La Costituzione dei poveri

11 Giugno 2025

Daniela Padoan Presidente Libertà e Giustizia, Scrittrice

Virginio Colmegna, sacerdote che ha dedicato la vita a migranti e persone senza fissa dimora, e Gustavo Zagrebelsky, presidente emerito della Corte costituzionale, ragionano di una possibile alleanza tra laici e credenti attorno alla questione della giustizia. E lo fanno nel libro “La Costituzione dei poveri”, pubblicato da Castelvecchi editore, nella collana Papaveri Rossi curata da Daniela Padoan.

Un dialogo inatteso, felicemente insurrezionale, venato di umorismo e speranza, tra due voci straordinarie che hanno vissuto il Novecento, i suoi precipizi e i suoi ideali. Virginio Colmegna, sacerdote che ha dedicato la vita a migranti e persone senza fissa dimora, e Gustavo Zagrebelsky, presidente emerito della Corte costituzionale, ragionano di una possibile alleanza tra laici e credenti attorno alla questione della giustizia. La Costituzione è davvero uno scudo per i più deboli o protegge soprattutto i potenti? Come riscoprire i principi evangelici che la attraversano, al punto che, se venisse attuata fino in fondo, avremmo una Costituzione dei poveri, dei non rappresentati, degli esclusi dalla democrazia? Pace, carità, rivoluzione: parole che rischiano di essere dimenticate tornano a vivere in un confronto intenso e appassionato sui grandi nodi del nostro tempo – migrazioni, istruzione, sanità, carceri, guerre – per contrastare le tendenze politiche più feroci e restituire alla Costituzione la sua funzione di «casa comune».

Pubblichiamo un estratto dall’introduzione per gentile concessione di lit edizioni s.a.s


Doppio sogno di Daniela Padoan

Il progetto di un libro in bilico tra Costituzione e Vangelo è nato quando, al termine di un convegno sulle riforme che minacciano di sfigurare il nostro assetto costituzionale, Gustavo Zagrebelsky mi confidò un cruccio che lo tormentava da quando, qualche settimana prima, aveva fatto ritorno da un viaggio a Parigi. L’oppressiva architettura del Palazzo di Giustizia, con la sua facciata altissima e arcigna dove la scritta Liberté, Égalité, Fraternité campeggia senza poter mitigare il senso di una distanza abissale tra la giustizia che protegge i forti e la giustizia che sovrasta i deboli, aveva risvegliato una sequela di considerazioni che lo avevano indotto a chiedersi da che parte si fosse collocato, nei tanti anni della sua esistenza dedicati alla legge, chino sui testi e sui codici: dalla parte di chi ha meno bisogno della giustizia perché ha dalla sua la forza, o dalla parte di chi della giustizia ha maggior bisogno perché versa in stato di fragilità? La stessa Costituzione, legge fondamentale dello Stato, nella sua essenza di attribuzione di potere e patto tra governanti e governati, è una legge a protezione di chi, inerme, dovrebbe esserne il principale destinatario, o è una legge che offre maggiore riparo ai potenti? A questo convegno, aggiunse dopo qualche istante di silenzio, si sarebbe dovuto invitare chi davvero può dire cos’è la Costituzione vista dalla parte dei poveri, perché dei poveri, delle loro afflizioni e della loro dignità ha fatto la propria esistenza, la propria scelta di parte. Qualcuno come don Virginio Colmegna.

Avevo conosciuto don Colmegna nel 2005, era il 27 dicembre e a Milano nevicava fitto. Nel bianco ancora intatto di una traversa di corso Buenos Aires spiccavano i colori dei divani sfondati che i poliziotti avevano gettato sui marciapiedi, intimando a quasi trecento profughi del Corno d’Africa di abbandonare l’ex albergo diroccato dove da tre mesi avevano trovato rifugio dopo aver attraversato il deserto della Libia e il mare. Uscivano poco per volta, le donne con i bambini in braccio, gli uomini con i sacchi di stracci, tutti i loro averi. C’erano decine di agenti in assetto antisommossa pronti a caricare, rari passanti che si tenevano a distanza, una trentina di manifestanti sotto le decorazioni natalizie incongruamente appese da un capo all’altro della via, e don Colmegna, con un megafono, un cappello nero a falde larghe a proteggerlo dalla neve, che gridava parole di sostegno e parole di accusa, scandendo a gran voce l’articolo 10 della Costituzione: «Lo straniero, al quale sia impedito nel suo paese l’effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana, ha diritto d’asilo nel territorio della Repubblica, secondo le condizioni stabilite dalla legge». 

