Cominciamo da una ripartizione celebre, che è bene ricordare, quella di Norberto Bobbio (i corsivi sono miei).
“Se mi si concede -scrive il filosofo torinese- che il criterio rilevante per distinguere la destra e la sinistra è il diverso atteggiamento rispetto all’ideale dell’uguaglianza, e il criterio rilevante per distinguere l’ala moderata e quella estremista, tanto nella destra quanto nella sinistra, è il diverso atteggiamento rispetto alla libertà, si può ripartire schematicamente lo spettro in cui si collocano dottrine e movimenti politici, in queste quattro parti:
a) all’estrema sinistra stanno i movimenti insieme egualitari e autoritari, di cui l’esempio storico più importante, tanto da essere diventata un’astratta categoria applicabile, ed effettivamente applicata, a periodi e situazioni storiche diverse, è il giacobinismo;
b) al centro sinistra, dottrine e movimenti insieme egualitari e libertari, per i quali potremmo oggi usare l’espressione “socialismo liberale”, per comprendervi tutti i partiti socialdemocratici, pur nelle loro diverse prassi politiche;
c) al centro destra, dottrine e movimenti insieme libertari e inegualitari, entro cui rientrano i partiti conservatori, che si distinguono dalle destre reazionarie per la loro fedeltà al metodo democratico, ma, rispetto all’ideale dell’uguaglianza, si attestano e si arrestano sull’uguaglianza di fronte alla legge, che implica unicamente il dovere da parte del giudice di applicare imparzialmente le leggi;
d) all’estrema destra, dottrine e movimenti antiliberali e antiegualitari, di cui credo sia superfluo indicare esempi storici ben noti come il fascismo e il nazismo.
Va da sé che la realtà è più varia di questo schema, costruito soltanto su due criteri, ma si tratta di due criteri fondamentali, che, combinati, servono a designare una mappa che salva la contestata distinzione tra destra e sinistra”.
Fatti salvi i criteri di libertà e uguaglianza, quello che gira loro intorno è un panorama familiare, ancora oggi – mutatis mutandis – valido e riconoscibile. Limpida e cristallina nelle affermazioni, la prosa di Bobbio in Destra e Sinistra (pubblicato nel 1994 da Donzelli) è comprensibile per chiunque. E così è stata per molti anni. Ma poi che diamine è successo?
Qualcuno ha cominciato a dire che, col nuovo millennio, i confini tracciati non erano più quelli, le ideologie erano morte e sepolte, i valori erano ‘diversi’… Insomma, bisognava cambiare! Destra e sinistra non esistevano più, tutto era trasversale, le idee, i pensieri, i movimenti, ogni cosa era fluttuante e si poteva trasformare in un’altra, dopo che quel muro rigido era stato abbattuto come quello di Berlino. E allora? Nell’arco di un ventennio siamo rapidamente scivolati dall’età dell’incertezza a quella del caos, dal postmoderno al dopotutto.
Ma colui che per primo ha detto che destra e sinistra non esistevano più, ha detto un’idiozia. Perché se è vero che la sinistra dà segnali fin troppo deboli di vita, tra fragili tentennamenti e tenui balbettii, assopita nel sonno incantato della bella addormentata, la destra invece è viva e vitalissima: in questi ultimi anni si è andata riformando (anche ‘militarmente’) e ricostruendo, appropriandosi di molti spunti della sinistra, facendoli propri senza alcuna vergogna. Li ha divorati e digeriti. Fatto sta che le sue sirene oggi cantano inni di gloria, mentre la memoria degli italiani fa cilecca.
Come può essere altrimenti che la XII disposizione della Costituzione, “transitoria e finale” per modo di dire (nel senso che ha carattere permanente e valore giuridico pari a quello delle altre norme), sia talmente ignorata e negletta che nessuno -neppure tra coloro che tanto agitano la Carta a sproposito, usandola a volte come una clava- pare rammentarla più:
«È vietata la riorganizzazione, sotto qualsiasi forma, del disciolto partito fascista».
Ecco, prendendo spunto dai fatti accaduti oggi, 7 gennaio 2019 a Roma, Cimitero del Verano, ore 14,30, dove quattro gruppi sedicenti politici, che hanno sigle come Forza Nuova, Avanguardia Nazionale, Fiamme Nere e Casapound celebravano con la solita coreografia di braccia tese, bandiere e striscioni inneggianti, i fatti di Acca Larentia, e poi aggredivano e malmenavano un cronista, Federico Marconi, e un fotografo, Paolo Marchetti, dell’Espresso, al grido di «L’Espresso è peggio delle guardie», perché il ministro dell’Interno Matteo Salvini non si limita a far applicare la XII disposizione, sciogliendo con le guardie appunto adunanze e formazioni come queste, di chiara ispirazione e matrice fascista, per non farle apparire mai più?
Del resto, basta un’occhiata a una foto come questa per giudicare quel ci resta. Dopotutto.
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Micromega online, 8 gennaio 2019