decente. Bisogna sgombrare il campo dal realismo espresso dal signor Frisoli che, pur in buona fede e con entusiasmo, ripropone temi come il rafforzamento dell’esecutivo e il dimezzamento dei parlamentari (ineccepibile, ma si dimezzeranno sia quelli buoni, sia quelli meno buoni e quindi percentualmente non cambierà nulla, sia chiaro) che fanno parte di quel riformismo di cui molti politici si riempiono la bocca ma che non necessariamente (anzi, specie il rafforzamento della figura del presidende del consiglio) porteranno qualcosa di buono. Senza un decente ricambio del personale politico e un sentimento etico più sviluppato non si otterrà mai nulla. Proprio perché la corruzione impera, non possiamo pensare che un cambio di architettura istituzionale faccia migliore la qualità media del ceto politico. O pensiamo veramente che con più poteri al premier (o ai sindaci, ai presidenti di regione e quant’altro) personaggi come la stragrande maggioranza degli esponenti del PdL o della Lega e, purtroppo, non pochi del PD possano migliorare imporvvisamente? La soluzione “uomo forte” (presidente del consiglio) con maggiori poteri mi sembra pericolosa, poiché l’Italia degli elettori è matura tanto quanto la sua classe politica. Prendiamo atto che la ricostruzione sarà lunga, non c’è scorciatoria che tenga che non sia lavorare bene, con politici seri (e il problema effettivamente è dove trovarli) e controllo coscienziosso da parte degli elettori. Maggiori poteri al premier non servono a nulla, a mio modesto parere.

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  • La mentalità dominante tra i tanti, finora velleitari, “costituenti” che si sono succeduti nel tempo nel nostro Paese, è stata questa: di fronte alle difficoltà incontrate e al discredito accumulato, invece di cambiare se stessi, mettere sotto accusa la Costituzione.

    Perry Mason direbbe: ho finito…

  • ” incredibile decisionedi confermareal suo posto il Presidente della Repubblica uscenteè l’inequivocabile rappresentazione di un sistema di complicità che vuole soppra vivere senza cambiare “…perchè professore poteva andare meglio per il Paese Onida ( o Lei stesso ) ?
    La saggia decisione di prorogare Napolitano e creare un governo di coalizione è a mio giudiszio una buona cosa.
    La guerra continua è da buttare a mare : si deve assolutamente fare qualcosa senza continuare a battagliare e soprattutto immaginare che solo la cosidetta società civile ( quella buona , of course ! ) può creare un Paese migliore.
    Forze sane ce ne sono a destra come a sinistra : possiamo farle collaborare ?
    RF

  • Dalla signora Franchi scopriamo, quindi, che è’ il migliore dei mondi possibile e allora tutti costituenti e pronti a collaborare con le persone che abbiamo, evidentemente, malgiudicato in questi anni: Quagliarello, Gasparri, Brunetta, Alfano, Cicchitto, ecc. Preferisco pensare che Rodotà o Zagrebelsky sarebbe stati presidenti migliori e vorrei farlo senza che qualcuno deduca che io voglia rovinare l’Italia, non collaborare con le persone serie (anelo vivere in un mondo di persone serie) o che io sia una specie di rivoluzionario. Basta, quindi, con la scelta del “meno peggio” (cioè di continuo ripiego) che ha portato il PD a vent’anni di opposizione (e di governo e sottogoverno) come quelli che abbiamo davanti (anzi, dietro).

  • La signora Renata esprime una sua valutazione , opinabile in parte ma comunque ha ragione quando si prende gioco della ” società civile ( solo di sinistra , of course ! ) ” perchè in effetti abbiamo avuto in questi anni una sicurezza monuimentale di farsi belli e corretti , quando invece ahimè i ” 20 anni di opposizione del PD ” hanno dimostrato molte manchevolezze .
    Poi, se posso , non ci siamo trovati 20 anni di opposizione ma inseriti nel regno di B nem SETTE ANNI di governi di centro sinistra : e bel simpaticone di Renzi ne ha giustamente vantato nomi ( da dimenticare ) e meriti ( pure ).
    Buttate giù il dittatore ma siete stati conniventi con LUI e avete goduto di tutti privilegi della casta ( PROFF O & Z compresi ) .
    Cambiamo pure rotta ma oggi , farà ridere molti , l’unico governo al quale affidarci è Letta : aiutiamolo !

