Il mondo salvato dai bambini

26 Marzo 2019

Fabrizio Tonello

La serietà e l’eroismo dei giovanissimi come Rami e Adam sono il contraltare della regressione di numerosi adulti che sembrano ben decisi a comportarsi da eterni adolescenti, ben decisi a diventare vecchi senza diventare maturi. La sindrome di Peter Pan è però molto pericolosa.

Il mondo sarà salvato dai ragazzini, come profetizzava Elsa Morante nel suo meraviglioso libro del 1968? Pare proprio di sì: mentre Rami Shehata e Adam El Hamami (anni 13) permettevano ai carabinieri di evitare una strage sullo scuolabus con 53 persone a bordo, il ministro degli Interni Matteo Salvini proponeva di togliere la cittadinanza al dirottatore del mezzo, trascurando il fatto che l’ipotesi è palesemente incostituzionale (in Francia un progetto di legge analogo è stato bocciato senza appello dal Conseil Constitutionnel). I ragazzini agiscono e i ministri ignorano la Costituzione su cui hanno giurato.

Pochi giorni fa abbiamo visto le piazze di tutto il mondo riempirsi di manifestanti per la campagna sul cambiamento climatico avviata dalla solitaria quindicenne svedese Greta Thunberg, all’insegna dello slogan “Ci stanno rubando il futuro, perché dovremmo andare a scuola?” I ragazzini agiscono e gli adulti balbettano.

In realtà c’è una logica in tutto questo: numerosi adulti sembrano ben decisi a comportarsi da eterni adolescenti fino al momento in cui la cassiera del cinema chiede loro se hanno la Carta d’argento. Nel vestire, nei rapporti personali, nell’uso dei media, negli acquisti, nella valutazione delle situazioni, molti adulti si comportano da bimbi capricciosi.

La televisione fa il suo lavoro: definisce “ragazze” le quarantenni e magari le cinquantenni che si tengono in forma, promuove i piagnistei in diretta come marchio di autenticità, stimola le madri a rubare i jeans stracciati alle figlie. Nei talk-show i politici fingono di essere più ignoranti di quanto non siano, magari vantandosi di non sapere nulla di storia e di non aver mai capito niente di geografia, mentre i genitori esaltano la figlia che va malissimo a scuola ma sa ballare e i comici illustrano con orgoglio le proprie brevi e deludenti carriere scolastiche.

Tutti, poi, fanno del loro meglio per storpiare l’italiano e per dire le parolacce, come i bambini piccoli che vogliono sembrare più grandi (come si è visto, Rami e Adam parlano italiano molto meglio di certi deputati e ministri).

E’ fin troppo ovvio sottolineare che la società dei consumi è il motore di questo processo: se per caso entrate in un negozio Bialetti con l’intenzione di comprare delle banali capsule del caffè, è assai probabile che la commessa insista per proporvi una macchina per l’espresso a forma di cuore rosso fiammante alta 50 cm., insieme ad una batteria di pentole dello stesso modello, mentre cuoricini di plastica vi permetteranno di avere pasticcini romantici fatti in casa. Superfluo aggiungere che le tazze di tutte le dimensioni hanno adottato lo stesso design basato sul rosso, senza dimenticare piatti, sottopiatti, presine e altri accessori. Non c’è bisogno di aspettare l’arrivo di sciropposi biglietti di S. Valentino: il “cuore-che-fa-rima-con-amore”, un tempo riservato ai diari segreti delle tredicenni, ora si propone come oggetto di consumo universale e senza età (nel frattempo, le tredicenni sono diventate più smart e responsabili delle loro madri).

In un libro del 2004, Francesco Cataluccio sottolineava che furono i poeti romantici dell’Ottocento a fare della giovinezza “uno stato ontologico che si estende al di là dei confini puramente biologici. Essa diviene un modo di vivere l’arte e la vita”. Del resto, il cantautore francese Jacques Brel l’aveva già intuito nel 1967: Il nous fallut bien du talent/Pour être vieux sans être adultes, c’è voluto del talento per diventare vecchi senza diventare adulti.

Per definizione, un adulto è qualcuno che ha acquisito la capacità di interagire con la società, un processo che inizia con il faticoso riconoscimento, nel bambino, che il mondo non ruota attorno a lui. Questo risultato, nelle società tradizionali, si otteneva sottoponendo l’adolescente a prove più o meno dure o crudeli secondo le condizioni locali, riti di passaggio il cui scopo era mettere fine al felice (e allora brevissimo) periodo di irresponsabilità. Eliminati i riti di passaggio, reso il telefonino un accessorio universale già dai 6 anni, finalmente il sogno di Peter Pan è stato realizzato: tutti possiamo restare bambini.

 Una collettività che si identifica nel Puer Aeternus, tuttavia, ha delle controindicazioni: l’adulto-bambino di oggi “manifesta una sorta di individualismo asociale: sentendosi una creatura speciale, ritiene di non doversi adattare [alla società] perché questo sarebbe chiedere troppo a un genio nascosto come lui”, scrive ancora Cataluccio. L’individualismo di massa sfocia rapidamente nella frenesia dei selfie e nel conformismo più piatto, unito a esplosioni di rabbia tipiche di chi non ha imparato a controllare le proprie emozioni, come possiamo constatare ogni giorno negli episodi di bullismo, o nei tweet e nei post su Facebook dei politici di successo.

Il nostro benvenuto a Rami, Adam e Greta: che prendano il nostro posto in fretta, per favore.

 ilbolive.unipd.it, 25 marzo 2019 

(*) L’autore, socio di LeG, è docente di Scuola di Economia e Scienze politiche a Padova.

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