La Corte costituzionale ha ritenuto “sussistente” il “vulnus denunciato con riguardo alla riserva assoluta di legge”, in quanto la disposizione censurata in tema di convalida del trattenimento nei CPR (Centri per i rimpatri) “reca una normativa del tutto inidonea a definire, con sufficiente precisione, quali siano i ‘modi’ della restrizione, ovvero quali siano i diritti delle persone trattenute nel periodo, che potrebbe anche essere non breve, in cui sono private della libertà personale, disciplina rimessa, quasi per intero, a norme regolamentari e a provvedimenti amministrativi discrezionali”. Tuttavia, le questioni sollevate dal giudice di pace di Roma in riferimento agli articoli 13 secondo comma e 117 primo comma della Costituzione, sono state dichiarate “inammissibili”. Secondo la Corte, “non è ad essa consentito porre rimedio al riscontrato difetto, ricadendo sul legislatore il dovere ineludibile di introdurre una normativa compiuta, la quale assicuri il rispetto dei diritti fondamentali e della dignità della persona trattenuta”.
Se pensiamo alla giurisprudenza più risalente della Corte, che pure adottava sentenze di abrogazione di norme incostituzionali, con l’indicazione di una normativa di riferimento, o con criteri stringenti suggeriti al legislatore, ed alla qualità degli ultimi interventi in materia di immigrazione, non si vede davvero come la definizione delle modalità del trattenimento per legge, magari sul modello penitenziario, che la Corte respinge ma che il governo potrebbe far passare in Parlamento, possa garantire maggiormente il rispetto dei diritti fondamentali e della dignità della persona trattenuta” che la Consulta richiama assai genericamente. Invece si dovrà riconoscere, prima o poi, che la detenzione amministrativa prevista dall’art.14 del Testo unico immigrazione n.286/98, per stranieri irregolari che non hanno commesso reati, e adesso persino per richiedenti asilo, risulta in insanabile violazione degli articoli 3, 13, 24 della Costituzione, proprio per il suo carattere generalizzato, peraltro in contrasto con la Direttiva rimpatri 2008/115/CE. In caso di dichiarazione di parziale incostituzionalità della norma, il Parlamento poteva comunque intervenire in tempi brevi e con un limite più rigido rispetto ai principi enunciati dalla Corte Costituzionale, che con una sentenza “additiva” poteva fissare paletti ben precisi al legislatore ed eliminare da subito quella parte dell’art. 14 del Testo unico 286/98 che appare in contrasto con i principi costituzionali. La decisione della Consulta non dà comunque nessuna ulteriore copertura al “modello Albania” e ai centri di detenzione di Schengjin e di Gjader. Anzi, alcune motivazioni addotte dalla Corte dovrebbero portare già adesso alla declaratoria di incostituzionalità delle norme relative al trattenimento amministrativo nel centro di Gjader e ai “trasferimenti discrezionali” dai CPR italiani in Albania contenute nella legge 21 febbraio 2024, n. 14 attuativa del Protocollo Italia-Albania, ulteriormente peggiorate con il decreto legge n. 37/2025. Su quest’ultimo intervento legislativo, dopo la decisione di sollevare una questione pregiudiziale davanti alla corte UE, si attende la sentenza della Corte di Giustizia UE, che non metterà comunque la parola fine a un esperimento di esternalizzazione della detenzione amministrativa e delle espulsioni che in Europa trova sempre più sostenitori.
È certo che, dopo quest’ultima decisione della Consulta, il governo adotterà un nuovo decreto legge da far ratificare al Parlamento a colpi di voti di fiducia, ma questo non esclude affatto che, nella disciplina delle modalità di trattenimento nei CPR, atti regolamentari o amministrativi, fino ai decreti del questore, possano continuare a prevalere, di fatto, sui principi affermati, oltre che dalla legge, in materia di garanzie della libertà personale, dalla Costituzione, dalla Cedu e dalla Carta dei diritti fondamentali UE. Le nuove “modalità di trattenimento amministrativo da stabilire per legge” richieste dalla Corte costituzionale potrebbero avvicinarsi alle previsioni dell’ordinamento penitenziario e violare ancora, oltre che la Direttiva europea sui rimpatri 2008/115/CE e le Direttive UE del 2013 n.32 e 33 in materia di accoglienza e procedure di asilo, le garanzie previste in materia di diritti fondamentali dagli articoli 3, 13, 24, 32 della Costituzione e dagli articoli 3, 5, 6 della Convenzione europea a salvaguardia dei diritti dell’Uomo. E dunque, nei procedimenti di convalida del trattenimento nei CPR si moltiplicheranno le questioni pregiudiziali e le eccezioni di incostituzionalità, e la Corte di Giustizia UE e la Consulta saranno chiamate a pronunciarsi ancora.
Se la decisione della Corte costituzionale solleva dubbi tra i giuristi sotto il profilo dell’equilibrio nei rapporti tra giurisdizione, potere legislativo ed esecutivo, sul piano dell’applicazione delle norme vigenti rimangono ampi spazi per contrastare il ricorso generalizzato alla detenzione amministrativa per stranieri irregolari e richiedenti asilo. Si tratta di strumenti processuali che la Consulta richiama nella sentenza n. 96/2025 e che in passato hanno già avuto importanti precedenti. Nel caso del processo civile seguito al rogo del centro di detenzione Vulpitta di Trapani, risalente al 1999, lo Stato venne condannato dal Tribunale civile di Palermo, nel 2008, sulla base dell’art. 2043 del codice civile, al pagamento di ingenti somme in favore di due degli immigrati sopravvissuti che lamentavano danni morali e patrimoniali in conseguenza delle carenze organizzative e per omessa vigilanza. In ordine poi alla tutela preventiva cautelare prevista dall’art. 700 del codice di procedura civile, anche questa già sperimentata in passato proprio da persone trattenute all’interno di un CPR, anche in casi di rifiuto della questura a ricevere una domanda di protezione, questa ha un carattere atipico che non si presta a una specifica ulteriore regolamentazione “per legge”, che nella prospettiva attuale non potrebbe che ridurne la portata applicativa.
La battaglia per affermare il principio di legalità nei casi di trattenimento amministrativo di immigrati e richiedenti asilo non finisce con questa sentenza della Corte Costituzionale : continua giorno per giorno davanti a tutti i giudici di pace ed ai tribunali delle convalide, fino alla Corte di Cassazione. Dove ancora si continua a vincere, anche senza richiamare l’ultima decisione della Consulta, con l’annullamento di decreti di trattenimento nei CPR adottati dai questori in assenza dei requisiti di legge.