  • Ai posteri l’ardua sentenza: se fino ad oggi tutti sono stati deboli o conniventi con il caimano (e sul PD sono d’accordo, credevo si capisse da quanto ho scritto) a farci un governo insieme cosa si è? Migliori? Puntualizzo il fatto che come più volte ho scritto, la classe politica è votata dalla società civile e, quindi, se sceglie simili personaggi qualche domanda dovremmo porcela circa la qualità dell’elettorato, anche se con la legge elettorale attuale anche Al Capone entrerebbe, per ovvie ragioni, in parlamento. Ciò che non si capisce dall’ultimo intervento è se dell’essere tutti conniventi, cinici e succubi, l’adesione al governo PD-PdL costituisca una cura. Non è che far nascere un governo per “salvare l’Italia” fa sentire il PD “migliore e responsabile”, altro che le chiacchiere da blog della società civile di sinistra …?

  • Credo che non valga la pena piangere sul latte versato: Giorgio Napolitano è presidente della repubblica, eletto con i voti di PD e PDL, il perché e il percome li sappiamo, o ce li possiamo immaginare. Avremmo potuto avere Rodotà, ma il PD non ha voluto appoggiare il candidato di Grillo, avremmo potuto avere Prodi, ma il PD non ha voluto appoggiare il candidato di Bersani.
    Questa è la nostra classe politica: d’altra parte cosa aspettarsi da un parlamento di nominati dalle segreterie di partito, o di movimento che sia. Tutti legati ai capipartito o ai capibastone, in dipendenza del partito in cui militano, tutti usi obbedir tacendo e tacendo guadagnar.
    E adesso costoro abdicano anche ai loro poteri e alle loro responsabilità, delegando ad una “convenzione di saggi” la modifica della Costituzione, rinunciando perfino alla possibilità di emendare il testo che uscirà dalla convenzione di cui sopra.
    Diceva giustamente Beppe Veruggio che noi tendiamo a trasferire alla Costituzione la colpa della situazione difficile in cui siamo, invece di puntare il dito verso noi stessi e provare ad emendare noi piuttosto che la carta fondamentale dello Stato. Certo: trovare un responsabile esterno può essere gratificante, purtroppo difficilmente risolve i problemi.
    Ma nonostante tutto io ho fiducia. Ho fiducia che la famosa convenzione, tra Valori-Non-Negoziabili, principi inderogabili, esigenze incomprimibili, negoziazioni interminabili e ripicche stizzose, non caverà un ragno dal buco, come d’altra parte tutte le bicamerali che la hanno preceduta.
    E poi, contrariamente a quanto è successo per quell’obbrobrio del pareggio di bilancio, nel caso le cose andassero proprio male, ci sarà il referendum confermativo, nel quale potremo dargli un’altra bella tranvata come qualche anno fa.
    Spes ultima dea … in fondo a sinistra.

  • Pingback: Non è cosa vostra.

  • Sarò idealmente con voi, per difendere la nostra Costituzione e con la speranza di costruire un Italia libera e giusta.

  • Temo che sarò alla manifestazione. Per la Costituzione, non certo per voi che in quanto a miopia politica siete secondi solo al Partito Democratico. Per la Costituzione sì, per la Costituzione sempre.

  • Pingback: LeG, a Bologna contro “il crepuscolo della democrazia” – Movimenti - Blog - Repubblica.it

  • gentile prof Zagrebelsky, condividendo pienamente gli argomenti del suo manifesto, mi permetto di suggerire di FOCALIZZARE sul punto chiave dell’ultimo paragrafo ” E allora?” Lavorare cioè sui presupposti per creare “un impegno e .. un movimento comune di difesa e di promozione della democrazia”. Lavorare sui modi di collegamento tra/con i movimenti, associazioni, organizzazione varie che sono attive sia in termini ideali che operativi sul territorio italiano. Bisogna esplicitare meglio ciò che può creare la loro motivazione. L’ingegneria costituzionale deve essere descritta anche come la architettura dei MEZZI atti a raggiungere democraticamente il FINE ultimo: cioè protezione/gestione ed equità di accesso ai BENI COMUNI per tutti. La Costituzione va esplorata nei suoi componenti per chiarire quanto lei dice a proposito di ” … pace, lavoro, uguaglianza e giustizia sociale, diritti individuali e collettivi, cultura, ambiente, salute, legalità, verità e trasparenza del potere …” Aggiungerei ..- paesaggio, relazioni umane, etc. per avere un elenco anche più completo dei BENI COMUNI per cui vale la pena di difendere la Costituzione. Penso che il segreto per una collaborazione allargata dei movimenti civici organizzati nella società civile, sia chiarire meglio questa valenza del mezzo-costituzione. Per chi come loro progetta-opera sul territorio in difesa di uno o più di quei BENI, sarà del tutto naturale comprendere l’importanza strategica di quella alleanza. Con la prospettiva che in futuro sia anche un modo di riempire una delle tante emergenze italiane: il vuoto di “rappresentanza” tra loro e le istituzioni, che nessuna forma Partito sta oggi offrendo loro.