Riandando a quelle immagini, nulla mi parve più sensato e promettente di un incontro tra chi, carico degli anni vissuti nell’estrema periferia milanese ad accogliere migranti e persone senza fissa dimora, si era da sempre posto in dialogo, e talvolta in conflitto, con la giustizia terrena e con quella divina, e chi, da presidente della Corte costituzionale, quinta carica della Repubblica, aveva assunto la figura simbolica e i gravi compiti di giudicare la legittimità delle leggi e degli atti aventi forza di legge, districandosi in rovelli cui forse solo la letteratura, in alcuni momenti, era stata capace di dare sollievo, dal Grande Inquisitore dostoevskijano dei Fratelli Karamazov allo shakespeariano Duca di Vienna di Misura per misura. 

L’uno, don Virginio Colmegna, aveva vissuto per più di vent’anni in una vecchia scuola trasformata in luogo di ospitalità per volere del cardinal Martini, e prima ancora, per undici anni, in una piccola comunità basagliana a Sesto San Giovanni, cuore dell’immigrazione meridionale a Milano, con persone disabili strappate a quelli che allora erano chiamati manicomi; l’altro, Gustavo Zagrebelsky, aveva vissuto per nove anni nel Palazzo della Consulta in piazza del Quirinale dove gli capitava di alzarsi in piena notte e, sospinto da un dubbio che non lo lasciava dormire, di lasciare la foresteria, in pigiama, per tornare nel suo studio a verificare un testo o un codice, «benché, per fortuna, non abbia mai dovuto giudicare ciò che riguarda direttamente la vita degli uomini ma solo le carte, le leggi; tuttavia le leggi hanno conseguenze sulla vita degli uomini, e anche questo ha un terribile peso». 

Si sono incontrati e ne è nata una partitura, un doppio movimento musicale: il giurista e il prete di strada, la Costituzione e il Vangelo, il Palazzo della Consulta e la Casa della Carità. Sul fondo, il basso continuo creato dalla volontà di ragionare sulla Costituzione dei poveri come progetto politico. Non i poveri delle statistiche, dei servizi televisivi, delle retoriche utili a strappare consenso elettorale, ma dei poveri veri, uomini e donne che interrogano, con le loro esistenze individuali, ogni idea di giustizia e ogni possibilità di cultura che voglia dirsi costituzionale o evangelica. […] È possibile, si chiedono i due protagonisti, un’alleanza tra laici e credenti, tale da riportare le persone a essere soggetto di una concreta azione politica? È possibile prendere la Costituzione come bussola e ritrovare i principi evangelici che la attraversano? E, al contrario, riscoprire quanto del pensiero evangelico è entrato a far parte della Costituzione, al punto che, se davvero venisse attuata, avremmo una Costituzione dei non rappresentati, degli esclusi dalla democrazia? Una Costituzione come vera casa comune? […] La Costituzione dei poveri è un libro felicemente insurrezionale scritto da due uomini straordinari che hanno visto il Novecento, i suoi precipizi e i suoi fasti di idealità, che hanno ancora desiderio di sottrarre i concetti alla gabbia d’acciaio di un pensiero occhiuto che giudica impronunciabile un numero sempre più largo di parole, spogliandole di ironia, gioco e intelligenza. Tra le parole più amate da entrambi, “radicalità” e “rivoluzione”. 

VIRGINIO COLMEGNA
Presidente onorario della Casa della Carità di Milano, è tra i fondatori dell’associazione SON – Speranza Oltre Noi. È stato insignito dell’Ambrogino d’oro dal Comune di Milano (2017) e del premio “Cittadino europeo dell’anno” dal Parlamento europeo (2018). Per Castelvecchi ha pubblicato I fragili. Pionieri della de-istituzionalizzazione (2022) e Sperare a occhi aperti. Il nostro sogno (con S. Massironi, 2024).

GUSTAVO ZAGREBELSKY
Presidente emerito della Corte costituzionale, è professore emerito di Diritto costituzionale all’Università di Torino, socio dell’Accademia dei Lincei e presidente onorario di Libertà e Giustizia. Fra le sue ultime pubblicazioni La Giustizia come professione (Einaudi, 2021), La lezione (Einaudi, 2022), Il diritto mite (Einaudi, 1992 e 2024).

Scrittrice, saggista e Presidente di Libertà e Giustizia. Si occupa da anni di razzismo e dei totalitarismi del Novecento, con particolare attenzione alla testimonianza delle dittature e alle pratiche di resistenza femminile ai regimi.

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