Una nuova antropologia grazie ai saperi dei popoli marginali

30 Maggio 2025

Daniela Padoan Presidente Libertà e Giustizia, Scrittrice

Questo contenuto fa parte di Osservatorio Autoritarismo

Ottavo dialogo di Osservatorio Autoritarismo su La Stampa: oggi tra Daniela Padoan, scrittrice e saggista, presidente di Libertà e Giustizia, e Padre Giuseppe Buffon, dell’Ordine dei Frati Minori, vicerettore e professore ordinario di Storia della Chiesa moderna della Pontificia Università Antonianum di Roma, membro del Comitato per gli studi storici dell’Ordine dei Frati Minori e direttore del Joint diploma in Ecologia integrale delle Università e degli Atenei Pontifici.

Daniela Padoan: Padre Buffon, oltre ad essere professore ordinario di Storia della Chiesa moderna e contemporanea e vicerettore della Pontificia Università Antonianum, lei è tra le voci più autorevoli nel novero degli studi francescani. Quali motivi l’hanno spinta ad aderire all’Osservatorio Autoritarismo, i cui firmatari condividono il giudizio di essere a un passaggio di soglia storico, che impone a chi vede la democrazia in pericolo di farsi testimone e opporre resistenza alla china autoritaria che si sta affermando in Italia e nel mondo? 

Giuseppe Buffon: Ho accettato di prendere parte all’Osservatorio perché è costante in me l’esigenza di stare laddove si può osservare la Storia, anche se poi la vita e l’inerzia mi fanno rinunciatario. Avrei voluto a suo tempo partire per la Siria e poi per l’Ucraina, andare  a Gaza, oppure in  Sud Sudan, in Nigeria, in Congo, mettermi alla scuola dei reberinhos dell’Amazzonia, o sedere sulle spiagge di Lampedusa. La possibilità di abitare un luogo di pensiero ferito dagli eventi mi è parsa allora un’opportunità di cui sono grato. Anelo infatti almeno a condividere un’indignazione e un sogno d’altrove.

DP Credo che la condivisione di cui parla sia ciò di cui abbiamo maggiore bisogno. Un impegno a mettere in salvo le fondamenta di una cultura che rischia di sgretolarsi; a costruire isole di saperi da preservare, sapendo di abitare un luogo di pensiero ferito. Un po’ la funzione, laicamente intesa, dei monasteri benedettini durante le invasioni barbariche. 

GB A determinare un irrigidimento autoritario che conduce a paralisi e svuota i saperi della democrazia concorrono, a mio avviso, un meschino provincialismo autarchico e uno scarso investimento sulla formazione multilivello, sulla ricerca non solo tecnologica, su luoghi di dibattito intergenerazionale e internazionale, assieme alla miopia nei confronti della imprescindibile risorsa costituita dai marginali, dai diversamente abili, dai profughi. Questo determina, ad esempio, l’arroccamento su un “mare nostrum”, non comprendendo la vocazione di laboratorio transculturale e interreligioso, ambientale e anche economico, del Mediterraneo. La ricerca di un consenso populista, illiberale, e di un potere mascherato da autorità, con conseguenze ecocide, oltre che liberticide, fa sì che a questa legislatura manchi la consapevolezza di sfide dalla portata globale, epocale; e, di conseguenza, di ciò che necessita per attraversarle: una dialettica parlamentare alta, che eserciti la sapienza dello statista che legifera e non si limita a clonare decreti.

DP Il pensiero autoritario, che necessariamente si rifà alla figura del “capo” e a una costruzione gerarchica di valore e disvalore degli esseri, finisce quasi inevitabilmente con il voler sottomettere la vita e la bellezza del mondo, considerandole una propria disponibilità. Non è un caso che lo svuotamento delle democrazie vada di pari passo con la volontà di perseguitare e cacciare determinate categorie di persone, reintrodurre un’economia basata sul petrolio e sul nucleare, guardare alla natura e alle specie, anche quelle in via d’estinzione, come a merci. 

