L’Occidente anti-democratico

01 Maggio 2025

Articolo pubblicato su Domani
Nadia Urbinati, 29 Apr 2025

Titolo originale L'Occidente anti-democratico

Questo contenuto fa parte di Osservatorio Autoritarismo

Assistiamo a un declino dell’America democratica e all’affermarsi di un nuovo atlantismo di stampo trumpiano a cui aderiscono vari capi di Stato ben disposti, da Modi a Meloni.

Del regime Trump sarebbe opportuno lasciar cadere l’idea che si tratti di un fenomeno di breve durata o che sia l’inizio del declino americano. Certo, un declino c’è, e non da ora, ma di un’America non dell’America.  Trump II lancia messaggi schizofrenici per confondere gli avversari.  E ha l’effetto desiderato visto che i democratici non sono ancora riusciti a mettere a fuoco una strategia di opposizione – con l’eccezione di Berny Sander e Alexandra Ocasio-Cortez, che stanno coprendo a tappeto l’intero paese con la loro mobilitazione anti-oligarchica.  Ma sono una minoranza. E, poi, nonostante la forte flessione nel gradimento, Trump va avanti per la sua strada. A meno che non si aprano crepe nel blocco repubblicano, non sembra che il treno Trump rallenti e cambi direzione.   

Prendiamo la questione dei dazi. Ci sono almeno tre letture in circolazione.  Il protezionismo è parte della storia della repubblica: Alexander Hamilton lo adottò nel 1789 per pagare i debiti della Guerra di Indipendenza e abbattere il debito federale. Tutti i governi, anche quello di Biden e del globalista Clinton, lo hanno praticato in dosi diverse. La seconda e la terza lettura sono più attinenti a questo tempo. Si intersecano e possono essere sintetizzate così: le tariffe non portano necessariamente ad una lievitazione generale dei prezzi negli States, perché non è un fatto meccanico che i produttori scarichino i dazi sui consumatori, e che i consumatori non cambino le loro scelte di mercato.  Inoltre, essendo il mercato globale, è prevedibile che ci siano mercati favorevoli agli USA.  Si spiega anche così la sospensione per tre mesi della “Guerra delle tariffe” contro una parte del mondo e il parallelo inasprimento contro la Cina.  L’ideologo che tiene insieme le tre direttrici è Peter Navarro, ex democratico e ora consigliere più vicino a Trump.

In questi tre mesi, Trump avrà molti incontri bilaterali con lo scopo di creare mercati amici, se così si può dire. Qui sta la ragione del corteggiamento dell’Europa, del Brasile, dell’India e del Sud Est asiatico, i mercati con le economie più dinamiche e, soprattutto, potenziali partner della Cina. Pazzo Trump non è, un destro radicale sì.

Il successo che l’opinione italiana, stucchevole, ha assegnato al viaggio di Giorgia Meloni a Washington è un segnale positivo per la Casa Bianca, non necessariamente per noi o l’Europa, nonostante il grande palco dei funerali di Papa Francesco, che ha messo al centro della scena Francia, Germania, Inghilterra e Ucraina – assente l’Italia. Eventi che sono stati conditi con la retorica dei valori occidentali, per ricompattare intorno a quest’America un nuovo Occidente e, soprattutto, per isolare la Cina. Questo è stato il senso del viaggio del vice JD Vance in India, con la tappa veloce a Roma. Con la moglie di origine indiana, Vance è il politico giusto per l’obiettivo che Trump persegue. Ci informa la Associated Press che questa visita in India ha avuto lo scopo di dare impulso ai negoziati commerciali in materia di difesa e tecnologia e di stringere una cooperazione bilaterale che allontani il più possibile l’India dalla Cina.

Il progetto repubblicano non è isolazionista ma imperial-nazionalista: gli USA hanno bisogno di una Guerra fredda globale per produrre adrenalina in tempi di pace; una “guerra delle tariffe”.  La polarizzazione è la leva della postura imperiale americana. Questa volta sarà tra Pacifico e Atlantico. Così si spiega perché, dopo aver sbeffeggiato l’atlantismo di marca democratica (le prime uscite di Trump, Vance e Musk contro l’Europa ancora identificata con la cultura liberal) la Casa Bianca sfodera un nuovo atlantismo, adatto al progetto ideologico di questo nuovo corso repubblicano che, fortunosamente, si trova ad interagire con alcuni capi di stato ben disposti (Meloni e Modi). Questo atlantismo trumpiano – che prende la fisionomia del MAGA – avrà bisogno di essere condito con una ben orchestrata retorica, quella che abbiamo subito in dosi massicce in questi giorni: i valori dell’Occidente. Fare l’Occidente grande di nuovo.

L’Occidente è stato sempre un campo di battaglia, non una confraternita di amici. Edificato almeno a partire dall’ingresso in Guerra degli Stati Uniti nel 1941 contro i paesi dell’Asse (Giappone, Germania, Italia) per sconfiggere un altro protagonista dell’Occidente, il nazi-fascismo (la Guerra fredda avrebbe fatto poi implodere il nemico sovietico). Non si torna indietro. E quel che c’era non rinasce.  E’ vero invece che la destra oggi si vuole intitolare l’Occidente.  Un diverso Occidente, strappato alla cultura liberal che fu il motore che sconfisse la Grande depressione prima, e poi ricostruì l’Europa post-bellica e vinse contro il sovietismo. Quell’Occidente si reggeva sull’idea di liberal-democrazia e di società giusta.  L’America di Trump vuole un altro Occidente. E se ne intuiscono i caratteri: egoiostico, crudele, repressivo, nemico esplicito dell’eguaglianza democratica e convinto che la razza bianca ne sia il cuore. Non il declino dell’America dunque, ma il declino dell’America democratica. Si dovrà studiare l’ideologia e il sistema politico di questo Occidente per capire come difendere la democrazia.

Supportaci

Difendiamo la Costituzione, i diritti e la democrazia, puoi unirti a noi, basta un piccolo contributo

Promuoviamo le ragioni del buon governo, la laicità dello Stato e l’efficacia e la correttezza dell’agire pubblico

Leggi anche

Newsletter

Eventi, link e articoli per una cittadinanza attiva e consapevole direttamente nella tua casella di posta.