Non ci sono dubbi. L’appuntamento con i Referendum dell’8 e 9 giugno rappresenta un’occasione davvero importante. Di partecipazione innanzitutto, per ricostruire fiducia nella democrazia e rafforzarla in un clima di autoritarismo crescente.
E votando cinque Sì, possiamo sostenere i diritti di lavoratori e lavoratrici, contribuendo ad abrogare norme che hanno indebolito il potere contrattuale del lavoro, promosso il precariato, favorito l’elusione delle norme di sicurezza, e accrescere i diritti delle persone di origine straniera che vivono e lavorano nel nostro paese rafforzando il senso di comunità e appartenenza, cruciali per una maggiore coesione della società.
Rispetto ai quattro quesiti sul lavoro, scrive Fabrizio Barca, co-coordinatore del Forum Disuguaglianze e Diversità (ForumDD) su Domani: «Un sì ai quattro referendum sul lavoro serve come il pane a imprese e lavoro. Serve per premiare le imprese che, nonostante cattive politiche, hanno reagito e stanno reagendo bene alla sfida della concorrenza internazionale e della tecnologia, usano in modo strategico il lavoro a tempo determinato, curano la sicurezza di chi lavora. Loro già fanno ciò che il sì ripristina normativamente, ma quel ripristino serve a tutelarle dalla concorrenza sleale delle imprese che non lo fanno. E poi serve al lavoro. A ridare dignità e sicurezza a lavoratrici e lavoratori, garantendo che imprenditrici e imprenditori mariuoli siano davvero scoraggiati dalla legge; e dunque serve a migliorare le relazioni industriali». Con il Referendum infatti si interviene per abrogare leggi che con la scusa di aumentare la produttività, rimasta ferma, hanno invece contribuito a indebolire il lavoro e far crescere le disuguaglianze. Questi quattro Sì daranno quindi più forza al lavoro e alle imprese sane che concorrono sul mercato con creatività e innovatività.
Votando SÌ al quinto quesito, scrive Elena Granaglia, Co-coordinatrice del ForumDD, «è evidente il contributo in termini di estensione della democrazia politica. Dimezzare da 10 a 5 anni del periodo di residenza legale in Italia richiesto agli stranieri extra UE maggiorenni per ottenere la cittadinanza italiana, significa facilitare l’accesso ai diritti, muovendo, seppure in misura parziale, verso l’universalismo che sta alla base dei diritti stessi e che oggi è, invece, sempre più messo in discussione da chiusure sciovinistiche. Significa, e questo vale in modo particolare per i più giovani, sentirsi parte a pieno titolo della medesima comunità». Un modo per avvicinarsi a molti altri paesi europei e come ha scritto Andrea Morniroli, Co-coordinatore del FotumDD, su Repubblica Napoli «se dovesse risultare vincente darebbe una spinta positiva e importante per tornare a mettere al centro del dibattito politico la riforma della cittadinanza oggi insabbiata nella palude determinata dalla cattiveria e della propaganda che segna le politiche del governo su tali tematiche (anche se per sincerità occorre dire che tale situazione si è determinata anche per la mancanza di coraggio e lungimiranza anche dei governi precedenti)».
Infine, crediamo che i Referendum siano un’occasione per ricostruire fiducia tra politica e cittadini e cittadine, e restituire alle persone la percezione che il loro voto conta, che può nel concreto impattare sul miglioramento delle loro vite e in quella di altri milioni di persone. Conclude Barca nel suo editoriale: «I cinque referendum rappresentano una carta per le persone di qualunque partito e di qualunque pensiero, di destra o di sinistra, lavoratrici o lavoratori, imprenditrici o imprenditori, per riprendere in mano un pezzo del proprio destino. Non si tratta di cose astratte. Ma della concretezza delle vite nostre e della nostra società. Spendiamoci del tempo. Capiamone i dettagli. Spieghiamoli. Non rinunciamo a contare».