  • Non arrendendomi a quella che viene definita una ” condizione crepuscolare di democrazia ” trasmetto questa lettera aperta a LEG , chiedendo che venga presa in seria considerazione.

    Lettera aperta ai dirigenti, agli iscritti e ai simpatizzanti di LEG
     
    Le osservazioni e riflessioni che farò sono strettamente connesse sia ai contenuti del Manifesto di Zagrebelskj ( “ Per una stagione costituzionale .Non parole vuote ma atti di contrizione”)  che alle riflessioni fatte sull’associazione Libertà e Giustizia, avendo io partecipato attivamente a qualche incontro .
    Con tali osservazioni intendo dare un contributo dialettico e costruttivo .
    Le prime osservazioni riguardano proprio l’associazione LEG.
    Libertà e Giustizia è un’associazione che si definisce di  “ Cultura politica “, ispirata dallo spirito di  libertà e dal senso di giustizia , il cui metodo è la ragione applicata ai fatti .
    Un’associazione , qualsiasi associazione, possiede come tale una  fenomenologia propria , semplice e complessa insieme. E’ un microcosmo in cui spesso si ripresentano le dinamiche della società esterna che l’associazione intende contrastare e a cui vuole criticamente opporsi . E’ questo un fatto noto . Gli studi sulle dinamiche psico-sociali interattive tipiche dei soggetti appartenenti a gruppi o sottogruppi associativi sono oggetto di studi e di ricerche approfondite come  anche di sofisticate tecniche manipolative. Esiste pertanto un mercato dei gruppi associativi che come tale coinvolge volenti o nolenti tutte le associazioni , gruppi o partiti che hanno la forza e la capacità tecnica di presentarsi sulla scena politico-sociale.   Con ciò non intendo dire che l’associazione “ Libertà e Giustizia” si qualifichi sotto il profilo del mercato disponibile dell’associazionismo prima ancora di esistere in funzione dello scopo specifico che si è proposta e che è così ben rappresentato nel Manifesto di Zagrebelskj .   Dico solo che occorre essere consapevoli delle dinamiche reticolari , intersoggettive e infra-individuali che operano pressoché in automatico all’interno e all’esterno dei microcosmi associativi.    Tali dinamiche entrano oggettivamente in relazione con quel  mondo e con quelle realtà  contro cui l’associazione rivolge la propria critica e i propri “atti di  contrizione”. 
    Per questo motivo vorrei suggerire alcune pratiche  che potrebbero funzionare da anticorpi contro le segrete forze  inerziali , piallatrici della vita emozionale ed intellettuale dell’associazione ; tali dinamiche tendono a prodursi” in automatico” e non sempre dipendono dal calcolo che i dirigenti o la leadership attua sui soggetti cooptati o su coloro che si avvicinano spontaneamente all’associazione spinti da un autentico e generoso interesse verso gli obbiettivi enunciati.
    Per sfuggire al triste destino che contrassegna l’impotenza democratica dell’associazionismo contemporaneo e della società  italiana nel suo insieme- ampiamente certificato dalla distanza incommensurabile che corre tra gli slogan della politica , i proclami delle associazioni in lotta e le realtà di degrado materiale e morale che questi  finiscono col mascherare – ,occorre innanzitutto esserne consapevoli  e conoscere le potenti forze che spingono verso l’impotenza democratica ,impedendo ogni cambiamento e trasformazione positiva del nostro paese nel senso indicato dalla carta costituzionale. In secondo luogo occorre volerle contrastare, dando  vita a strumenti efficaci di  contrasto.  Ma l’approfondimento di quanto detto esula dal compito ben più modesto che mi propongo con questa lettera aperta . 