GB La vita è un mistero di bellezza da contemplare, da cantare, un’estasi che azzera ogni tentativo di ripiegamento, mentre l’autocrazia è l’efficienza cieca, asservita al potere dei pochi che, costruendo muri, vogliono convincere il mondo che le risorse sono illimitate e che la società dei consumi gode della possibilità di un progresso infinito. Ipocrisia che si nutre della menzogna camuffata da scienza.

DP Nell’enciclica Laudato si’, papa Francesco scriveva che tutto è interconnesso e che “nulla di questo mondo ci risulta indifferente”; il contrario delle piccole patrie e del nazionalismo, e della finanza, definita “astratta e crudele”, che smaterializza esseri umani e luoghi riducendoli a “scarti”.

GB Mi pare che il pensiero dirompente di papa Francesco abbia osato dichiarare che non è più sufficiente nemmeno una giustizia ambientale, insieme a quella sociale. Non si tratta di mera sommatoria! Il concetto che tutto è connesso supera uno schema scientifico occidentale che ragiona sulla logica della spartizione delle competenze: la medesima logica gerarchica della spartizione dei poteri. Credo che la Laudato si’ suggerisca, invece, una rivoluzione epistemologica che solo il confronto con la sapienza del grande sud, la filosofia africana dell’Ubuntu o il Buen vivir può tentare di immaginare: un nuovo metodo di analisi sociale, appropriato alla complessità della globalizzazione; una nuova governance politica, con i poveri al tavolo dei decisori; una nuova gnoseologia, esito dello stupore; una nuova antropologia che è modo nuovo di abitare il mondo. 

DP  Il francescanesimo è agli antipodi dell’autoritarismo: nel suo essere dialogo, predicazione di pace, amore del vivente, risignificazione della povertà, può costituire un’indicazione politica? 

GB Gli studiosi del francescanesimo parlano di “minorità”, che non è solo povertà, perché nella storia spesso alibi per rivendicazioni di maggiore perfezione. Francesco infatti non vuole toccare denaro non perché schizzinoso nei confronti  del mondano, ma perché, da figlio di un mercante, lo ritiene un sistema iniquo. Non può essere il denaro a dare valore alle cose, il valore non può essere il prezzo stabilito artificiosamente dai giochi di mercato. “Il denaro vale tanto quanto i sassi”, afferma letteralmente. A stabilire il valore della cose è invece  solo la mensa della natura, intesa nella sua radice spirituale di dono offerto gratuitamente a tutti, nella misura delle necessità di ciascuno. Francesco ammira l’allodola perché si procura il cibo anche frugando nel letame lungo la strada. Lo scarto che si fa risorsa, perché in natura tutto è buono, bello, tutto è gratis.  

DP  In che modo, secondo lei, l’interrogazione sull’autoritarismo può investire  la Chiesa, e che prospettive ha lasciato l’eredità del papato di Francesco? 

GB La Chiesa dovrebbe essere un popolo in continua trasformazione, o penitenza, intesa come riparazione; in un continuo ritorno alla forma delle origini: un ritorno a Dio, vigilante nei confronti della tentazione dell’imitatio regni, la logica del potere! Non solo allora una Chiesa per i poveri – aveva affermato da subito papa Francesco – ma una Chiesa povera, disarmata, vulnerabile, sorella di tutti e con tutti, perché accomunata dall’umana fragilità. Dunque, organizzazione che si mette alla scuola di quanti hanno vissuto sulla propria pelle la marginalità, l’esclusione, la lateralità, a incominciare dalle donne. Quanta strada ancora per essere la chiesa del Vangelo: beati i poveri, i miti, i piangenti, gli operatori di pace…    

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Tra i primi firmatari Alessandro Barbero, Judith Butler, Nancy Fraser, James Galbraith, Luigi Manconi, Vito Mancuso, Michela Marzano, Giorgio Parisi, Gustavo Zagrebelsky. 

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Scrittrice, saggista e Presidente di Libertà e Giustizia. Si occupa da anni di razzismo e dei totalitarismi del Novecento, con particolare attenzione alla testimonianza delle dittature e alle pratiche di resistenza femminile ai regimi.

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