    Credo opportuno segnalare una certa ambiguità insita nella stessa definizione di Libertà e giustizia , allorché si autodefinisce come una associazione di cultura politica . Questa definizione potrebbe essere intesa nel senso che l’associazione vuole prendere in esame solo i fenomeni politici e la cultura politica che da vita a specifici  fenomeni socio-politici. Se così fosse non credo che sarebbe utile al cambiamento  della realtà italiana nel senso dell’attuazione della Costituzione. Gli “oggetti intellettuali “ , i “fatti “oggettuali capaci di  entrare  nell’ottica cognitiva di una associazione di cultura politica non dovrebbero limitarsi a ciò che è già stato elaborato dall’attività politica o dall’interpretazione professorale del mondo della politica interpretato dai politologi , altrimenti si potrebbe facilmente finire per assimilare inconsciamente ,per via mimetica , quegli aspetti negativi che l’associazione si prefigge di fronteggiare criticamente. 
    Per adempiere al compito critico che il Manifesto di Zagrebelskj si prefigge occorre che la cultura politica prenda in esame anche gli oggetti della realtà pre-politica ed extra –politica strettamente interconnessi alla mala-politica che si intende contrastare . Non è possibile infatti contrapporre una  “ buona politica” ad una “cattiva politica “senza allargare il campo visuale della conoscenza e della discussione . Il primo esercizio critico dell’associazione potrebbe forse esercitarsi sull’associazione stessa e sulle sue pratiche associative. Un’associazione consapevole deve innanzitutto guardarsi sia da una leadership narcisistica ( incapace di riconoscere l’altro da sé )  che da una leadership manipolativa . Deve saper esercitare un’azione di inclusione e di ascolto sui soggetti che si avvicinano e sugli associati . Ciò significa ascoltare le proposte di chi interviene , rispondere alle osservazioni che vengono poste , far circolare il dibattito e porre in discussione  e magari in votazione le proposte fatte. In una parola un’associazione deve saper fare interagire intellettualmente  i membri fra loro e fra la leadership . Deve quindi possedere un’architettura chiara basata sulla bi-direzionalità decisionale tra il nucleo dei promotori  e gli associati . Internet potrebbe fare da supporto a pratiche di circolazione democratica capaci di tradursi in realtà solo all’interno dell’associazione , che diverrebbe così capace  di agire all’esterno per contribuire a  mutare non solo la cattiva politica ma anche i cattivi rapporti di forza che impediscono l’attuazione della nostra carta costituzionale .
    Ritengo che sia quanto meno uno spreco di energia non riallacciarsi alle precedenti analisi critiche e voler tutte le volte ricominciare da zero. Già nel 1958 Lelio Basso scrisse un libro formidabile : “ Il principe senza scettro “ , in cui descriveva  lucidamente le ragioni e i fatti che bloccavano l’attuazione dell’idea di democrazia e di sovranità popolare espresse dalla Costituzione Repubblicana . Prima ancora Piero Clamandrei  scrisse “ La Costituzione apparentemente entrata in vigore il 1 gennaio del 1948 in realtà non è mai stata osservata così come è scritta: è accaduto invece che in questi anni si è venuto lentamente creando ,attraverso un lavoro di restaurazione dei vecci ordinamenti,un regime del tutto diverso da quello scritto nella Costituzione,dalla quale il governo si è andato ogni giorno di più allontanando” (“La Costituzione e le leggi per attuarla “ in “Dieci anni dopo :1945-1955”).
    A rileggere quei libri , molti passaggi sembrano  essere stati scritti ieri ,non nel 1955 e 1958.  Non sarà il caso di indagare a fondo sul perchè l’Italia è un paese bloccato nella sua evoluzione democratica ?  Non sarà il caso di predisporre strumenti reali e non virtuali per rimuovere gli ostacoli?   Ringrazio tutti coloro che vorranno rispondere o almeno riflettere su quanto mi sono permessa di illustrare. 
                                                                                                        Massili Maria Cristina
                     

  • Al Movimento Libertà e Giustizia:
    Gli onesti cittadini sono per i Movimenti, non per le tessere o colori…
    Ogni Movimento è Libertà Democratica dove ognuno vale uno al servizio di Tutti…
    I Movimenti hanno in sè il BUONSENSO, l’ONESTA’ e le CAPACITA’ per migliorare il Tessuto Sociale, dando l’esempio. Le critiche siano sempre positive e vivificantI…
    Gli Onesti cittadini son sempre disponibili a dare l’appoggio ai Movimenti positivi…
    Lorenzo Pontiggia

  • Nelle questioni del potere, non si parli più di fiducia nell’uomo, ma si vincoli quest’ultimo, contro il mal fare, con le catene della costituzione.
    Thomas Jefferson.
    Occorre scrivere un nuovo capitolo da aggiungere subito alla Costituzione attuale e futura: il CAPITOLO DELLE REGOLE A CUI I POLITICI DEVONO SOTTOSTARE.
    Se non sarà scritto dai politici, chiedo che venga scritto da una Commissione di cittadini esperti, non politici e si faccia un referendum per inserirlo in Costituzione, senza ricorrere al voto del Parlamento.

    Nel capitolo delle REGOLE PER I POLITICI, deve essere scritto:

    1) Il vaglio dei requisiti per candidarsi ad organi elettivi devono essere fatto e deciso, da tribunali locali; l’eleggibilità deve essere decisa da un tribunale nazionale e non da commissioni composte da colleghi politici, tantomeno da componenti dello stesso partito.

    2) Non si può candidare chi è sotto processo per reati gravi e reati contro lo Stato. Chi è indagato per reati gravi e per reati contro lo stato mentre è in carica si deve dimettere obbligatoriamente.

    3) Non è candidabile ad un organo elettivo chi possiede in proprio o sono proprietà dei parenti fino al quarto grado, oltre il 5% delle azioni di una rete tv o di un giornale a diffusione superiore ai confini della provincia in cui vive.

    4) Chi possiede quote di società televisive o di giornali e riviste superiori al 5% deve venderle tre mesi prima di candidarsi a persone che non siano parenti fino al quarto grado o a società che non siano in mano a parenti fino al quarto grado.

    5) non è candidabile chi gode di una concessione pubblica, per sè o per la sua famiglia fino al 4° grado di parentela; Non è candidabile chi è agli alti vertici delle Armi o ai vertici della Magistratura. I magistrati non possono candidarsi nella circoscrizione in cui hanno lavorato negli ultimi 5 anni. Chi si vuole candidare deve dimettersi almeno 6 mesi prima della data delle elezioni.

    6) sono aboliti i senatori a vita;

    7) chi è eletto al Parlamento cessa ogni altra attività;

    8) non sono ammessi i doppi stipendi;

    9) lo stipendio di un parlamentare non deve superare le 6 volte quello di un impiegato statale al livello inferiore; sono riconosciute indennità per l’attività parlamentare, e/o messi a disposizioni appositi uffici.

    10) La Corte dei Conti decide se gli stipendi dei politici sono in linea con il criterio che impedisce che siano superiori a 6 volte lo stipendio base di un impiegato statale al livello minimo.

    11)Il Presidente della Repubblica alla fine del mandato diventa senatore solo fino alla scadenza della legislatura in corso. Poi ritorna semplice cittadino e per entrare in Parlamento deve candidarsi se ne ha ancora i requisiti.

    12) gli esiti dei referendum devono essere attuati sin dal mese successivo alla proclamazione del risultato e valgono per almeno 10 anni.

    13) Chi non rispetta gli esiti dei referendum và mandato sotto processo e condannato ad almeno 5 anni di galera ed al pagamento delle spese del processo e del mantenimento in carcere.

    14) Nessuno può fare più di due legislature in Parlamento e più di 20 anni complessivi come politico eletto nei vari organi elettivi.

    15) Le tasse sulle imprese non devono superare la media europea.

    16) Chi evade le tasse si pone fuori dalla società, sfrutta il denaro degli altri per avere servizi, quindi ruba ai cittadini. Oltre alla multa, regolata per legge, se l’evasione è molto alta, và punita con la galera, l’interdizione dai pubblici uffici e la perdita dei diritti civili per almeno 5 anni.

    17) E’ assolutamente vietato ridurre a meno di 15 anni il tempo per prescrivere i reati contro lo Stato. Inoltre il tempo viene conteggiato fino all’inizio del processo.

    18) I dirigenti degli Enti pubblici, o delle società partecipate non possono in nessun modo decidere i loro emolumenti. Saranno decisi dal Governo secondo il criterio del rapporto con lo stipendio di un impiegato statale al livello minimo, mai superiore a 7 volte e posti sotto il controllo della Corte dei Conti.
    19) La legge elettorale deve permettere di scegliere, oltre al partito, o movimento, il candidato preferito. 20) Chi viola le Regole costituzionali è passibile di denuncia e sottoposto a processo nel Tribunale di Roma. Se colpevole può essere condannato ad una pena variabile da 5 a 10 anni di galera, al pagamento delle spese processuali e del mantenimento in carcere.
    21) Le Commissioni Affari costituzionali recepiscono le proposte provenienti dai cittadini, le scrivono sotto forma di legge o di articoli costituzionali, e le sottopongono all’approvazione del Parlamento. In caso di mancata approvazione le sottopongono a referendum, entro un anno dalla richiesta della proposta di legge.

  • Non bisogna fermarsi. Bisogna insistere per avere un governo di cambiamento basato sui principi e valori fondanti della costituzione.

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  • Gentile professor Zagrebelski,
    ho letto il suo appello per la manifestazione del 2 giugno a Bologna, e condivido i timori per involuzioni oligarchiche e l’opposizione a metodi impropri di modifica della Costituzione (ed anche della legge elettorale).
    Alcuni passi del testo, però, mi sembrano “sopra le righe”, e mi sembra che in questa fase di molto ci sia bisogno, ad esempio di chiarezza (e di speranza, forse) ma non di esasperare i toni del confronto.
    La frase seguente, ad esempio, sembra negare al Parlamento la legittimità di procedere a modifiche della Costituzione; a chi tocca allora? Oppure la Carta diventa ai Suoi occhi immodificabile, malgrado l’art. 138 della stessa?
    Soprattutto, a chi si propone di cambiare la Costituzione si deve chiedere: qual è il mandato che vi autorizza? Il potere costituente non vi appartiene affatto. Siete stati eletti per stare sotto, non sopra la Costituzione. Se pretendete di stare sopra, mancate di legittimità, siete usurpatori. Se proprio non vogliamo usare parole grosse, diciamo che siete come la ranocchia che cerca di gonfiarsi per diventare bue. Non è la prima volta. E’ già accaduto. Ma ciò significa forse che ciò che è illegittimo sia perciò diventato legittimo?
    Ci sono anche buoni motivi per ritenere il Parlamento un po’ meno legittimo di quello che vorremmo: dallo strapotere mediatico di Berlusconi, dagli anni 80 ad oggi, alla vigente e porcella legge elettorale, a probabili casi diffusi di compra-vendita dei voti; ma non mi pare ci siano gli estremi, né giuridici, né politici, né sociali per proclamarne all’improvviso la illegittimità (ad essere conseguenti bisognerebbe allora proclamare una rivoluzione, o almeno una serrata campagna di disobbedienza civile).
    Per conto mio non faccio più il rivoluzionario da un po’ di anni (e così molti miei coetanei), e ritengo anche per buoni motivi: Lei intende iniziare adesso? E con Lei tutto il gruppo di Libertà e Giustizia?

  • Intanto ieri a Bologna la Costituzione ha vinto una piccola grande battaglia: SENZA ONERI PER LO STATO.

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  • Pingback: Non è cosa vostra – Gustavo Zagrebelsky » Circolo di Roma

  • diamo una mano a noi stessi! Riappropriamoci della nostra dignità di cittadini e lavoratori…. Hector

  • Iniziativa forte, encomiabile, come tutte quelle di Libertà e Giustizia, ma poco orientata a Sud, dove si giocano la modernizzazione dell’Italia tutta e la sorte di milioni di cittadini di quella parte del nostro paese. TUTTE LE FORME DEL POTERE e il consenso che lo ha legittimato sono passati lungo la traiettoria Palermo- Napoli, passando per capoluoghi minori. Bisogna abbassare il baricentro dell’azione politica di segno progressista per disegnare le traiettorie giuste per un nuovo modello di civiltà incardinato sulla centralità della nostra Costituzione

  • Mi piacerebbe esserci, ma sono troppo vecchio e malato. Ma sarò con voi e dsrò una mano per quanto posso. Non stancatevi. Grazie da me e sopratutto dai miei nipoti…

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